di Monica De Santis
Una vita sul palcoscenico, prima come cantante e attore, poi anche come regista e autore, poi scrittore e poeta, fino ad ideare il primo ed unico premio dedicato al più attore e regista di tutti i tempi Charlie Chaplin. Claudio Tortora, patron del Premio Charlot, fondatore nel 2004 (insieme con Gaetano Stella, Peppe Natella, Pina Testa e Marcello Ferrante) del Cinema Teatro Delle Arti (di cui è direttore artistico), paganese di nascita, salernitano da sempre, cerca di analizzare il sistema culturale della città, intervenendo nel dibattito culturale che si è aperto all’indomani della decisione del sindaco Vincenzo Napoli di affidare la delega alla cultura ad Ermanno Guerra. Un dibattito che sta vedendo operatori teatrali, musicali, etc esprimere il loro pensiero su quello che è stata la città di Salerno, su quello che è e su quello che dovrebbe e potrebbe essere, con consigli e suggerimenti anche al nuovo delegato affinché la vivacità artistica di cui la città è sempre stata viva non si perda, ma al contrario cresca con il crescere di Salerno. “La nostra città, vive da sempre il ruolo di essere perennemente in bilico. Non affonda mai il colpo nelle cose che fa. Non è vero che non ci sono attività culturali. Ci sono e molte anche valide”. Spiega Tortora, che inizia subito rispondendo a chi nei giorni scorsi ha detto che Salerno è una città senza eventi importanti. Per il papà del Premio Charlot, invece Salerno di eventi importanti ne ha avuti e ne ha ancora, solo che chi amministra non è stato capace e non è ancora capace a dare un sostegno pieno ed assoluto nella promozione per farli diventare il punto di riferimento o fiore all’occhiello della città. “Bisognerebbe accompagnarli di più e sostenere per farli crescere come meritano. E non mi riferisco solo all’aspetto economico ma anche e soprattutto con la passione e con l’entusiasmo, sostenendo gli organizzatori, stando vicino a loro e partecipando agli eventi. Purtroppo mi spiace doverlo dire ma mi sembra sempre che si viva in un limbo e che delle cose, anche se meritano attenzione, non sono valorizzate quanto serve o non c’è quel contributo che fa scattare la molla per farle diventare uniche e per richiamare anche pubblico fuori dalle mura della città, della provincia e della regione”. Il direttore artistico del Teatro Delle Arti fa degli esempi, per far comprendere come chi ci amministra non sfrutta le occasioni per un vero lancio culturale e turistico di Salerno… “Basta prendere ad esempio l’evento delle “Luci d’Artista”, un’idea fenomenale, che in tanti ci hanno invidiato e che ha portato tante persone in città e soprattutto ci ha fatto conoscere in tutt’Italia e non solo. Ma ora le Luci d’Artista da sole non bastano più, anche per tanti altri comuni della provincia, come di altre città stanno copiando l’idea ‘rubando’ di conseguenza visitatori. Allora cosa fare? Lasciare che tutto resti così e che alla fine quello che era un evento che portava turismo in città vada a scemare oppure fare un restyling che lo rilanci e lo faccia rimanere ancora l’evento di grande richiamo com’è stato negli anni? Infondo non ci vuole molto per rinnovare ‘Luci d’Artista’ basterebbe aggiungere dei percorsi che affiancano l’evento, con lo scopo di evitare che il turista si stanchi di vedere sempre le stesse cose e che sia incuriosito dalle proposte abbinate alle luci”. Un esempio di ciò che si può abbinare alle Luci d’Artista? “Così di getto posso pensare a dei piccoli concerti con gruppi musicali salernitani da tenere davanti ai bar, ed ancora esibizioni teatrali nella Salerno storica. Ma si può pensare anche a momenti per i bambini e le famiglie con intrattenimenti sempre sotto forma di spettacoli teatral-musicali, come per esempio le favole musicali. Prima della pandemia, i family show si sono tenuti al teatro Augusteo, in forma gratuita, ed hanno avuto molto successo. E una famiglia che va il pomeriggio gratis al teatro, dopo resta in giro con i figli, compra un gelato, una pizza, e l’economia gira. Ma posso andare avanti pensando anche all’allestimento di un’area giochi con dei gonfiabili, ovviamente al coperto perchè stiamo parlando del periodo natalizio. Concerti di musica sacra nelle chiese, dei momenti di storia della città realizzati con video e performance teatrali. La lista delle idee potrebbe essere infinita. Queste che ho detto sono solo alcuni esempi. Alcuni di questi tra le altre cose si sono anche fatti, ma sono stati eventi sporadici e poco promozionati e questo non va bene. Non serve fare un anno un evento, non promozionare. E’ normale che poi non funziona. Per far funzionare il tutto c’è bisogno di lavoro, di tantissimo lavoro”. Quindi lei invita l’amministrazione comunale ed il nuovo delegato alla cultura a stare più vicino agli operatori culturali? “Certo! E’ fondamentale che l’amministrazione comunale dia più sostegno e creda fino in fondo a quello che si sta realizzando. Solo in questo modo, con un lavoro che sia veramente di squadra si può davvero fare quel salto di qualità che Salerno non è riuscita ancora