Tritolo nel Cilento : martedì il processo - Le Cronache Attualità
Attualità Camerota

Tritolo nel Cilento : martedì il processo

Tritolo nel Cilento : martedì il processo

Antonio Manzo

Disastro ambientale, 30 quintali di tritolo distrussero le falesie di Camerota. Finalmente arriva la Giustizia. Martedì, 1 luglio, sarà processato il sindaco di Camerota Mario Peppe Scarpitta perché avrebbe distrutto e sventrato, con un lavoro di somma urgenza, uno dei luoghi più protetti del Parco Nazionale del Cilento: il sindaco fece esplodere nel marzo di due anni fa settanta quintali di tritolo su parte del costone roccioso sul tratto compreso tra Cala del Cefalo e Cala Finocchiara. La Giustizia arriva a Camerota, l di là di un doveroso garantismo in attesa della condanna. Arriva perfino nel Cilento dove una diffusa immunità degli amministratori, consente spesso di farla franca dopo anni ed anni. E ‘capitato con Marina di Policastro dove un sindaco arrestato per tangenti ha “sequestrato” il Comune da lunghi anni alternandosi alla guida con il fratello. È capitato a Vallo della Lucania con la scoperta “cricca” dei fallimenti pilotati e le vendite all’asta a boss e prestatomi di importanti strutture, fino agli scempi edilizi che hanno deturpato il volto di Camerota come amministratori colpiti da ordinanza di lavori abusivi e, dove sotto gli occhi di tutti, continuano ad edificare un mostro di cemento sulla spiaggia. Sarà il giudice Mario Tringali a presiedere il processo con le imputazioni formulate dalla procura con le ipotesi legate solo al presunto danno ambientale, in una operazione bocciata dal Tar, fondata su falsa conferenza di servizio sviste volute di ordine istituzionale. Il sindaco di Camerota Mario Peppe Scarpitta, con un’operazione di “somma urgenza” doveva mettere in sicurezza quel tratto della strada provinciale 562 Le immagini di quella operazione, con la roccia che finì sulla spiaggia e fu coperta dalla polvere finalizzata a rimuovere massi poi garantiti per costruire il porto cella vicina Santa Marina. Fu anche l’occasione per il parcheggio a servizio di un lido privato che ora fa nuotare un fatto clamoroso nelle acque della compromissione politica cilentana. E la falesia non c’è più. Carte false, una conferenza i servizi addomesticata e contestata davanti al Tar, perché l’ente Parco “non era stato coinvolto nelle perizie geologiche neppure compiute”, i dirigenti del Parco del Cilento beffati con i silenzi di fronte alle proteste delle associazioni ambientaliste. Il Comune procedette con il regime di somma urgenza con il bypass della somma urgenza con il finanziamento di 163 milioni di euro della Provincia di Salerno (gestione Alfieri). Approfittarono delle festività pasquali per riaprire la strada, arteria cruciale per il turismo della zona. Obiettivo dichiarato dal sindaco: scongiurare il pericolo di crolli sulla strada del Mingardo, tra Marina di Camerota-Palinuro. Il caso del costone roccioso cilentano finì, inascoltato, anche in Parlamento con interrogazioni dei deputati Arturo Scotto, Michela Di Biase, Franco Mari e e poi al Senato con, Sergio Costa e Anna Bilotti. Martedì in aula a Vallo della Lucania tra le parti civili costituite nel processo c’è l’Avvocatura dello Stato che, nel giugno scorso, con un ricorso al Tar sul risanamento del costone roccioso presentò un articolata relazione a firma dell’avvocato dello Stato Maria Elena Caprio. La funzionaria dello Stato smascherò con le parole di un ricorso, testualmente, le “modalità scorrette” del comune di Camerota nella distruzione della falesia ma soprattutto con la somma urgenza. Sarebbero bastate le dodici pagine dense dell’Avvocatura dello Sato per indurre la procura della Repubblica di Vallo della Lucania ad arricchire la ipotesi di reato per il sindaco Scarpitta. Per giudicare e, eventualmente esemplarmente punire un disastro ambientale che potrebbe invece. finire nel limbo dell’ingiustizia cilentana.