di Erika Noschese
“Una libreria è una chiave inglese regolabile per aprire la testa”. Così M. T. Anderson descrive, in modo breve ma altrettanto conciso, il significato e soprattutto il potere di una libreria. Questione che riscontra notevoli difficoltà nella sua fase di applicazione, per i motivi più disparati: il più grave, nonché il più brutto da notare, è quello del poco appeal che il sistema cultura crea sul cittadino del mondo (ma in Italia un po’ di più) e il fatto che i libri si leggano, per lo più superficialmente, grazie alle challenge lanciate su TikTok e non perché ci si sia realmente interessati a un autore, a una trama, a un incipit di un libro sfogliato per puro caso mentre ci si ferma dinanzi a quegli scaffali stracolmi di idee che non attendono altro che i nostri occhi per poter essere conosciute e divulgate. Nonostante ciò, in alcune strade deserte e stracolme di serrande abbassate, domenica è stato possibile notare che la volontà di distribuire cultura in città non è soltanto utopia: librerie aperte di domenica pomeriggio, nel deserto dei quartieri rassegnati alla poca vita. Antonio Verderame è infatti proprietario di tre Mondadori Bookstore a Salerno: il primo su Corso Vittorio Emanuele, che anche di domenica riesce a dare un vero senso all’apertura di domenica pomeriggio, gli altri due a via Posidonia e via Carmine.
Aprire una libreria di domenica pomeriggio è un atto di coraggio. Scelta legata alle Luci d’Artista?
«Non è una scelta legata al fenomeno delle Luci d’Artista ma alla possibilità di essere un presidio aperto anche e soprattutto per i quartieri Torrione e Carmine, qualora ci fosse la possibilità che qualcuno volesse usufruire della libreria o comunque entrare in libreria e passare qualche minuto lì. Volevamo provarci all’inizio del 2025 e sondare la possibilità di dare un’opportunità in più ai nostri clienti, per poter usufruire della libreria anche la domenica pomeriggio in due quartieri che non vivono il commercio così intensamente come il Corso, risultando un po’ un presidio culturale».
Riscontro ottenuto?
«Sembra poco positivo, sostanzialmente. Ci stiamo provando da due domeniche, il tempo è ancora breve, quindi ci proveremo ancora. Ma la libreria deve essere un luogo vissuto, visitato dai nostri clienti. Ci auguriamo questo possa accadere».
E i suoi dipendenti come la vivono?
«Probabilmente loro sono sfiduciati, perché mi rendo conto che ovviamente non vendere e non riscontrare gente che entra in libreria possa sfiducia, in generale. E ovviamente demoralizza anche i miei dipendenti. A loro chiedo questo sforzo ma non in ottica speculativa: vogliamo dare un’opportunità, e resta tale il tentativo. Se dopo due o tre mesi questo tentativo non porterà alcun risultato, è chiaro che poi la domenica pomeriggio saremo costretti a chiudere».
Gli sforzi per consentire l’apertura, anche a livello economico, non sono pochi.
«Sicuramente, dal punto di vista economico, tenere una libreria aperta la domenica non è vantaggioso per l’imprenditore. Io dico però che, se riuscissimo a dare un maggiore servizio e maggiori possibilità ai cittadini salernitani, per avere uno spazio di cui possono fruire anche di domenica pomeriggio, potrebbe essere un grande vantaggio per tutti, a partire dai cittadini stessi. Se facessi un ragionamento soltanto guardando il lato economico, dovrei chiudere già ora la domenica pomeriggio. Si tratta di uno sforzo che cerco di trasmettere ai miei dipendenti per essere anche un presidio di cultura a Salerno, viste le difficoltà che ci sono nel comparto. C’è, infatti, un rallentamento importante nell’acquisto dei libri: la gente legge sempre meno. Offrire la possibilità alle persone di poter acquistare anche un solo libro, di domenica pomeriggio, costituisce un grosso sforzo».
Anche in rioni come Torrione e Carmine.
«Oggi viviamo la desertificazione dei quartieri periferici. Ciò accade anche perché qualche imprenditore e le istituzioni stanno un po’ mollando su determinate zone. Se ci fosse, da parte delle istituzioni e da parte di qualche altro imprenditore, lo sforzo di tenere aperta qualche attività in più, allora anche di domenica quei quartieri potrebbero essere vissuti come accade negli altri giorni. Se non ci sono uffici, bar, attività di qualsiasi tipo aperte, diventa complicato invertire la rotta».
Infatti a pochi passi da via Carmine c’è la biblioteca provinciale più antica d’Italia. Chiusa.
«Una biblioteca aperta è un’opportunità, sempre. Tenerla chiusa, ovviamente no. Se l’aprissero sarebbe un grosso vantaggio anche per noi. Ovviamente qualcuno che vive il quartiere, infatti, potrebbe farsi un giro in libreria e poi recarsi in biblioteca, dopo, per una lettura. Non sono attività contrapposte, anzi: possono creare sinergia, così come può essere sinergico qualche altro negozio nei dintorni. Un conto è tenere aperti dieci negozi, un conto è averne aperto solo uno».
E perché no, con un programma per i più piccoli.
«La libreria deve essere un punto di aggregazione, in cui promuovere la cultura soprattutto tra bimbi e giovani: è questo il nostro primo obiettivo. Senza questa finalità, le librerie in tutta Italia potrebbero chiudere. Non a caso ho spinto, nei confronti dei miei dipendenti, per far sì che questi presidi siano fonte di cultura per tutti i ragazzi».
Cosa manca per avere un po’ di fiducia in più su questo territorio?
«Mi auguro due cose, sostanzialmente: che altri commercianti prendano atto dello sforzo che faccio. Invertire la rotta, secondo me, sarebbe ottimale. Più chiudono i negozi e meno possibilità c’è che riaprano. La possibilità che tre o quattro commercianti possano riaprire, credo possa dare uno slancio diverso al commercio, non solo nei giorni feriali ma anche la domenica. Altrimenti una libreria resta un solo faro che sta là, e prima o poi sarò costretto a tirare i remi in barca almeno la domenica pomeriggio».