di Antonio Manzo
Per venti anni assistente universitario, ora bocciato al concorso per docente universitario associato e, alla fine, cacciato dall’università di Salerno. È il caso e la storia nuova di mala-università: è quello di Tommaso Indelli, ricercatore per venti anni e passato della cattedra di storia medievale e poi rimosso senza più arte, né parte. Il caso non è inedito. Ad inizio anno fu raccontato senza il nome e cognome del protagonista, salernitano, con un pudore fin troppo eccessivo fino a generare la sfrontatezza alla notizia per annullarla, forse nasconderla con l’evidente timore di ritorsione. E’ qui, a Fisciano, che nasce e cresce un nuovo caso italiano di quella che Nicola Gratteri, attuale procuratore della Repubblica di Napoli, definisce “masso-mafia” accademica cioè, cioè un terreno scivoloso e pericoloso, che sopravvive nelle università italiane, con la preoccupazione , e il timore, di toccare corde e nervi scoperti, per il timore delle stesse vittime di una rappresaglia a vita, fredda e criminale, di chi non smetterà mai di inseguire il malcapitato nonostante sentenze della giustizia amministrativa. Tommaso Indelli è una storia per Giambattista Scirè, l’accademico più vessato d’Italia, che ha ora firmato al Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania la presa di servizio, dopo una lunga e tormentata storia di masso-mafia accademica. È ricercatore di Storia contemporanea, dopo undici anni di battaglie nate da un concorso cucito su misura dell’altra candidata. Non ci sarà bisogno di attendere la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina per raggiungere il procuratore della Repubblica di Napoli Nicola Gratteri e farsi spiegare cosa è la masso-mafia accademica, ora made in Fisciano-Salerno, con un sistema che annulla sistematicamente ogni voce con la complicità di vari poteri quello accademico, politico e anche quello giudiziario a volte paralizzato da evidenti conflitti di interesse. E il procuratore Gratteri potrà capire e arricchire la sua conoscenza investigativa sul fenomeno della masso-mafia. Che ebbe anche una vittima come il chirurgo Paolo Sileri che gli italiani hanno conosciuto negli anni difficili del Covid come sottosegretario alla salute dell’epoca (per il suo caso, il rettore di Tor Vergata fu accusato, di corruzione e di concussione in ambito universitario). L’intoccabilità del barone è di nuovo messa in discussione, come nel caso di Tommaso Indelli, dove il sistema mafioso che si regge anche sull’omertà che non gradisce pubblicità deve perpetuarsi. Dice Giovambattista Scirè, ora in cattedra: <Mi sento come uno che ha fatto una guerra mondiale. Sono ferito, stremato, ma alla fine ho vinto>. Vale la pena percorrere la storia di masso-mafia accademica che ha finora segnato Tommaso Indelli a Fisciano. Tediare il lettore per far conoscere nei dettagli il sistema Salerno che ha, al momento, sconfitto Indelli dopo venti anni di lavoro? Si, il lettore capirà. Onde evitare di essere raggiunto, suo malgrado, da pulcinellesche precisazioni, che non arrivano mai di fronte alla descrizione dei fatti, e rettifiche da parte di azzeccagarbugli del diritto di cronaca, anche queste sempre solo sussurrate per evidente omertà. La produzione di apprezzabili lavori accademici di storia medievale di Tommaso Indelli prodotti alla cattedra del professore Claudio Azzara. Il docente medievista vive a Venezia e frequenta Fisciano da pendolare solo in tempo necessario per svolgere le sue funzioni di professore ordinario. Tommaso Indelli lungo i venti anni di collaborazione ha svolto ogni mansione utile, prevista o imprevista, per il suo docente: dal trasporto in auto, facchinaggio, ricerca e trasmissione i documenti, viaggi a proprie spese, per accompagnamento a riunioni, convegni. <Il mio docente – scrive Indelli – non ha mai pensato di farmi accedere a qualche beneficio economico adducendo come motivo che l’obiettivo era il concorso per ricercatore e, quindi, meglio non avanzare richieste di altro tipo>. Il dipartimento di scienze storiche, filosofiche e della formazione dell’ateneo guidato dal rettore Vincenzo Loia (lo stesso ateneo del curriculum-sprint accademico di Alessandra Petrone, in appena cinque anni passata da ricercatrice a docente ordinaria) indice nel febbraio 2021 il concorso per docente associato, così come proposto da Azzara. A maggio 2021 viene nominata la commissione composta da Azzara (presidente), Gabriele Archetti (docente università cattolica Milano), Carmelina Urso (università Catania). Non si hanno notizie di eventuali riunioni ma il 5 agosto 2021 sarà prorogata fino al 13 ottobre 2021. La commissione non si riunisce e viene dichiarata decaduta quattordici giorni dopo. Il giorno 8 marzo 2022 il dipartimento di scienze storiche dell’ateneo diretto da Loia nomina una nuova commissione dove non figura più l’ordinario richiedente, cioè Azzara, ma la commissione risulta così composta: Amalia Galdi (università di Salerno) Roberto delle Donne (università di Napoli), Umberto Longo (università Roma). Ma perché cambia la commissione? C’è incompatibilità dei commissari perché è presente un candidato interno del dipartimento di scienze storiche dell’università di Salerno, cioè Tommaso Indelli. Criterio della incompatibilità che non viene eccepito per Roberto Della Donne visto che il candidato Giovanni Araldi è docente a contratto dell’università di Napoli tanto che Delle Donne viene nominato presidente. L’esito del concorso è smaccatamente pilotato. Vince Giovanni Araldi. Tommaso Indelli finisce terzo, alla fine del concorso. Danno e beffa, insieme. Gli altri docenti sconfitti a Salerno, e sono solo due, trovano compensazioni in altri atenei. La masso-mafia accademica ha compiuto il suo lavoro. Ora per Indelli c’è una sentenza del Tar che gli dà ragione, proprio sul concorso dell’ateneo che ora sta discutendo già il prossimo rettore dopo Loia. Ma questa sarà una storia da raccontare a parte nell’università dell’amichettismo e del familismo tutto salernitano e dove il caso Indelli non è affatto isolato. Gratteri potrà arretrare sull’invito della lezione di Geolier all’università Federico II ma non sulla masso-mafia accademica. Tranne che Emanuele Palumbo, in arte Geolier , non lo vogliano far diventare ricercatore di storia della musica. Sarebbe un’idea anche per Fisciano-Salerno, pubblicità-progresso.