a fare in termini di promozione culturale”. Salto di qualità che altre città della provincia hanno fatto? “Non credo che si possano fare dei paragoni. Ogni città è diversa. Sicuramente in alcune città della provincia, essendo più piccole di Salerno, gli amministratori hanno potuto concentrare la loro attenzione su un determinato evento, l’hanno sposato e sostenuto rendendolo unico e caratteristico del loro territorio. Penso a Ravello, che sfruttando quella fantastica terrazza di Villa Rufolo è riuscito a creare un Festival conosciuto in tutt’Europa. Un Festival che va avanti da anni, che è cresciuto con il sostegno e la vicinanza degli amministratori locali. Oggi dietro il festival c’è una fondazione e c’è un’intera comunità che lavora per e con il festival. Ma come dicevo stiamo parlando di piccoli centri, dove la gestione anche di rassegne così importanti è più facile perchè si è concentrati solo su quell’evento. Una città come Salerno che è decisamente più grande non può e non deve avere un unico evento. Ha bisogno di più eventi importanti che si sviluppino nel corso di un intero anno e in più punti della città. Non si può concentrare tutto nel centro città. Bisogna dare qualcosa a tutta la città. Dunque si deve pensare ad una serie di eventi importanti, da tenere in diversi periodi dell’anno e spingere e lavorare per la loro crescita. E poi intorno a questi quattro, cinque appuntamenti, pensare a tante piccole attività collaterali che sia di supporto e di innovazione continua per far sì che questi eventi non diventino una routine che alla lunga possa stancare il pubblico ed il visitatore. Salerno è unica come città e come posizione geografica, e con gli eventi giusti potrebbe essere davvero il punto d’arrivo e di permanenza dei turisti che poi nel tempo libero, nelle mattinate, potrebbero andare a visitare le nostre due magnifiche costiere, che fino ad oggi, dobbiamo dirlo hanno avuto un ruolo decisamente più importante della città capoluogo. Dunque, come dicevo, bisogna solo concentrarsi di più su un programma di eventi di punta e sfruttare, soprattutto le tante risorse che esistono e sono valide”. Quando parla delle tante risorse che ci sono in città si riferisce ai teatri cittadini? “Esattamente. Quelli che tutti chiamano i piccoli teatri, ma che io chiamo i teatri privati, alcuni dei quali, mi piace ricordarlo a chi ha la memoria corta, quattro per la precisione, hanno sopperito alla mancanza di un Massimo Cittadino negli anni ‘80/’90. E’ stato grazie a quei 4 teatri privati se lo spettacolo a Salerno è rimasto vivo, se il pubblico ha avuto modo comunque di poter godere e vedere belle produzioni e conoscere anche alcuni di quegli attori che oggi fanno il pienone, ma all’epoca richiamavano poche decine di spettatori”. E come potrebbe l’amministrazione comunale sfruttare i teatri privati della città? “Partiamo dal fatto che tutti i teatri sono da anni uniti in un consorzio denominato ‘La città teatrale’, nato guarda caso proprio quando come assessore alla cultura c’era Ermanno Guerra. Questo vuol dire che già tra di loro sono una squadra. Allora perchè non pensare, visto che queste strutture, oramai si sono specializzate, ognuna di loro in un determinato genere teatrale, di realizzare un cartellone comune che possa portare il pubblico a conoscere anche altre realtà, altri generi teatrali e al tempo stesso, questo cartellone potrebbe diventare di supporto a quelli che vengono considerati i teatri più grandi o maggiori come il Verdi, il Delle Arti, l’Augusteo, che deve essere recuperato ad ogni costo. Non è pensabile che il Teatro più grande della città venga aperto solo per saggi di danza o sporadici spettacoli organizzati da qualche privato. Come dicevo si potrebbe immaginare un cartellone comune unico da diffondere e promuovere nei luoghi opportuni come evento unico”. Promozione degli eventi, questo è un altro tasto dolente? “Molto dolente. Perché come si suol dire ‘la pubblicità è l’anima del commercio’ e allora se si vuol vendere il brand Salerno lo si deve fare nella sua interezza e non a metà. Partecipare ad importanti fiere turistiche come quella di Rimini o di Milano e non invitare anche gli operatori culturali è una sciocchezza. E’ già sbagliato che non venga preparata una brochure che presenti tutta la città nella sua interezza, con i monumenti da visitare, le chiese, i teatri e la loro programmazione, i grandi eventi. Ma poi a queste fiere si portano dei pacchetti. Si invitano i tour operator a venire in una città in un determinato periodo perchè si possono vedere determinati monumenti e al tempo stesso assistere ad una serie di eventi culturali. Ma come dicevo a queste fiere devono andare anche gli operatori culturali oppure una persona da loro delegata che parli con i tour operator e spieghi le attività che vengono svolte. Insomma che senso ha andare a Rimini e portare delle locandine del Premio Charlot se non c’è nessuno che spieghi che cos’è il Premio Charlot, la sua storia, gli ospiti che ci sono stati e come viene strutturata tutta la rassegna. Parlo dello