di Antonio Manzo
Chissà se avrà fatto in tempo Lina Wertmuller a leggere il libro di Giovanni De Luna sui film che hanno fatto gli italiani ed inciso profondamente sul costume politico ed ideologico con il suo Mimì Metallurgico ferito nell’ onore , film degli anni Sessanta che inaugurò insieme ad altri capolavori della celluloide la stagione “operaista” dell’Italia tra la contestazione studentesca, il movimento operaio e i primi germi del terrorismo e della lotta armata. Perché, la regista che visse tra amore e di anarchia propose un film-metafora del viaggio di un operaio sottoccupato del sud a operaio del nord. “Le dirò una cosa…E forse mi do la zappa sui piedi. Da un grande libro si può fare solo un piccolo film, è dai piccoli libri che si possono fare i grandi film”. Basterebbe questa risposta di Leonardo Sciascia in una intervista a Giuseppe Tornatore per rendere ancor più forte e persuasivo il merito dello storico Giovanni De Luna che nel suo ultimo libro “Cinema Italia” (sarà presentato stasera, sabato, a Battipaglia in un dialogo fra l’autore e Giuseppe D’ Antonio direttore del Festival Linea d’Ombra) ha ripercorso la storia nazionale rivedendo lo scherma delle sale cinematografiche e rimettendo gli occhi degli italiani sui film che hanno fatto la loro vita, il loro modo di essere. Anzi, ancor di più rivedendo la storia dei film con la cinepresa dello storico in grado di catturare sapientemente le scene che hanno indelebilmente segnato vita, costumi e tendenze del popolo italiano. Non sarebbe bastata una vasta indagine sociologica del pure accorsato Censis per ricostruire una immagine del Paese attraverso le scenografie dei tempi e valutare di come gli italiani siano rimasti impressionati e colpiti da film che hanno segnato, forse perfino inconsapevolmente, la loro partecipazione alla comunità nazionale con tutte le speranze e le disillusioni che ha segnato l’ Italia del Novecento. De Luna ha colto in pieno la sfida della possibilità offerta dal cinema di essere “agente di storia” e lo ha fatto da storico di razza con il sistema investigativo dello storico sociale che stavolta ha prestato gli occhiali rigorosamente scientifici per “costruire” o meglio ricostruire la storia nazionale soffermandosi sui comportamenti, le scelte, le abitudini del pubblico che sono nati dalla proiezione dei film. E cosi dopo la proposta di metodo che può guidare alle lettura ci sono dieci capitoli che le consegnano i film che hanno fatto gli italiani: da quelle dei “ telefoni bianchi”, a quelle dell’Italia in camicia nera, dal cinema sulla Resistenza a quello del Sessantotto per finire poi nell ‘ Italia delle illusioni “da bere” a quella tragica del terrorismo. Non è stato solo critico cimenatografico GiovannI De Luna ma ha abilmente prestato un rigore storiografico alla valutazione della incidenza del cinema nella storia degli italiani.