La LXXI edizione del Ravello Festival chiude con un omaggio a Frank Sinatra nel venticinquennale della scomparsa. Sul palco di Villa Rufolo nel ruolo di crooner il tenore Vittorio Grigolo, con alle spalle la Salerno Jazz Orchestra e la Orchestra Filarmonica del nostro massimo, diretta da Demo Morselli
Di Olga Chieffi
“One God, one Farinelli!”, si dice esclamasse una lady sconvolta dal canto di Carlo Broschi, il Farinelli, cantore dai meriti irraggiungibili, forse il più grande cantante della storia dell’opera. Possiamo dire nel XXV anniversario dalla scomparsa di Frank Sinatra, che verrà celebrato domani sera, alle ore 21, sul Belvedere di Villa Rufolo, affidandoto al sentire musicale a tutto tondo di Vittorio Grigolo, con alle spalle l’Orchestra Filarmonica G. Verdi di Salerno la Salerno Jazz Orchestra diretta da Demo Morselli, che è anche autore degli arrangiamenti , in collaborazione con Tony Renis, al di là degli esiti artistici pur ragguardevolissimi, è un caso, appunto, unico. Il suo risultato migliore, ovviamente, è stato il suono, anzi, il sound. La voce stessa si è evoluta nel corso degli anni da violino, viola e a cello, con un ricco registro medio e toni bassi scuri. Ma fu una combinazione di voce, dizione, attitudine e gusto musicale a produrre il suono di Sinatra. Rimane unico. Sinatra ha creato qualcosa che non c’era prima del suo arrivo: una voce urbana americana. Era la voce dei figli degli immigrati arrivati con la grande marea di inizio secolo. “Sa, l’arte di svenire, che un tempo era cosi frequente, è diventata cosi rara fra le signore, sono contento che lei l’abbia riesumata”. E’ una frase importante quella del Presidente degli Usa Franklin Delano Roosevelt. Siamo nel 1943 e l’America è stata appena investita dal “ciclone” Sinatra. L’occhio è localizzato sul Paramount, un teatro sulla 44ma strada di Manhattan. Sul quel palco, per otto settimane consecutive dal 30 dicembre 1942 – scrive Paolo Prato -un giovane mingherlino dal timbro inimitabile rinnova un rito di seduzione che coinvolge migliaia di fans, causando i primi svenimenti di massa della storia contemporanea. In due mesi arrivarono ottomila lettere di ammiratrici e l’assalto di coloro che venivano chiamate “Bobbysoxer” (per via dei calzini corti indossati sotto la gonna da collegiale) finì per strappargli gli abiti di dosso e poco ci mancava che rimanesse strangolato, quando due di loro si attaccarono alla sua cravatta. “C’é qualcosa nel modo in cui si aggrappa al microfono. Qualcosa nel suo modo di cantare che raggiunge il pubblico… come se dicesse “Io ti sto dando questo con tutto quello che ho… E tu, cos’hai da darmi?”. Penso che poi andassero in camerino a dirglielo…” (Connie Hines). Per il giovane seduttore la stampa ricamò eleganti giochi di parole, da Sinatrauma a “Sinatrance”, lo battezzò in mille modi, da “The Sultan of Swoon” (il sultano dello svenimento) la voce che dà i brividi a milioni” e infine solamente “la voce”, anzi “la Voce”. Maiuscolo, esclusivo. Ma cos’aveva di tanto straordinario quella voce? Sinatra la seppe coltivare con cura, guardando anzitutto al crooner per eccellenza, Bing Crosby, poi imparando dal jazz: dal modo in cui Tommy Dorsey suonava il trombone aveva appreso una tecnica di respirare che gli consentiva di emettere note legate per durate impensabili, in grado di generare un fraseggio inedito. Poi c’era una dizione impeccabile, un’attenzione maniacale per i dettagli ritmici, un’intonazione perfetta e la capacità di cesellare le parole per renderne al meglio il significato. Non era un virtuoso ma possedeva un’estensione vocale impressionante, passando con disinvoltura da un registro tenorile (il fa acuto di All or Nothing at All,nell’incisione del 1939) a quello di baritono leggero (il mi basso di Ol’ Man River,1962). Prediligeva le risonanze nelle cavità della bocca e del naso, evitando con cura petto e gola. Nel suono della sua voce – confessò a Barbra Streisand – c’era non soltanto il fumo delle sigarette inalate per tutta la vita ma il fumo del New Jersey dov’era cresciuto, in un deprimente sobborgo in cui la vita si svolgeva fra ciminiere, ponti in ferro e liquami di scarichi industriali. Sinatra fu il primo a usare il microfono come uno strumento e anche in questo resta un maestro insuperato. In scaletta quei titoli che hanno caratterizzato la sua carriera di The Voice e anche delle chicche non celeberrime, unitamente a pagine prettamente orchestrali. Più di milleottocento canzoni in oltre duecento album, sessantadue film, centinaia di programmi tv, decine di premi in una carriera durata 65 anni. Ci hanno provato in molti a imitarlo. Ma Gene Kelly, nel 1995 aveva sentenziato: “Non c’è la minima possibilità che abbia un successore”.