Il guru del modal underground ospite dello Space of Dance di Francesco Boccia è in stage per quattro giorni a Salerno
Di OLGA CHIEFFI
La danza è sempre orientata nello spazio in modi simbolicamente significativi; funge da luogo e percorso di apprendimento e di gioco, permettendo l’immagazzinamento di informazioni nel sistema nervoso a seconda delle esperienze compiute dall’organismo nell’interazione con l’ambiente; coordina le attività del gruppo-comunità e lo tiene insieme, mantenendo gli esseri umani alla distanza di comunicazione; fonda una ritmica della territorialità in cui lo spazio pericorporeo e il movimento attraverso lo spazio sono definiti e usati con grande cura e raffinatezza. Ma se può essere nata – anche – come un modo per definire e difendere la propria territorialità, la danza serve anche a sincronizzare i ritmi del corpo con delle mappe “cronospaziali” collegate ad altri – differenti – ritmi biologici, creando quelle reti di memoria proprie dell’apprendimento e della trasmissione orale delle conoscenze che imprimono nel corpo degli esseri umani la storia della nostra relazione e del nostro adattamento al territorio. Il ritmo è un aspetto fondamentale della vita e della sopravvivenza biologica degli organismi. Esseri umani, piante, animali ed ambiente vivono, si riproducono ed evolvono in una ragnatela ritmica. Il ciclo giornaliero del sole ci dà il ritmo circadiano di attività e riposo; il suo ciclo stagionale regola la crescita, il fruttificare e il riposo invernale delle piante, la migrazione e i cicli di accoppiamento degli animali a cui erano legati caccia e raccolta, tutti in modi diversi interconnessi, come gli opposti, luce buio, vita, morte, sacro profano, aria, non-aria. La necessità di conoscere, prevedere, controllare, riprodurre e connettersi con le strutture cicliche ha dato origine ai più antichi sistemi di misurazione del tempo-nello-spazio: l’astronomia, le percussioni, la danza. Suonare il proprio corpo, ciò che ci circonda, è riprodurre quei ritmi su cui si basano la sopravvivenza e la connessione fisiologica, emotiva e spirituale dell’essere umano con il resto del Cosmo; danzare è la riproduzione di quei ritmi usando il corpo come strumento e la Terra come tamburo e danzare in comunità è la riproduzione del mitico recinto, il kèpos filosofico, in cui ritmo, pensiero e relazione erano tutt’uno. Prende energia dalla terra il modal del coreografo e ballerino della Nuova Caledonia, Thierry Verger, lui rigoroso dresseur di alta scuola, si è ispirato anche al mondo equestre per creare questo stile che viene “scritto” e descritto, ora per ora, giorno per giorno, in cui il traguardo è un romantico, primigenio urklang liberatorio che ha le sue radici nell’immaginario medievale, che schizza, aggirando i limiti del realismo, una terra arcaica, pagana, sensuale, fatta di superstizione, passionalità e mistero. Dopo lo studio di diverse tecniche come Horton, Graham, Verger ha creato il suo stile che rivela un mix di danza e arti marziali, istintivo e spontaneo, che si esprime attraverso intense sequenze in totale sinergia tra spazio e interpreti. Thierry Verger è, fino a domani, al lavoro insieme a Ira Kodiche con gli allievi del maestro Boccia per una particolare creazione che applaudiremo in giugno, clou di un eterogeneo spettacolo che ci verrà offerto a metà giugno.