Di Vincenzo Sica
Chiedimi cosa è quel palazzone alto che si staglia al di sotto del Castello Arechi? Risponderei orgoglioso l’Istituto Umberto I “ O’Serraglio”. L’Orfanotrofio, per i salernitani d’un tempo semplicemente “‘u serraglio”, è stato sempre ospitato negli ambienti dell’antico convento di S. Nicola della Palma, diventato “asilo di mendicità” dopo la soppressione, già in età murattiana, nel 1813. Il quartiere dove sorgeva quel convento e il suo sodale S. Lorenzo de Monte è l’antichissimo “Plaium Montis” di fondazione longobarda (IX secolo). Per un secolo e mezzo da quelle vecchie mura della città alta si diffusero suoni di trombe e di clarinetti, con la nascita nei primi mesi del 1819, dell’Ospizio S. Ferdinando; difatti, tra gli insegnamenti autorizzati dal decreto borbonico di quell’anno, quello musicale, seppure limitato in un primo tempo agli strumenti a fiato, ebbe notevole rilievo. Oggi ne rimane solo la struttura e ancora qualche manufatto interno che lo ricorda, la sua a orfanotrofio risale nel 1813 dopo che Murat tolse tanti conventi dove risiedevano pochi monaci per donarli al popolo, nasce come rifugio di tanti fanciulli poveri e famiglie disagiate, fu infermeria nella prima guerra mondiale, fu occupato da forze militari,è stato punto di soccorso nell’alluvione del 1954, nella sua lunga esistenza ha dato tantissimo alla città di Salerno, fino all’inizio degli anni 1950 era un luogo temuto sorta di riformatorio, poco cibo si dormiva su pagliericci, si entrava e si veniva schedato. Ad ogni allievo veniva dato un numero che lo identificava la sua carta d’identità, lo stesso serviva per l’abbigliamento quando ad ogni cambio veniva lavato per ritornare al legittimo assegnatario. In alcuni ricordi audio del Trombettista Munaretti “Caro Vincenzo -si ascolta – quella fame irriducibile, che avevamo ci faceva sempre essere pronti a cercare trovare, sottrarre nelle cucine alcuni tozzetti di pane non sempre presente. Mangiavano qualche castagna, le bucce di legumi e altro, ricordando con un luccicare degli occhi, come tanti grandi musicisti. Luigi Ferullo racconta di un ritrovamento di alcune scatole di carne lasciate dai soldati che si nascondevano sulla montagna vicino e all’uscita della galleria attuale. Era certamente scaduta ma la tanta fame, gliela fece divorare in un attimo, e non accadde nulla. Tante le storie che abbiamo recuperato, grazie alla direzione di questo quotidiano, nella rubrica “Voci Dal Serraglio” dove gli ex-allievi hanno raccontato la loro storia di vita vissuta, e altro dal 1950 in poi con l’avvento di Alfonso Menna. L’istituto divenne vivo e forte con lui, vennero istituite e migliorate tutte le attività, tante altre ne furono create quali la tipografia, la scuola d’arte, la meccanica, in modo esplodente il conservatorio che insieme alla tipografia sona stati i due insegnamenti caratterizzanti per la crescita di ogni allievo. Tanti insigni maestri di musica hanno calcato i grandi palchi e teatri di tutto il mondo, primi strumenti solisti in tante orchestre delle oggi massime fondazioni o nelle bande delle quattro istituzioni militari, tanti ancora se ne ricordano che ne hanno reso onore e ricevuto tributi nel tempo ed ancora oggi sono presenti. Ambiti erano i tipografi ne ricordo uno in particolare Orazio Boccia che da paco ci ha lasciato, lui è stato molto vicino a tanti allievi usciti al diciottesimo anno d’età dandogli lavoro, ma tantissimi altri in giro per l’Italia nei maggiori quotidiani nazionali e oltre la loro maestria la loro arte il loro mestiere appreso in istituto sono state la grande lettera di presentazione la migliore al mondo. La Sartoria, la calzoleria, il fabbro