Giuseppe Gibboni si impone sul palco della LXX edizione del Ravello Festival con il suo Paganini, unitamente alla Asian Youth Orchestra, diretta da Joseph Bastian. Sarà vera festa, al Teatro San Carlo, per la sua performance, il 21 giugno, in occasione della giornata della Musica 2023
Di Olga Chieffi
Il vento sta imperversando su diversi appuntamenti di questa storica LXX edizione del Ravello Festival. Il grecale spazza e impazza tra spartiti e leggii sin dal concerto inaugurale, che ha salutato protagonisti l’orchestra del Teatro San Carlo diretta da una bacchetta, sempre alla ricerca di infinitesime sfumature, che è quella di Juraj Valčuha, in un programma monografico dedicato a Richard Wagner, simbolo di incantatoria ed inebriante fascinazione timbrica, calando unicamente nel momento dell’Incantesimo del Venerdì Santo, dal Parsifal, quando l’arcobaleno ha incorniciato la cima del Monte Falerzio. A Ravello la musica si va anche a “vedere” e l’arcobaleno è stata la sintesi di ciò su cui il Festival punta da sempre, musica e paesaggio, un assunto non valido per Riccardo Muti, che dirige solo in auditorium. Il vento ha posto in seria difficoltà i violinisti Gidon Kremer e la Slovenian Philharmonic Orchestra, diretta da Christoph Eschenbach e Giuseppe Gibboni, con i giovanissimi strumentisti della Asian Youth Orchestra diretta da Joseph Bastian, entrambi debuttanti sul palco più bello del mondo. Giuseppe, non si è lasciato minimamente dal vento. Lui si è sempre esibito in pubblico sin da piccolissimo e in qualsiasi contesto, essendo rampollo di una famiglia di musicisti composta di quattro eccellenti violinisti papà Daniele, suo effettivo mentore, nella miriade di grandi nomi, da Accardo ad Amoyal a Berman che lo hanno accompagnato nella crescita sino all’ esplosione al Premio Paganini, unitamente alle gemelle Annastella e Donatella e la madre pianista Gerardina Letteriello. La stampa scrive che Paganini è tornato. Noi invece ritroviamo sempre in Giuseppe Gibboni,un novello Jascha Heifetz, ma col sorriso. Nessuna indecisione nella tempesta di vento che ha martoriato la serata, ogni idea di amplificazione azzerata e il pubblico ha potuto godere del concerto n°1 di Niccolò Paganini con l’inavvicinabile cadenza di Emile Sauret, nell’abituale climax, che Giuseppe sa creare, quel “tempo fermo”, che nessun agente esterno può intaccare. Heschel afferma che la musica non è un prodotto dell’uomo, non è creazione nel senso consueto del termine, ma che essa sta nell’uomo, è la sua stessa vita, è il ritmo interiore ed esteriore che regola il suo comportamento, è la legge liberamente assunta che modula dall’interno ogni sua ora, è il tempo che prende forma e che non viene lasciato, così, fluire senza argini, come acqua su pietra. La melodia rappresenta l’estremo tentativo umano di catturare l’uniformità del tempo nel suo scorrere ineluttabile e disperante, di piegarlo alla sua volontà creatrice, costringendolo in ritmi che esprimano le scansioni interiori della vita. Questo ci ha trasmesso nella tempesta di Villa Rufolo Giuseppe Gibboni, il quale non ha mai scoperto il fianco a certo vuoto virtuosismo, non lasciando mai pensare ad una sottolineata ricerca dell’effetto, della meraviglia, trasformandosi in diavolo e semidio evocante gli adorati virtuosi dell’epoca romantica, ma valorizzando il suono del suo Tommaso Balestrieri del 1752, tale da tramutarsi esso stesso in pura espressione, ambrato e potente, scelte di fraseggio, con una ricchissima varietà di sfumature, sostenuto da un’orchestra con archi acerbi, appunto una giovanile, della quale si è avvertito eccessivo il divario per intenzione e tecnica, anche nei brani sinfonici proposti a completamento del programma, ovvero la Sinfonia n°1 di Sergej Prokof’ev e la Sinfonia n.4 in la maggiore “Italiana”, op.90 di Felix Mendelssohn-Bartholdy, eseguite in una velata nitidezza dei passaggi e solo un abbozzo di interpretazione, nonostante gli sforzi del direttore. Standing ovation dell’esigente pubblico del Ravello Festival, generosamente ricompensato dai due Capricci del cuore di Giuseppe Gibboni, il XXIV e il V, che non sfida ma insegue, schizza, descrive, enuncia, umanizzandoli, entrando in empatia con la pagina e lo strumento. Appuntamento con Giuseppe Gibboni il prossimo 21 giugno al Teatro San Carlo, dove la Musica, nel suo giorno celebrativo, potrà adornarsi di una delle sue stelle più rilucenti.