Vassallo, le paure del pentito Ridosso - Le Cronache Attualità
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Vassallo, le paure del pentito Ridosso

Vassallo, le paure del pentito Ridosso

di Erika Noschese,

Romolo Ridosso temeva l’ergastolo. Il pentito di mafia è stato arrestato giovedì nell’ambito dell’operazione dei Ros e della Procura di Salerno perché il suo nome compare tra i quattro arresti, tra cui i due esponenti delle Forze dell’Ordine, coinvolti nell’omicidio di Angelo Vassallo. Al proprio avvocato Ridosso aveva comunicato l’impossibilità di dire la verità sulla vicenda del sindaco Pescatore perché, in sostanza, aveva solo da perdere. Di fatti, proprio per questo coinvolgimento aveva perso il programma di protezione e i benefici penitenziari ma anche perché temeva l’ergastolo. Ma non è tutto: conosceva i “carabinieri”: di loro diceva che erano pericolosi e temeva per la sua incolumità e per quella della famiglia. Di fatti, stando a quanto emerge dall’ordinanza di oltre 400 pagine, dopo il colloquio con il legale Ridosso era agitato e nervoso, come racconta Eugenio D’Atri, killer ergastolano che dopo anni di detenzione ha deciso di collaborare con la giustizia. Parole confermate anche da Antonella Mosca, all’epoca compagna di Ridosso che lo descrive come un uomo preoccupato perché il coinvolgimento di Cagnazzo e Cioffi avrebbe potuto portare a conseguenze troppo pesanti. «Nelle pochissime occasioni in cui mi fu possibile accennare al discorso Ridosso disse che era diventato scomodo per queste persone e i suoi timori arrivarono al punto tale che, quando veniva convocato in maniera diretta o indiretta da Cioffi o dal maggiore, Cagnazzo, ndr, lui mi diceva, alludendo a loro, “hai capito con chi mi devo vedere? Se entro sei ore non torno avvisa i miei figli e digli con chi sto», ha raccontato Mosca. E questo è un passaggio importante: Ridosso era consapevole di poter perdere la vita da un momento all’altro, vi era un tempo massimo per il suo ritorno a casa oltre il quale la compagna avrebbe dovuto raccontare ai figli tutto. A conoscere i dettagli D’Atri, proprio perché raccontati dal pentito di mafia., La gestione del distributore di benzina. Ridosso, Cipriano, Cioffi e Cagnazzo avevano una cosa in comune: la gestione di un distributore di benzina di Cioffi e Ridosso mentre Cagnazzo offriva mutua assistenza. Cioffi era impegnato nel settore della distribuzione di carburanti e, come racconta Emilia, moglie di Cioffi, nel 2012 la famiglia gestiva ben 4 distributori di benzina. Questo era possibile grazie all’intervento di Cagnazzo, amico di un commercialista di Caserta e amministratore giudiziario di 130 stabilimenti a marco EWa, sequestrati. Di questi uno a marchio Esso era gestito dalla moglie di Cioffi ed era a Scafati mentre gli altri tre dalla figlia ed erano il frutto di un sequestro. I distributori di benzina erano il principale affaire di Cioffi e Ridosso che ambiva ad un clan stile Casalesi. Proprio l’ex compagna del pentito di mafia racconta, nel corso dei vari interrogatori, il rapporto che vi era tra il pentito Ridosso, il Maggiore Cagnazzo e Cioffi e a questi si aggiunge chiaramente anche Cipriano Giuseppe .