voglio ricordare Michele Crescenzo che da poco ci ha lasciati quando mi raccontava di questa sua occasione di apprendere il mestiere che è stato fonte di lavoro nella sua vita, la portato ad essere un maestro per il modo Cina dove ha tramandato l’essenza del tornitore dell’essere fabbro. Si potrebbero citare tanti nomi,uno su tutti il Maestro Francesco Florio che istituì a Salerno istituto la prima cattedra di sassofono in Italia, grandi maestri succeduti il magistero di flauto inaugurato da Domenico Faliero, la cui eredità musicale e didattica giunge fino all’ultima generazione di flautisti salernitani, Malvone, Marino, Amaturo, Russo, come non ricordare i tanti istitutori che hanno dato a tutti noi insegnamenti di vita, educazione trasmettendoci tutti i valori, divenendo per noi punti di riferimento, anche dopo aver lasciato l’istituto: uno per tutti Antonio Gregorio. In occasione delle giornate Fai, il carissimo Vittorio Caggiano mi ha girato delle foto del luogo ove ora c’è la Fondazione Ebris, le stesse anche se è cambiato tutto ma non il loro ricordo anche se non più o quasi esistente ma forte nella mia memoria direi scolpito nella mia mente le scale che portavano alla sartoria, il cortile dove si erigeva un targa marmorea dedicato ai caduti della guerra, la porta di vetro che custodiva la cappellina della madonna, è altro ancora, ricordi mai sbiaditi di un’ istituzione viva ricca di anime di giovani di belle speranze in cui trovavamo rifugio e sicurezza è si preparavano alla vita futura, dove dovevamo essere forti protagonisti della loro vita, esiste ancora il simbolo associazione ex allievi una porta chiusa da un lucchetto è con essa la sua storia secolare immensamente ricca in altre città nazioni hanno eretto monumenti tramandato la storia, creato musei che ancora oggi ne decantano la stessa essendone orgogliosamente fieri della stessa, oggi oltre alle mura anch’esse ormai vecchie stanche ma sempre irte a ricordare a tutti i Salernitani una istituzione secolare, come la resa secolare il sommo poeta Alfonso Gatto che lo descrive nel suo poema la sposa bambina e ancora come lo racconta il nostro amato presidente Menna che ne trascrive la storia ricca di particolari di vita vissuta nel suo libro Una Istituzione allo Specchio edito da Boccia Settembre 1982, da cui traggo dalla prefazione da lui scritta dal compianto presidente “Risollevando l’istituto” farne un luogo di preparazione di uomini liberi, in grado di inserirsi nella vita sociale nella vita sociale con il solido bagaglio di una formazione professionale.” La sua scrittura oggi è storia in questo scritto c’è la storia, come la stessa istituzione oggi poco ricordata ma c’è sempre questa portentosa struttura che lo ricorderà nel tempo è con essa tutti gli ex allievi, fintanto che l’ultimo dei suoi figli sarà in vita, poi sarà leggenda, a noi oggi più di ieri tocca il compito di mantenerla viva sempre attuale ricordare far ricordare è un compito dove ognuno di noi debba sentirsi protagonista e portatore, tramandandolo alle nuove generazioni figli nipoti amici conoscenti per far sì che resti sempre accesa la fiamma del ricordo è dell’orgoglio di essere stati serragliuoli. Noi continuiamo a raccontarla in ogni occasione in ogni contesto, in ogni luogo creando momenti di incontro, rimpatriate con tanti ex allievi, ricordando chi ci ha lasciato ogni anno con una santa messa e momenti di raccoglimento, utilizzando a pieno i social è stato creato un gruppo Il Serraglio orfanotrofio Umberto primo canalone, con gruppo WhatsApp, e sfruttando ogni occasione, perché la storia va ricordata va raccontata va alimentata sempre sia essa bella sia essa meno bella.