di Erika Noschese
Corte costituzionale, sentenza storica: via libera all’adozione internazionale per i single. Un cambiamento epocale che abbatte un tabù anacronistico e apre nuove prospettive per il diritto di famiglia in Italia. Ma quali sono le implicazioni concrete di questa decisione? Come cambierà il processo di adozione? E quali sfide restano ancora aperte? Di certo una, riguardo la gestione degli affidamenti temporanei di bambini e bambine provenienti dalle zone di guerra, con particolare riferimento a quelli provenienti dall’Ucraina che, ad oggi, sono quasi quattromila. Per approfondire questi e altri aspetti, abbiamo intervistato la professoressa Virginia Zambrano, docente di diritto privato comparato presso il Dipartimento di Scienze Aziendali – Management & Innovation Systems (DISA-MIS) dell’Università degli studi di Salerno, che ci aiuterà a decifrare i risvolti giuridici e sociali di questa sentenza.
La sentenza della Corte costituzionale arriva in un momento tumultuoso per le adozioni, visti gli affidamenti temporanei pe i bambini provenienti dall’Ucraina dal 2022.
«Questo è vero. Questa vicenda ovviamente ha fatto sì che fossero stati affidati temporaneamente, naturalmente, bambini ucraini a coppie italiane. Naturalmente sono stati affidati a famiglie selezionate d’intesa con l’ambasciata ucraina e, ovviamente, questo è stato interessante perché ha consentito un’accoglienza temporanea per questi bambini. Però ha messo sul piatto della bilancia un problema».
Quale?
«L’instaurarsi, in medio tempore, di un legame tra questi bambini che non avevano un genitore e la famiglia affidataria. I genitori affidatari a un certo punto hanno iniziato a rivendicare il loro diritto all’adozione. Questo significa bypassare tutta la normativa, in termini di adozione. E questo ha creato e sta creando non pochi problemi, soprattutto adesso che l’Ucraina, avendo riacquisito una situazione di tendenziale stabilità, rivuole indietro i propri bambini, visto che si trattava di affidi temporanei. Questo sta creando tensioni, quindi, tra le coppie affidatarie di questi bambini, che ovviamente ambiscono in qualche modo alla trasformazione dell’affidamento in adozione. E l’Ucraina, invece, li rivuole indietro: questo non sempre gioca a vantaggio del minore, perché intanto questi bambin sono stati accolti, hanno costruito legami affettivi e sociali che devono essere, in questa fase, preservati. Anche perché si tratta di bambini che sono stati considerati privi del supporto genitoriale. Ma sono cittadini ucraini a tutti gli effetti, e in qualche modo lo stato ucraino è interessato ad avere indietro i propri cittadini».
Anche a discapito dello status dei bambini.
«Esatto. E con tutto quello che ciò comporta».
Tipo?
«Naturalmente la rottura del legame affettivo che si è venuto a creare. Questo determina non pochi problemi. Consideriamo una cosa: la Cassazione italiana, nel 2023, si è espressa sul problema dello status giuridico dei minori sfollati a causa dell’emergenza della guerra, ovviamente».
Cosa era accaduto?
«Sono arrivati moltissimi bambini e il Tribunale per i minori italiano, applicando la legge Zampa sui minori non accompagnati, ha considerato di nominare un tutore italiano a ogni bambino e ogni ragazzo, considerandoli minori non accompagnati. In molti casi, naturalmente, c’è stato l’arrivo di intere case-famiglia, costituite da adulti che in Ucraina si occupavano di accoglienza temporanea di minorenni, ma che lavorando in Italia non vedevano riconosciuta la loro attività. Arriva la sentenza del 2023, in una situazione complessa, e riconosce che la nomina dei tutori italiani da parte del Tribunale dei minori era illegittima, e andava dichiarata l’efficacia della nomina del tutore da parte delle rappresentanze dell’Ucraina in Italia. Quindi, il minore che entrava in Italia non poteva essere definito come minore non accompagnato, ai sensi della legge Zampa. In tal senso la Corte ha applicato, nel caso di specie, la convenzione Aia del 1996, e ha cassato il provvedimento di nomina dei tutori da parte del tribunale dei minori. Nel frattempo, i bambini presenti in Italia e non accompagnati sono moltissimi. L’Ucraina, tra tutti i minori non accompagnati che si trovano sul territorio italiano, è al secondo posto. I minori ucraini presenti in Italia non accompagnati sono quasi 4000, 3800-3900 all’incirca. E di questi minori una parte è entrata nell’ultimo anno, dopo la sentenza della Cassazione del 2023. Quindi, non potendo nominare un tutore, sono stati dati in affido a una famiglia. Questo ha determinato, ovviamente, la nascita di un contenzioso tra famiglie affidatarie e richieste di restituzione allo Stato di provenienza. Questi bambini sono entrati sulla base di un accordo tra Stato italiano e Stato ucraino, e le famiglie italiane che anelano all’adozione, in casi di questo tipo, sovvertono tutta la normativa, mettendo in discussione la normativa in materia di adozione perché ne cambiano la procedura».
Come sono state selezionate le famiglie destinatarie degli affidamenti temporanei?
«Le famiglie disposte a ricevere questi bambini hanno compilato una domanda e sono state inserite in un database, poi sono state considerate potenzialmente affidatarie, legittimate a ricevere un affidamento. Tornare in Ucraina significa andare da un loro zio, dal nonno, mentre qui questi bambini hanno un rapporto intenso. Questo discorso dell’affidamento internazionale è un istituto che non è espressamente regolato dalla normativa italiana: è espressione di un afflato solidaristico. Sulla base di questo affidamento internazionale si sono avuti quelli che sono passati sotto il nome di soggiorni climatici, che sono iniziati nel tempo. Questa “stagione” si è inaugurata all’indomani della tragedia di Chernobyl, con periodi di permanenza più o meno lunghi in Italia. C’è stato anche il tentativo di legiferare, sul tema, ma le varie proposte di legge non sono approdate a nulla di conclusivo. Queste soluzioni si sono poi trasformate in percorsi alternativi alle consuete procedure da seguire per arrivare all’adozione di un bambino, sfruttando gli spazi lasciati aperti dalla 184 del 1983. Sfruttando, cioè, quelle disposizioni per consentire l’adozione in deroga alle regole stabilite dalla legge sull’adozione. Nel caso di specie, però, lo Stato ucraino ha richiesto il rimpatrio dei bambini, che in fondo non sono abbandonati: si tratta di bambini che talvolta hanno quantomeno un parente in Ucraina. Quindi, non è accertato lo stato di abbandono, che rimane la premessa per lo stato di adozione».





