Una stagione lirica con gli omaggi a Puccini e Zeffirelli - Le Cronache
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Una stagione lirica con gli omaggi a Puccini e Zeffirelli

Una stagione lirica con gli omaggi a Puccini e Zeffirelli

Dai titoli seri con Manon Lescaut, Tosca, Pagliacci, Cavalleria Rusticana, Suor Angelica e Aida, all’opera buffa con L’Italiana in Algeri, al musical con Una volta nella vita, sino all’operetta con il ritorno della Vedova Allegra e alla danza con Lo Schiaccianoci. Rassegna concertistica ospite della Chiesa di San Giorgio e di San Benedetto

Di Olga Chieffi

Teatro Verdi in grande spolvero dopo aver festeggiato splendidamente i suoi 150 anni. Sull’onda lunga della stellare stagione 2022, Daniel Oren, Antonio Marzullo e Rosalba Lo Iudice, rilanciano allestendo un nuovo cartellone variegato e con tanti progetti. Titoli nuovi e da non perdere certamente l’Italiana in Algeri, di Gioachino Rossini opera che si potrebbe reputare emblematica di un modo di aggredire il comico che l’Europa non aveva mai conosciuto e Suor Angelica, un tassello del Trittico, che verrà proposto dal Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno. Una partitura questa, cara a Jacopo Sipari di Pescasseroli, che dirigerà i suoi allievi della classe di esercitazioni orchestrali e le voci, in cui Puccini lega assai bene, in maniera coerente, la qualità fonica alla situazione dei personaggi e con grandissima abilità e comprensione umana porta il dramma della suorina a confluire nel miracolo sfolgorante, senza timore di mettere a nudo una condizione psichica non certo reale, ma estatica, di una povera madre in un povero convento. Quindi, l’apertura della stagione di cui abbiamo dato nota ieri, con la Manon Lescaut di Giacomo Puccini, che farà coppia per la chiusura della prima parte della stagione con Tosca. Due donne assolute protagoniste dell’operismo pucciniano. Manon aspira ad una redenzione ead un compianto che l’impassibile teologia compositiva smentisce ad ogni piè sospinto  trafiggendone le dolcezze verbali con una musica che, in apparenza dolce, rivendica il suo assioma di nevrosi e sadismo: gigantesca volta eretta a spalancare un divario fra materia da romanzo rosa e pregnanza nera. Tosca, invece, è  l’unica donna ammessa nell’opera, la prima donna femminista – ha affermato Daniel Oren – grande artista che si umilia come una donnicciola qualsiasi quando si prosterna disperata ai piedi dell’aguzzino, implorando pietà per il suo uomo, è la stessa creatura che, brandisce un coltellaccio da cucina e trucida selvaggiamente il boia che la vuole sua in cambio della salvezza dell’amante, il pittore Cavaradossi. Doppio omaggio a Franco Zeffirelli, un regista al quale il teatro Verdi di Salerno è molto legato, per un’originale mise en scene proprio di Traviata, nella gold season del 2008 e per la ripresa, l’anno successivo, della sua Aida, pensata per il teatro di Busseto, che si  adattò splendidamente alle tavole del nostro massimo: assisteremo a Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, con le scene firmate proprio da Franco Pagliacci è stata, infatti una delle opere maggiormente messe in scena da Franco Zeffirelli, sia nel tradizionale abbinamento con un altro capolavoro dell’opera verista, Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni, sia da sola. Dell’edizione andata in scena alla Scala nel 1981, ne ha realizzò anche una versione per la televisione, girata con la tecnica cinematografica e con l’aggiunta di riprese esterne che l’anno seguente, negli Stati Uniti, vinse sia un Emmy che un Grammy Award. Il soggetto deriva da un fatto realmente accaduto a Montalto di Calabria, di un duplice omicidio nel mondo dei guitti, una verità che sale dalla memoria e che Leoncavallo ferma ancora in movimento, come con un obiettivo fotografico. Nessuna musica forse, a quell’epoca è riuscita ad inserirsi così