di Salvatore Memoli
Dodici milioni di euro di passivo già scaricati sulla collettività. Una cifra ancora indeterminata di danni collaterali causati dal crac. Un patrimonio da circa Nessuno può sindacare l’operatività degli organi giudiziari e nessuno deve sottrarsi dal partecipare ad un controllo democratico delle attività giudiziarie. In primo luogo perché l’esito delle iniziative giudiziarie si riflette sul territorio. Conservare un giudizio retto non impedisce di valutare la scure giudiziaria su persone, società ed istituzioni di un territorio. Intanto siamo tutti presi dalle valutazioni individuali del giudicato, facendoci coinvolgere dal tipo di provvedimento e dall’incidenza sulle persone. Mi capita di pensare spesso non ad un singolo processo bensì ai tanti processi che coinvolgono la vita sociale ed economica di un territorio. Forse non hanno un filo rosso che li lega, come è giusto pensare. Le conseguenze di tanti giudicati, sebbene con autonomi percorsi processuali, possono essere letti con uno sguardo d’insieme, per ricavarne ricadute che determinano cambiamenti incisivi sugli assetti di un territorio. Non sono sicuro che in Italia venga verificato il lavoro giudiziario all’interno di un distretto, come portato di una politica giudiziaria di governo del territorio. L’azione penale segue la notitia criminis, non importa chi commette il reato. Le Procure si attrezzano a perseguire i comportamenti delittuosi, senza cedere a stime statistiche e senza guardare in faccia gli autori degli stessi. È vero e, forse, è anche giusto! Altrove, in altri ordinamenti sovrani l’attività giudiziaria segue altri criteri che danno al sistema un valore di politica giudiziaria che s’interfaccia con il territorio. In qualche ordinamento il vertice della Procura è elettivo, risponde cioè ad impulsi democratici che inseriscono la volontà popolare come elemento determinante della scelta dei giudici. Argomento non facile da trattare che può determinare spunti di polemica e tante riserve. Ci sono tanti giuristi validi che possono dire e dare giudizi qualificati. A me interessa riflettere su tante singole azioni penali che nel loro insieme riescono a falciare l’economia di un territorio operoso. Come è avvenuto nel salernitano. Non faccio l’elenco di uomini, aziende, banche, colossi agroalimentari che sono caduti sotto la scure della giustizia. Penso a provette esperienze di capitani d’azienda passati dalle guide di aziende che incidono sull’economie di un Paese alle manette ai polsi. Col risultato di tanti disastri occupazionali, distruzione di patrimoni, cancellazioni di storie aziendali trasmesse tra generazioni. Certo, la legge ha trionfato, l’azione penale ha fatto centro ma le conseguenze sono state una sciagura senza un disegno giudiziario di governo del territorio e senza strumenti che forse avrebbero potuto prevenire, accompagnare, indirizzare il rigore normativo verso la salvaguardia di patrimoni e non la loro dispersione ed evaporazione. Come è avvenuto a Salerno! Non dico che i giudici pensano in modo mirato ma se non pensano, il loro giudicato è nocivo per tutti! Il territorio salernitano ha conosciuto la fine di tante realtà economiche che contribuivano al PIL provinciale e nazionale. Non condanno i giudici e i magistrati che hanno fatto il loro dovere, ma anche fare bene il proprio dovere può comportare una vittoria a metà. Il trionfo della norma è fine a se stessa se poi crea un cimitero nell’economia. Qualcuno dovrà pensarci e dovrà ricordare che i dati letti nelle annuali aperture degli anni giudiziari andrebbero quantomeno completati da un’analisi delle trasformazioni che la rigida applicazioni delle sentenze non permette di verificare nei territori. Certo mi si dirà che non spetta ai giudici. Ne sono consapevole! Non sono però convinto se i giudici s’interrogano e riflettono sui loro stessi provvedimenti e non voglio pensare ad un loro tronfio entusiasmo del loro risultato. Per ora ls giustizia è troppo lontana dalla realtà!