Pina Ferro
I componenti il clan Vannella – Grassi spesso arrivavano fino a Pontecagnano per rifornire di eroina la famiglia Degli Angioli che erano capo del sodalizio criminale decimato ieri mattina, nel corso di un’operazione che ha portato all’arresto di 21 persone ed alla sospensione dal servizio di un carabiniere in servizio a Pontecagnano. Oltre un anno di serrate indagini per chiudere il cerchio intorno ai fornitori e pusher di droga di Pontecagnano, Montecorvino Pugliano, Salerno e una parte di Napoli. Un’attività investigativa quella posta in essere dai carabinieri del Comando Provinciale di Salerno, diretti da Antonino Neosi e coordinata dal Sostituto procuratore della Repubblica Rocco Alfano che ha visto attività di intercettazione, perquisizioni, sequestri di stupefacenti e arresti in flagranza. Un’ inchiesta che all’alba di ieri è culminata con l’esecuzione di 14 ordinanze di custodie cautelari in carcere e 7 ai domiciliari. Ad eseguirle, i militari del comando provinciale di Salerno unitamente alle unità cinofile di Sarno e Pontecagnano su disposizione del Gip (giudice indagini preliminari) Elisabbetta Boccassini. Sono finiti in carcere: Michele Degli Angioli, 47 anni, vicino” agli ambienti del clan camorristico “Pecoraro-Renna”, sua moglie Marcella Pizzo, 41 anni, e i due figli Vito Degli Angioli, 21 anni e Ilaria Degli Angioli, 20 anni, residenti a Pontecagnano; Mario Trovato alias “Simone ‘o milanese”, 43 anni; Davide Marino 35 anni; Ernesto D’Aponte 38 anni; Pasqualina Esposito, 38 anni,Valentina Esposito di 25 anni tutti residenti a Pontecagnano; Emanuele Barbone di 24 anni di Salerno; Marco Accurso, 29 anni; Pietro Accurso, 42 anni; Enrico Accurso, di 62 anni; Gennaro Aricchiello, di 44 anni tutti residenti a Napoli. Sono stati ristretti ai domiciliari: Luca Luordo 21 anni, residente a Bellizzi, Gerardo Pagano 52 residente a Cologno Monzese e domiciliato a Bellizzi; Assunta Di Giacomo, 29 anni residente a Salerno, Roberto Gioia, 36 anni residente a Pontecagnano; Carmine Quaranta di 27 anni domiciliato a Pontecagnano. Per tutti l’accusa a vario titolo è di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione e porto illegale di armi da sparo e munizioni. Gli indagati erano dediti alla gestione delle “piazze” di spaccio di di eroina ed hashish, che veniva da loro acquistata nel capoluogo napoletano da soggetti affiliati al clan “Vanella-Grassi” attivo nei quartieri di Secondigliano e Scampia, e successivamente ceduta nei comuni di Salerno, Bellizzi e Pontecagnano Faiano, attraverso una fitta ed organizzata rete di “pusher”. Al vertice del sodalizio criminale vi era la famiglia Degli Angioli. Padre, madre e figli avevano ruoli interscambiabili. Spaccio di eroina e hashish, l’asse Salerno-Napoli: 21 arresti, sospeso un carabiniere Alcuni degli indagati avevano pistole. Nei mesi di aprile e maggio 2016, a seguito di prolungati servizi di pedinamento, sono stati documentati diversi viaggi di approvvigionamento compiuti da componenti dell’organizzazione nel capoluogo napoletano a bordo di vetture. Durante il viaggio di ritorno, i veicoli sono stati controllati e sottoposti a perquisizione da parte dei carabinieri che hanno sequestrato complessivamente 300 grammi circa di eroina. Gli approvvigionamenti avvenivano sia attraverso la venuta a Salerno dei fornitori napoletani che si muovevano con grande attenzione al fine di evitare di essere intercettati dalle forze dell’ordine. Solitamente il viaggio da Napoli a Salerno era effettuato con staffette: le auto che precedevano quella che trasportava la droga aveva il compito di controllare e segnalare un’eventuale presenza di forze dell’ordine o di posti di blocco. Un escamotage per evitare arresti e sequestri di stupefacenti dalla cui vendita si ricavavano ingenti somme di denaro. In altre occasioni, invece, l’eroina e l’hashish veniva acquistata direttamente nel napoletano dal gruppo di Pontecagnano. Tra i sequestri operati dai i carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo di Salerno, nel corso dell’attività investigativa, vi sono anche 20 chilogrammi di hashish. Era il 9 maggio del 2016 quando i carabinieri strinsero le manette ai polsi di Mario Trovato alias “Simone ‘o milanese” (destinatario anche ieri mattina di misura cautelare. L’uomo fu intercettato nei presso della sua abitazione a bordo della sua 500 rossa. Alla vista delle divise Trovato inserì la retromarcia nel tentativo di fuggire. Visto l’atteggiamento, i carabinieri decisero di sottoporlo a perquisizione personale e veicolare, nel corso della quale fu rinvenuto un involucro contenente 5 panetti di hashish, avvolti da nastro adesivo marrone da pacchi, occultato all’interno dell’abitacolo, per un peso di circa 1 chilo. A questo punto, la perquisizione fu estesa anche all’abitazione dell’uomo, all’interno della quale è fu rinvenuto, un borsone telato, contenente altri 14 involucri confezionati allo stesso modo, composti alcuni da 5 e altri da 10 panetti ciascuno di hashish, per un peso di circa 19 chili. L’intero valore della merce sottoposta a sequestra ammontava a 60 mila euro, ma la vendita dell’hashish avrebbe fruttato molto di più. Trovato fu ristretto ai domiciliari mentre l’attività investigativa già in essere è proseguita.