bene nel mondo dei clown, che recitano parti assurde per non vedere la realtà e quando essa arriva non possono che continuare a fingere per non riconoscere il proprio squallore. I turgori melodici starebbero a significare che i cuori sono pieni di sentimenti, passioni volontà, desideri; ma le deformazioni dissonanti, il cromatismo a volte beffardo, a volte oscuro e involuto, dicono che il gelo, la beffa, la malattia, lo schifo di un’esistenza raminga e misera possono uccidere tutto, anche i pensieri e gli affetti. Sarà ripresa anche Aida che chiuderà la stagione lirica, un’opera in cui Verdi riesce a fondere stili eterogenei, talvolta contrastanti, con mirabile abilità e leggerezza; e, negli argini di una scrittura più consapevole e meditata, ritrova la felicità di abbandonarsi alle avventure dell’invenzione e alla sua fecondità melodica. A Pagliacci si accoppia la Cavalleria Rusticana di prammatica, ma stavolta a schioccare la frusta a bacchetta sarà ancora Jacopo Sipari di Pescasseroli, che vede accoppiato il titolo verista, la quintessenza di tutti gli archetipi eterni, amore, gelosia, passione, tradimento, morte, duello, quel coacervo di forze oscure e belligeranti, di componenti primordiali, che lambiscono livelli di fascino e di esotismo, di vera e propria vertigine, in cui stanno tutti gli elementi folklorici, antropologici, come il morso all’ orecchio, il parlare per accenni, il codice cavalleresco, di una cavalleria rusticana appunto, che colpisce subito ed efficacemente l’ immaginario del pubblico di tutte le latitudini, alla sua trasparente Suor Angelica. Esauriti i titoli seri, ritornano sul palcoscenico del Verdi Anna Glawari e il Conte Danilo, protagonisti de’ Die Lustige Witwe con il valzer, col suo girare in tondo, le sue ebbrezze veloci, con il suo magico distendersi nella felicità più immediata, rappresenta lo scintillio di un momento di magia, di abiti svolazzanti e di divise che non hanno più nulla di marziale. Nelle feste mascherate dell’Impero in decadenza, i violini evocano i bei caffè di Vienna e Budapest, i saloni dei nobili, e, perfino, i sogni delle sartine. In mancanza di un turismo organizzato ecco le puntate nell’esotico, fra paesi fantastici di ipotetiche Balcanie e crociere mentali in Orienti da cartolina. In questa tanz-operetta, il balletto dovrà esprimersi in tutto il suo fulgore, nell’apertura del secondo atto, in occasione della festa patriottica nel giardino di Anna Glawari, intrisa di sonorità tzigane e nel Can Can che caratterizza il finale del terzo atto, affidato al corpo di ballo del nostro massimo, con la “vedova” suggerisce una delle ultime avventure mondane, in un mondo di ambasciatori, contesse, gigolò, viveurs squattrinati e alcove proibite simboli di un mondo dove la pochade si unisce alla commedia di sentimenti e dove, forse, ci si può ancora commuovere e sognare. Ci sarà poi anche il musical con Una volta nella vita, inserito nel progetto dedicato alle scuole, unitamente a Cavalleria Rusticana e Suor Angelica, nonché il balletto che sarà Lo Schiaccianoci con la sua ricchezza di toni e di significati che, assieme al capolavoro musicale di Ciaikovski, ne fa infine un balletto che può regger bene il confronto con altri di trama più complessa. Cajkovskij ha creato pagine mirabili, usando anche strumenti nuovi, come la celesta, anche la suite dal balletto eseguita in concerto ha sempre goduto di una grande popolarità. Al ritmo del valzer si andava ottimisticamente verso il paradiso in terra, un’ illusione che le fiabe confermavano con pervicace intensità, ma che di lì a poco sarebbe stata infranta dal rombo dei cannoni. Non per ultima la stagione concertistica che sarà aperta a tutti, una seconda edizione di “Benedetta….primavera” che si svolgerà in due gioielli architettonici della nostra città tutti i sabato di giugno in San Giorgio e quelli di settembre, invece, in San Benedetto.