di Fiorinda Stasi
«Il regolamento approvato per i bed and breakfast durante l’ultimo consiglio comunale salernitano potrebbe costare diversi ricorsi all’amministrazione, visto che non sono poche le ragioni che potrebbero indurre gli operatori del settore ricettivo a impugnare la disposizione». E’ questo il responso giuridico sul provvedimento comunale che impone da lunedì alle attività di b&b presenti nel solo capoluogo salernitano i 95 giorni di chiusura annui al fine di rispettare il carattere di saltuarietà imposto dalla regolamentazione regionale. A chiarire i termini della questione è Paolo Cesiano, esperto di diritto amministrativo e collaboratore presso lo studio legale Magrì Sersale Ambroselli di Napoli. «Quanto deciso in consiglio comunale viola diverse norme. In primo luogo l’articolo 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, uno dei caposaldi del diritto primario all’interno del sistema politico dell’Unione europea, in cui si chiarisce perfettamente il divieto nei confronti dei cittadini alla restrizione della libera prestazione dei servizi all’interno del contesto dell’Unione. A tale norma si somma l’articolo 41 della Costituzione, il quale sancisce come l’iniziativa economica privata sia assolutamente libera fintanto che non si comprovi come lesiva della sicurezza, della libertà e della dignità umana». Tra disparità e limitazioni all’esercizio dell’attività economica, il provvedimento si confermerebbe perciò labile: «Appare debole qualunque motivazione si possa addurre per giustificare l’approvazione della normativa da parte dell’assise comunale», ha proseguito il giurista. «Da qualunque angolazione la si analizzi, la questione è passibile di impugnazione. Vuoi per la disparità che si verrà a creare tra strutture ricettive esistenti nel territorio cittadino rispetto a quelle presenti nei comuni confinanti, ma anche per l’illegittimità nella limitazione all’esercizio commerciale di cui il comune non è competente. Non spetta difatti alla regolamentazione comunale stabilire l’esistenza, e l’eventuale limitazione, di una eccessiva concorrenza tra strutture ricettive alberghiere e attività ricettive extralberghiere. Così come, allo stesso modo, non si può pensare di trovare supporto nella logica giuridica finalizzata alla limitazione dell’evasione fiscale, visto che nemmeno questa è competenza della normativa comunale», conclude l’avvocato.