Venerdì 17: Giornata del gatto nero. Non è vero ma ci credo - Le Cronache
Cronaca

Venerdì 17: Giornata del gatto nero. Non è vero ma ci credo

Venerdì 17: Giornata del gatto nero. Non è vero ma ci credo

Oggi è venerdì 17, una giornata che gli scaramantici sopportano poco. Si dice che questo sia il giorno più sfortunato, dove tutto quello che non dovrebbe accadere, accadrà. In un anno bisestile, poi, la quantità di sfortuna potrebbe anche aumentare. Non a caso oggi è stato programmato uno sciopero generale dei trasporti, e chi dovrà viaggiare di fortuna ne avrà ben poca. In molti credono a queste superstizioni, altri no. Ma da dove nasce questa convinzione che la coincidenza del venerdì col numero 17 porta così tanta sfortuna? Questa superstizione pare sia legata ad un evento storico: nel Trecento, un venerdì 17 è diventato sfortunato perché Filippo il Bello diede l’ordine di uccidere tutti i Cavalieri Templari della Francia per impossessarsi dei loro beni ed annullare in tal modo i debiti dello Stato verso l’Ordine dei Templari. In realtà è tutto un mix che porta a dire che il venerdì 17 porti sfortuna. In teoria il giorno che la tradizione vorrebbe che portasse sfortuna è il venerdì 13, perché fu di venerdì 13 ottobre che venne dato l’ordine dello sterminio dei templari. Infatti in America ancora oggi è il 13 il numero sfortunato. Per quanto riguarda il 17 ci sono diverse teorie: alcuni sostengono che sia perché in romano 17 si scirve XVII che anagrammato da VIXI e quindi VISSI, cioè vissi e ora sono morto; secondo altri si tratta dell’inizio del diluvio universale, iniziato secondo l’antico testamento nel giorno 17 febbraio. Eppure, anche in passato, c’è chi invece considerava il venerdì un giorno fortunato (a prescindere dalla data del calendario in cui cadeva): Cristoforo Colombo, ad esempio, non pensava assolutamente che fare le cose in quel giorno portasse male: partì da Porto Palos un venerdì; mise piede sulla nuova terra di venerdì e rientrò, sempre di venerdì, a Porto Palos.
Superstizioni nate da eventi storici, insomma, che però sopravvivono nei secoli proprio grazie ai “superstiziosi” moderni. Viene definita superstiziosa la persona che crede in cose soprannaturali, nei sortilegi, nella magia. Sciocche e ridicole vengono considerate le superstizioni dai razionali e dagli scettici, difficilmente si ammette di essere superstiziosi, di credere a certe “ridicolaggini”, come si è soliti affermare, limitandosi a definirli (anche con una certa aria di sufficienza) “stupidi e inutili pregiudizi”. Salvo poi, ìn privato, accarezzare corni e cornetti, toccare la prima cosa in ferro che ci capita a tiro, strizzarsi le “parti basse” o fare altri gesti che ci aiutano ad allontanare qualsiasi pericolo che la giornata vada storta. Chi, sia pure di nascosto e facendo ben attenzione a non essere notato, non ha effettuato scongiuri per allontanere la sfortuna? Aveva forse capito tutto sulle superstizione e sulla sfortuna e le credenze popolari ad essa legate il filosofo Benedetto Croce, il quale interrogato sugli effetti di certi pregiudizi, rispose con arguzia: “Non è vero… ma ci credo ! “. Quanti sarebbero disposti a sfidare la sorte compiendo gesti o cerimoniali che tradizionalmente sono ritenuti apportatori di negatività? Chi volutamente è disposto a posare il pane sulla tavola capovolto, o a versare il sale o a mettere i coltelli in croce, oppure ad accendere tre sigarette con lo stesso fiammifero, o ancora a passare sotto una scala, ben sapendo che tutti questi gesti sono considerati negativi?
Che dire poi del nefasto “13 a tavola”? Questa assieme a quella del Venerdì, è certamente una delle superstizioni più diffuse.