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Sistema Cilento: vertici Dervit restano ai domiciliari

Sistema Cilento: vertici Dervit restano ai domiciliari

Erika Noschese

Resteranno agli arresti domiciliari Alfonso D’Auria e Vittorio De Rosa, rispettivamente procuratore speciale e legale rappresentante della Dervit, la società finita al centro dell’inchiesta della Procura di Salerno per presunti appalti truccati nell’ambito del cosiddetto “sistema Cilento”. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, respingendo il ricorso presentato dagli avvocati Franco Coppi e Aniello Natale. I vertici della Dervit, dunque, restano ai domiciliari: per De Rosa l’accusa è di concorso in turbativa d’asta continuata e corruzione, mentre per Alfonso D’Auria si parla dei soli reati di turbativa d’asta, tutti commessi in relazione ad appalti aggiudicati alla Dervit S.p.A. da parte del Comune di Capaccio-Paestum. La Cassazione chiarisce che “il ricorso per saltum avverso l’ordinanza impositiva di misure cautelari personali è consentito esclusivamente per dedurre il vizio di violazione di legge, come espressamente previsto”. Il ricorso, infatti, contiene una censura di merito alla ricostruzione fattuale del requisito del _periculum_ sotteso all’applicazione delle misure cautelari. “A ben vedere, l’ordinanza impugnata ha fornito un’ampia e argomentata motivazione in ordine alle ragioni fondanti la sussistenza delle esigenze cautelari, confrontandosi anche con la sopravvenuta dismissione dei ruoli societari ricoperti dai ricorrenti” – scrive la Cassazione – “A fronte di una motivazione che, sul punto, non può sicuramente ritenersi meramente apparente, qualsivoglia censura si traduce in una contestazione circa la manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione”. La Suprema Corte parla di “manifesta infondatezza”. Il ricorso, in sostanza, è dichiarato inammissibile e D’Auria e De Rosa sono condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.