Prestiti fasulli e truffa ai danni della filiale Bper di Bellizzi: chiesto il rinvio a giudizio per l’ex direttore, Amedeo Saracino e i due funzionari Michele Del Grosso e Francesco Nappo, i quali dovranno comparire a giugno, davanti al gup Francesco Guerra del Tribunale di Salerno, per l’udienza preliminare insieme agli intermediari, Domenico Cerbone, Massimo Maresca, Gianluca Romano e Mario Ingenito. L’accusa è di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e all’esercizio abusivo di mediatori creditizi. Nel caso specifico di Maresca, Romano, Ingenito e Saracino sono state stralciate le posizioni per il reato associativo; 81 in tutto gli imputati, tra i quali i beneficiari dei finanziamenti bancari, alcuni dei quali residenti a Capaccio Paestum, Casal Velino, Salerno, Battipaglia, Pontecagnano e diversi comuni salernitani. Il sistema escogitato prevedeva l’erogazione di prestiti che, una volta elargiti, venivano poi restituiti soltanto in minima parte. A far scattare le indagini, quattro anni fa, la Direzione Centrale dell’istituto, che segnalò diverse anomalie. Il responsabile della filiale si trovò costretto, suo malgrado, a denunciare alla locale Stazione dell’Arma la probabile truffa, di cui egli stesso era, in realtà, uno dei principali artefici. Nel corso delle successive indagini, i finanzieri del Comando provinciale di Salerno ricostruirono che, a fronte di una novantina di finanziamenti concessi per oltre 800.000 euro, alla banca erano state rimborsate rate per neanche un decimo. Un ruolo chiave lo avevano i promoter, che avevano il compito di reclutare gli pseudo clienti, ovvero persone disposte a presentarsi allo sportello per aprire il conto corrente e richiedere il prestito, perlopiù prive di fonti di reddito, talvolta senza fissa dimora e perfino con precedenti penali, che mai avrebbero avuto il riconoscimento del credito se la loro pratica non fosse stata istruita con documentazione farlocca. Una volta accreditato il bonifico, partiva l’operazione di svuotamento del conto, che finiva in rosso per non pagare le rate. I soldi, invece, secondo la procura salernitana, confluivano su due conti correnti intestati a società che effettuavano vendita di auto.
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