l fascicolo d’inchiesta prende il via a seguito dell’omicidio di Nastri
L’attività investigativa che ha portato all’arresto di 21 persone per spaccio di droga e detenzione di sostanze stupefacenti, ha preso il via nel dicembre del 2015 a seguito dell’omicidio di Massimiliano Nastri (nella foto). Il 34enne fu trucidato sotto la sua abitazione di Pontecagnano. Avviate le indagini per cercare di risalire ad autori e movente dell’omicidio emerse la rete di spaccio. A questo punto la Direzione Distrettuale antimafia aprì un fascicolo d’inchista dedicato, affidato al sostituto procuratore Rocco Alfano. Furono avviate una serie indagini e predisposte numerose intercettazioni. E’stato nella primavera del 2016 (maggio) che le indagini hanno portato a sequestri e arresti di pusher e spacciatori. Dopo l’assassinio di Nastri le indagini si mossero fin da subito nel mondo degli stupefacenti in quanto fu ipotizzato che alla base dell’esecuzione vi potesse essere l’ambizione della vittima di diventare uin boss della droga. Ambizione non vista di buon occhio da chi allora gestiva le piazze.
Carabiniere infedele trasferito e sospeso per sei mesi
E’ stato prima trasferito e poi sospeso dal servizio per sei mesi l’appuntato dei carabinieri G.S. accusato di favoreggiamento e di rivelazione di segreti d’ufficio. Il militare in servizio presso la stazione di Pontecagnano aveva rapporti con Michele Degli Angioli, che fungeva da informatore dei carabinieri. In realtà Degli Angioli, astuto ad ogni contatto con il sottufficiale, dava si delle informazioni ma in cambio chiedeva di sapere informazioni su indagini che avrebbero potuto riguardarlo. “Ma quelli di Mercatello….la stanno indagando su di me”? Chiede Degli Angioli a G.S. durante una conversazione telefonica. E, l’appuntato lo rassicura. In altri casi in cambio di informazioni confidenziali, G.S. avrebbe suggerito a Degli Angioli come fare ad evitare i controlli.
Il linguaggio utilizzato con i fornitori napoletani
Nelle conversazioni telefoniche tra i componenti la famiglia Degli Angioli e i fornitori napoletani l’eroina era lo stucco o la pittura. Solitamente a tenere i colloqui telefonici con gli Accurso era la moglie di Michele Degli Angioli che prima di comunicare qualsiasi cambio piano o decisione contattava il marito che le diceva come o che cosa rispondere.
I test sulla droga con assaggi da parte di test
In alcuni casi, dalle indagini è anche emerso che quando l’eroina arrivava a Pontecagnano, prima di immetterla sul mercato veniva fatta provare a qualche assuntore che aveva il compito di testare la qualità dello stupefacente. Quando Michele Degli Angioli contattava l’assaggiatore parlava di auto da provare: “è venuto questo, ha detto “la voi vedere la macchina?”, ho detto “adesso chiamo il meccanico e te la faccio vedere”, e ti ho chiamato. Hai capito?”……. “Vuoi vedere un attimo, altrimenti questo qua dovrebbe farmi il pacco”.
Nell’aprile del 2016 Michele Degli Angioli sospetta che la moglie abbia una relazione con Simone ‘o milanese (Trovato). I sospetti nascono qualche giorno prima del suo arresto avvenuto il 28 aprile. Il capofamiglia determinato ad andare fino in fondo nella vicenda, in carcere ha un colloquio con Trovato ma senza alcun esito. I rapporti tra i due diventano molto ostili. Quando Trovato viene arrestato questo pensa che i carabinieri lo abbiano ammanettato a seguito di una “confidenza” di Degli Angioli ai militari, così non appena viene ristretto ai domiciliari su facebook posta una frase molto pesante etichettando il vertice del sodalizio quale “infame”. Una provocazione che non tarda a sortire effetti. Michele pensa ad una vendetta nei confronti di Trovato, infatti, si rivolge al suo fornitore napoletano di stupefacenti Marco Accurso affinché questi gli procuri una pistola.Cosa che fu fatta. Pochi giorni dopo l’uomo fu arrestato. Va detto che avendo avuto dei dissapori con la moglie Marcella Pizzo, Michele Degli Angeli stava trascorrendo un periodo da un cugino della consorte ed è ipotizzabile che in tale abitazione abbia nascosto l’arma. Arma che tenterà di recuperare non appena gli vengono concessi i domiciliari. La pistola in questione Michele Degli Angili ha intenzione di nasconderla a casa del padre e, a tal fine lo contatta telefonicamente per avvisarlo che gli dovrà consegnare una “macchina” che deve tenere. La rabbia del capofamiglia riesplode quando il figlio Vito gli comunica che lo zio “ha buttato “quella cosa””. Michele invita il figlio “ad andare da zio e di farsi dire dove l’hanno buttata, perché costava mille euro”