Usura e tentata estorsione: condanne maxi per il clan Marandino - Le Cronache
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Usura e tentata estorsione: condanne maxi per il clan Marandino

Usura e tentata estorsione: condanne maxi per il clan Marandino

Usura e tentata estorsione: quasi cinquant’anni di carcere per il gruppo capeggiato dal vecchio boss di Capaccio Giovanni Marandino. Un’autentica stangata quella disposta dal Gup Elisabetta Boccassini per i 7 imputati che hanno scelto di definire la loro posizione attraverso la formula del rito abbreviato. Accolte, in pratica, le richieste del pubblico ministero Vincenzo Montemurro. Le pene più alte sono state disposte nei confronti di Antonio Cibelli, detto ‘o Torrese (personaggio noto al mercato di Torrione,) e l’autista del Comune di Nocera Superiore Francesco Adamo. Per entrambi il Gup ha disposto 7 anni di reclusione. Sei anni e quattro mesi la pena stabilita per gli altri cinque imputati: Antonio Squecco, titolare dell’Agenzia Funebre di Capaccio, Enrico Bifulco, Vincenzo Senatore, originario di Roccapiemonte detto ‘o presidente ed il salernitano Ciro Casella. Il boss Marandino ha scelto di essere giudicato attraverso il rito ordinario. Un provvedimento che ha in parte sorpreso  i legali che hanno annunciato già ricorso in Appello. Il Gip ha fissato in sessanta giorni i termini per le motivazioni.m Numerose anche le pene accessorie disposte nei confronti degli imputati. Nel collegio difensivo, tra gli altri, gli avvocati Mario Turi e Massimo Torre. La vicenda. Anche gli appalti tra gli affari che il clan capeggiato dal vecchio boss di Capaccio Giovanni  Marandino. Secondo gli inquirenti, indagine coordinata  L’uomo che gestì la latitanza di Raffaele Cutolo era ancora capace di muovere fili importanti. L’indagine ha evidenziato importanti intrecci con avvocati e politici ma anche con alcuni carabinieri con la finalità di mettere le mani su importanti affari.  Nel mirino di Marandino e soci c’erano anche gli appalti Asl ed, in particolare,  quelli relativi alla gestione del servizio ambulanza. L’inchiesta è tutt’ora in corsa e non sono da escludere clamorosi risvolti.   Usura, estorsione e tentativi di acquisizione di attività commerciali sul territorio salernitano quando le vittime non potevano pagare. Queste alcune delle attività illecite ai quali era dedito il vecchio boss di Capaccio Giovanni Marandino con l’ausilio di vecchi e nuovi collaboratori. Un vorticoso giro d’affari venuto a galla grazie alla meticolosa indagine degli agenti dalla Squadra Mobile della Questura di Salerno, in collaborazione da pattuglie del Reparto Prevenzione Crimine della Polizia di Stato, in esecuzione ad un provvedimento di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura della Repubblica –Direzione Distrettuale Antimafia. Oltre a Giovanni Marandino finirono in manette  Ciro Casella, con precedenti penali e il cui arresto ha dato il là alle indagini, Vincenzo Senatore detto o’ Presidente, 58 anni di Roccapiemonte, precedenti nel campo del traffico della droga e arrestato nel 2012 per aver picchiato un falegname di Mercato S. Severino. Francesco Adamo, autista del Comune di Nocera Superiore dei bus scolastici, Antonio Cibelli detto o’ Torrese, di professione mago ma con interessi nel mercato di Torrione, e la faccia pulita del gruppo Antonio Squecco di Capaccio, titolare dell’agenzia funebre, ed  Enrico Bifulco.   Una settimana persona è latitante. Agli atti risultato anche 4 indagati. Obiettivo dell’organizzazione era costituito anche dall’acquisizione delle aziende di alcuni imprenditori sotto usura al fine di conquistare il monopolio in settori del tessuto economico del territorio quali quello delle onoranze funebri.  Le mani della cosca si erano allungate, in particolare, su un supermercato di Battipaglia e una impresa di onoranze funebri. Secondo quanto accertato dall'inchiesta coordinata dal pm della Dda, Vincenzo Montemurro, gli arrestati, che facevano riferimento al 77enne Giovanni Marandino, imponevano tassi usurai alti agli imprenditori con l'obiettivo di spingerli a cedere loro la gestione delle loro attivita'.  Ieri la sentenza di condanna del Gup Elisabetta Boccassini.