Velasco, la lezione d'oro all'Italia sconnessa - Le Cronache Ultimora
Ultimora

Velasco, la lezione d’oro all’Italia sconnessa

Velasco, la lezione d’oro  all’Italia sconnessa

Antonio Manzo

Grandissimo, Julio Velasco. Vince il mondiale con il volley femminile e fa festeggiare l’Italia malferma e doppio-pesista. Da un lato, Italia della crisi endemica celebra le donne pallavoliste che apprendono la lezione calma di Julio all’ultimo time-out dello storico incontro: “Decidete voi cosa fare ma fatelo convinte, come sapete fare”. E vincono convinte. Dall’altra, a pochi giorni dall’evento della Nazionale, ci sono le parole guerrafondaie, alla vigilia della partita di calcio Italia-Israele a Udine . Si disputerà solo grazie al buon senso di Ringhio Gattuso perché la protesta non serve a chi soffre, non serve a chi protesta, non serve neppure a chi crede davvero nella causa palestinese. Serve solo ad alimentare una confusione che toglie al calcio la sua natura più semplice: essere un gioco, non una guerra. Grandissimo Julio, ieri pomeriggio con l’oro al collo ha dato l’ultima lezione all’Italia malferma a tratti cianotica, sempre in bilico tra la terapia intensiva e le diagnosi festose di un pericolo scampato. Julio Velasco disse un giorno: «Voi italiani siete i migliori del mondo per ciò che riguarda mangiare, bere e vivere bene. O almeno credete di esserlo. Ma tra queste righe gialle qui, quelle che racchiudono i 18 metri del campo, le beccate sempre dai sovietici, dai bulgari, dai polacchi, dalla Germania Est. Il vostro primo nemico siete voi. Da adesso si gioca per vincere». Velasco è riuscito sempre a trasformare discorsi di sport e aneddoti di pallavolo in simboli di cose più grandi. L’esempio più noto è quello della cultura degli alibi, in cui schiacciatori, palleggiatori e ricevitori si scaricano uno sull’altro le colpe di un attacco sbagliato. Negli anni Velasco l’ha ripetuta più volte, con più particolari o all’interno di un discorso più ampio. Batti, schiaccia, non fermarti. «Vincere è bello, ma non è obbligatorio. Qui e ora, il resto non conta. Non importa quello che è successo, importa quello che faremo adesso… ». Il mentalista ha vissuto di parole, ha cancellato i ricordi, ha costruito il futuro scandendo il presente: «Se sbagli, chi se ne frega: non pensarci, ricomincia». E poi: «Chi sogna troppo, di solito perde. Ha successo chi batte l’ansia, chi non guarda mai a quello che poteva essere e non è stato…». Le ragazze dell’Italvolley, certo. E’ dipeso da loro, perché sono loro che hanno giocato. Ma Julio Velasco le ha portate in cima . Ora, a 72 anni compiuti, il guru argentino naturalizzato a Zola Predosa e che ha l’Italia nelle vene, ha vinto ancora. Non ha voluto nomnaree l’oro alla vigilia, per non farsi accecare dal suo colore. Non vuole Velasco che diventi un’ossessione. « Basta con questo tabù dell’oro, vedremo se ci riusciremo. Ma una cosa voglio dirla: nello sport in generale si pensa troppo a quello che non si ha, e troppo poco a quello che invece si ha. E’ un difetto molto italiano guardare l’erba del vicino. E’ una filosofia di vita che non va. Godiamoci l’attimo, e diamo il massimo». Poi ha dato una lezione di parità di genere in tempi di iperpoliticismo sessuale. L’Italia volley va meglio, perché? «Perché le donne ascoltano, si fidano: se dico loro di fare una cosa, la fanno. Meglio degli uomini. Sono più concentrate. Ed è un privilegio lavorare con ragazze che sono vitali e allegre, che trasmettono quello che provano. É vero che i tempi cambiano, che cambia tutto, ma i giovani non sono diversi, il mondo è diverso e loro si adattano». Si potrà ancora festeggiare se Julio desse alla politica rissosa la ricetta per vincere il disinteresse. E, stavolta, sotto rete è praticamente impossibile.