Stasera, alle ore 21, terzo appuntamento della stagione Mutaverso, promossa da Vincenzo Albano, che si sposta al Centro Sociale “Raffaele Cantarella”
Di OLGA CHIEFFI
Il pipistrello Mutaverso, svolazzerà da questa sera, alle ore 21, al Centro Sociale “R.Cantarella”. Dopo un ottimo abbrivio di stagione sul palcoscenico del Piccolo Teatro del Giullare, Vincenzo Albano e l’intero staff di Erre Teatro, animeranno la zona orientale della città, proponendo all’esigente pubblico di Mutaverso la compagnia Mamimò, che porterà in scena Homicide House. Un uomo medio – che ricorda a tratti il Willy Loman di Miller – si trova nella difficile situazione di dover ripagare, senza il giusto preavviso, un grosso debito. Mentre la moglie (Cecilia Di Donato) ignara della situazione, progetta una vacanza a Parigi, lo strampalato quanto pragmatico strozzino (Luca Cattani) offre una scelta al malcapitato: entrare nella Homicide House, un servizio da lui stesso inventato. Chi vuole torturare, seviziare, uccidere e ha abbastanza soldi per permetterselo, paga una vittima. E chi vuole suicidarsi ha la possibilità di capitalizzare la sua morte. Un incontro fra esigenze complementari che finora il mercato ha mancato di soddisfare. All’interno della Homicide House, una torturatrice (Valeria Perdonò), che, tra seduzione e minacce, sembra tenere sotto scacco il protagonista (Marco Maccieri, anche regista dello spettacolo) attraverso un estenuante gioco al massacro che farà emergere il lato nascosto (e più debole) della personalità di entrambi. Quasi una “attrazione fatale”, che spinge i due personaggi a stringere un patto, che porterà a un epilogo (forse) scontato, per il quale, però la suspence è comunque mantenuta alta. L’assegnazione del premio Tondelli-Riccione conferma la statura del pur giovanissimo drammaturgo reggiano Emanuele Aldrovandi, già vincitore, con altro testo, del premio Pirandello. “Sinistra e infantile parabola sugli incerti confini tra il vero e il falso, testo introspettivo dal piglio ironico-favolistico (favole macabre senza lieto fine, per intendersi), Homicide House è un coraggioso tentativo di scrittura drammaturgica ‘verticale’, in grado di farsi carico di una matrice teoretica/concettuale che mette in atto una ‘morbida’ elusione del tragico. Se il dilemma attorno a cui ruota il dipanarsi della storia appartiene di diritto alla normalità prosaica (in sintesi, si può mentire a fin di bene o, al limite, nel nome del male minore?), i personaggi dimostrano di essere istanze filosofiche, portatori di una determinata poetica del pensiero, prim’ancora che entità finzionali: non è un caso se Uomo, che nasconde alla donna amata il vizio di indebitarsi per il puro piacere di farlo, dovrà condurre i suoi equivoci commerci con loschi figuri quali Camicia a pois e Tacchi a spillo, riuscendo a salvare la pelle senza alcuno sforzo pratico ma con un puntuale esercizio della parola. La Casa degli Omicidi è un meccanismo di sevizie psicologiche che ferisce e uccide con il ragionamento piuttosto che con le sole armi di tortura. Un’idea originale alla base della scrittura e un linguaggio disinvolto e agile nell’alternare isolati e funzionali monologhi a fulminanti e accesi dialoghi fanno del testo un riuscito e promettente esperimento.” (dalla motivazione della giuria del premio Tondelli 2013). Le scene di Antonio Panzuto, figura atipica all’interno del panorama teatrale italiano, pittore, scultore e artista, contribuiscono a creare uno scenario basato su pochi semplici oggetti che raccontano una loro storia: storie di piccole famiglie borghesi attaccate al possesso dell’oggetto unico, particolare, di lusso, alla moda. Precarietà piani inclinati macchine teatrali sonore, azionate a vista, oggetti scenici che si alzano e si abbassano contribuiscono a creare un senso di straniamento nello spettatore e costruiscono una drammaturgia dell’oggetto che diviene un ulteriore piano narrativo per raccontare le nostre realtà quotidiane a caccia di oggetti sempre più esclusivi.