Olga Chieffi
1958: Sanremo affermò la sociale rivoluzione di Domenico Modugno, il Sanremo in cui trionfa e che lo consacrerà a livello mondiale con la canzone Nel blu, dipinto di blu (Volare). La canzone “Nel blu dipinto di blu” ha rappresentato una ventata di libertà e innovazione, superando il conformismo musicale dell’epoca, e il gesto di Modugno di “volare” con le braccia aperte è diventato un’icona indelebile. Questo successo ha segnato una svolta, aprendo una nuova era per la musica italiana e conquistando un pubblico globale, tant’è che Modugno venne soprannominato “Mister Volare”. Il 1958 segna una doppia svolta: Modugno conquista il Festival di Sanremo con un brano destinato a diventare un’icona internazionale, mentre l’Italia inizia a trasformarsi in un paese proiettato verso il futuro. Quel “volare” non è solo una parola, ma un simbolo: il desiderio di superare limiti e confini, di credere che esista una felicità possibile, da rincorrere con ostinazione. «Eppure, il suo vero sogno era il teatro» racconta Perrotta. «Sapeva di essere un attore prima ancora che un cantante. Ma la vita lo ha portato altrove, e lui ha saputo ascoltarla, non senza un tormento interiore. Ha capito che l’arte non è solo ciò che scegliamo, ma anche ciò che ci sceglie». Un percorso che rispecchia quello dell’Italia di quegli anni: un paese che si muoveva, cambiava volto, migrava dalle campagne alle città, dal Sud al Nord, dall’Italia al mondo. Chi partiva cercava un sogno semplice, ma concreto: una felicità fatta di piccole cose, di nuove opportunità, di speranze da stringere tra le mani. Mario Perrotta nel suo ruolo di narratore capace di tessere un racconto che unisce musica, memoria e sentimento. Con un piglio che richiama la profondità di un ritrattista esperto, Perrotta si appropria della figura di Domenico Modugno, elevandola a simbolo di un’epoca e di un’identità condivisa tra passato e presente. L’immagine delle ali che Perrotta farà vibrare, da stasera a Domenica 22 in Sala Pasolini, accompagnato da un trio musicale che combina pianoforte, fisarmonica, violoncello, chitarra e mandolino, Vanni Crociani, Giuseppe Franchellucci, Massimo Marches, con Mario Perrotta richiama la forza poetica e al contempo la concretezza di un’esperienza terrena e autentica. Questi strumenti contribuiscono a creare un’atmosfera che è allo stesso tempo sognante e radicata nella realtà di un Sud povero e desideroso di emancipazione, tema condiviso tra Modugno e Perrotta, anche se distanti nel tempo. La narrazione si dipana attraverso una scaletta di tredici brani, ciascuno portatore di storie, emozioni e tensioni, dall’aspirazione di diventare attore alle delusioni e ai successi. La passione di Perrotta per Modugno emerge con affetto e rispetto, evidenziando come il suo successo e il suo modo di vivere siano stati influenzati da un contesto sociale e personale complesso, spesso fra i confini della convenienza discografica e il desiderio autentico di espressione. Il racconto si muove tra momenti di riflessione e ricordi, creando un equilibrio delicato tra pubblico e intimità, tra successo e insicurezza. La menzione di canzoni come “Amara terra mia”, “La donna riccia”, “Lu pisci spada” e “Vecchio frac” sottolinea la varietà e la profondità del repertorio modugniano, mentre l’evocazione di “Nel blu dipinto di blu” e “Volare” sottolinea il legame tra sogno e realtà, tra desiderio e realizzazione. La conclusione, con il riconoscimento che “Avere tra le braccia tanta felicità” è una scia salutare, suggella il viaggio emotivo, lasciando uno spiraglio di speranza e di gratitudine. Perrotta, con questa sua narrazione, ci invita a riflettere sull’importanza dei sogni, della memoria e dell’amore per la propria terra e cultura, in un equilibrio sottile e prezioso tra realtà e sogno, tra passato e presente.