Charlot, ma lo stesso vale per la Fiera del Crocifisso Ritrovato, oppure anche della Lirica del Teatro Verdi che tanto cara è all’amministrazione comunale. Non dobbiamo cadere nella trappola di piangerci addosso. Le realtà esistono, sono anche diversificate e di spessore, basta solo individuare i momenti, selezionarli e poi valutarli con occhio più attento. Oggi il Comune sostiene insieme alla Regione diversi eventi, cercando di fare del suo meglio, un piccolo sforzo in più sia da parte loro che da parte di noi operatori ed i risultati potrebbero essere decisamente migliori”. Un invito il suo ad Ermanno Guerra a coinvolgere di più voi operatori anche nella promozione della città? “Ermanno Guerra, conosce a menadito fatti e persone del settore culturale salernitano. Ci conosce bene e sa le capacità di ognuno di noi. Se gli permetteranno di lavorare, anche in sinergia con l’assessore al turismo Alessandro Ferrara le cose potranno migliorare e qualcuna tornare ai fasti di qualche anno fa. Dobbiamo fare in modo che la città si stringa intorno alle tante cose belle che possiede e resti unita a sorreggere e difendere le proprie risorse che ripeto sono tante. E’ un invito che faccio ai politici in primis, ma anche ai cittadini e anche a noi addetti ai lavori. Tutti dobbiamo lavorare con spirito di collaborazione e non di emulazione con gli altri operatori, solo così possiamo uscire da quel provincialismo che pure avvolge il nostro tessuto cittadino”. C’è però chi dice che l’amministrazione comunale adotta il sistema dei due pesi e due misure, lei cosa ne pensa? “Purtroppo il Comune in questo periodo non ha disposizione personale per l’ufficio turismo e spettacolo, quindi non riesce a rispondere a tutte le richieste che vengono fatte. Sebbene ci sia una persona speciale come la dottoressa Barbato, che cerca di fare del suo meglio, come ha sempre fatto, per cercare di realizzare le cose nel miglior modo possibile. Andrebbe sicuramente aiutata con personale e persone capaci di poter affiancare nello svolgimento di tutte le cose che realizza. In questo modo, anche chi non si sente ascoltato dal Comune riuscirebbe a trovare un interlocutore. Ma se adesso tutto deve gravare sulle spalle di un’unica persona è normale che i tempi si allungano”. Sono più di 25 anni che Salerno ha sempre avuto o un assessore alla cultura o un delegato alla cultura, che però ha solo quella delega e non anche quella allo spettacolo e al turismo, cosa che in tutti i grandi comuni non succede, perché cultura, spettacolo e turismo viaggiano insieme. Questo secondo lei è un danno per la città? E soprattutto secondo lei perchè queste tre deleghe che dovrebbero far parte di un unico assessorato vengono separate? “Effettivamente cultura, turismo e spettacolo devono viaggiare insieme, non si possono separare, è un grande errore. Credo che tutto dipenda dalla confusione di base che regna in questa città. Ovvero che la parola cultura non è collegata alla parola spettacolo. Questo è un errore fondamentale. Cultura è tutto quanto. E’ cinema, è arte, è teatro, è letteratura, storia. La separazione di queste tre deleghe è un errore madornale che non giova alla nostra città, perché, sempre tornando a quello che abbiamo detto prima, in questo modo non si riesce a fare gioco di squadra. Non voglio essere ripetitivo, ma alla fine lo devo essere. Fare eventi che siano d’intrattenimento leggero o culturale non significa organizzarli e basta. Hanno bisogno di essere promozionati se si vuole attirare soprattutto i turisti. Quindi cultura e spettacolo, viaggiano con il turismo e non ognuno per la loro strada. Altrimenti si crea solo confusione e nulla che faccia crescere la città”. Crede che sia importante una collaborazione anche con gli altri comuni della provincia? “Fare gioco di squadra conviene sempre a tutti. Abbiamo una provincia bellissima e ricca di storia e di cultura. Saremmo sciocchi a non voler sfruttare la fama della costiera amalfitana, la storia ed il prestigio di Paestum e Velia. Bisogna collaborare con gli altri comuni. Salerno non deve essere solo il dormitorio o il punto d’arrivo momentaneo per i turisti che poi vanno in una delle due costiere. Senza contare che abbiamo bisogno di una maggiore sinergia con l’Università degli Studi di Salerno. Anche in questo caso abbiamo la storia dalla nostra parte. Partendo dalla Scuola Medica Salernitana si potrebbero, con l’aiuto dell’Università, pensare a tanti percorsi culturali che potrebbero richiamare tantissime persone in città. Ma anche le scuole devono sentirsi partecipi al progetto culturale della città di Salerno, perché ospitano la generazione del domani, che ha bisogno di conoscere tutto quello che accade e che si sviluppa sul territorio e devono poterne fare parte. Credo che non siano tantissime le cose a cui metter mano, piccoli accorgimenti che non costano nulla, ma che potrebbero rendere estremamente avanzata e rigogliosa la nostra entità culturale. Ma la cosa più importante è smettere di criticare e criticarci e fare squadra. Solo così sentiremo parlare di Salerno ovunque”.