La “non attuatività” della delibera 339 di Giunta provinciale del 23 novembre 2012 non convince per nulla i dipendenti del Cstp. Pressing sul presidente del collegio dei liquidatori, Mario Santocchio, che all’indomani della tornata elettorale, torna a farsi vivo nel gruppo Sos Cstp su Facebook, lanciando un allarme «Senza nuove risorse il trasporto pubblico rischia il collasso». Mai mossa fu più azzardata e forse infausta per lui. La notizia della probabile riduzione dei servizi a partire dal prossimo primo aprile (contemplata nella bozza di contratto di servizio della Provincia di Salerno e che dovrà essere sottoscritta a giorni dalle parti, così come per quella del Comune di Salerno) non è proprio andata giù ai dipendenti dell’azienda che hanno approfittato della comparsata del presidente sul social network per chiedere spiegazioni. Spiegazioni che, in buona sostanza, non sono arrivate con Santocchio fermo sul suo «al momento non è previsto nessun taglio». Già, al momento. L’espressione che maggior timore incute ai lavoratori, anche perché nella stessa bozza di contratto di servizio, c’è una data ben precisa, quella del prossimo 8 marzo (data indicata a pagina 4 del contratto d’affidamento), termine ultimo per Cstp e Provincia per discutere dell’eventuale taglio e della conseguente rimodulazione dei servizi. Una rimodulazione che, comunque, taglio o non taglio del 10%, ci sarà ugualmente, almeno stando alle valutazioni del dirigente del settore trasporti di palazzo Sant’Agostino,Giovanni Coraggio, che tra le ipotesi ha previsto anche quella di un mantenimento dell’attuale esborso di risorse da parte dell’ente, ma con una consistente contrazione di km che si attesta intorno ai 323 mila in meno. E alla domanda, da parte di un dipendente, relativa all’incontro con la Provincia proprio per discutere di questa questione, il presidente ha preferito eludere.
Insomma, se taglio del 10% ci sarà, il disastro al Cstp sarà completo e probabilmente vanificherà anche tutti gli sforzi fatti, in primis dai lavoratori che ancora fanno i conti con una decurtazione salariale del 7% (che in realtà è sinonimo di un taglio del 18%).