di Andrea Pellegrino
Il Tribunale, oltre che a riaprire la strada per la realizzazione del Crescent, ha sancito quel che sostanzialmente c’era scritto fin dalla firma del contratto con le varie imprese aggiudicatarie dei diritti edificatori della mezza luna. Ossia che i soggetti attuatori avrebbero dovuto versare gli oneri di urbanizzazione al Comune di Salerno, facendosi carico della realizzazione di Piazza della Libertà che è l’unica opera pubblica del comparto di Santa Teresa. Ma sullo sfondo restano aperte delle vicende, nonché interrogativi che saranno certamente chiariti in sede processuale. La prima è che quegli oneri sarebbero dovuti essere pagati fin dall’inizio ed invece, anche con l’emissione di nuovi permessi di costruire – dopo le prescrizioni della Soprintendenza di Salerno – la cifra non è stata mai quantificata fino all’ultima decisione del Riesame che aveva respinto la richiesta di dissequestro.
Ed a proposito del nuovo parere della Soprintendenza, acquisito dal Comune di Salerno e deliberato dalla giunta, sulla procedura (già impugnata dall’Autorità portuale di Salerno dinanzi al Tar) qualche dubbio sorge. Dubbio che riguarda il passaggio in Consiglio comunale. La variante infatti è stata solo stata approvata dall’esecutivo cittadino senza la ratifica consiliare. E’ pur vero che si tratta di una variante al Pua (e non necessita del passaggio consiliare) ma l’atto sostanzialmente varia in maniera marcata l’originario progetto di Bofill. E non solo. Va ad incidere soprattutto su edifici pubblici, nonché sulla stessa opera pubblica di Piazza della Libertà. Riprendendo il progetto (semmai c’è stato) nuovo, il Crescent – oltre all’abbassamento di qualche 33 centimetri di altezza – vede completamente tagliati di netto tutti gli edifici pubblici. Quindi le due Torri, l’una del Comune (che avrebbe dovuto realizzare il noto Urban Center affidandolo al soprintendente del silenzio assenso Giuseppe Zampino) e l’altra dell’Autorità Portuale (tra l’altro già destinataria di un finanziamento europeo per la nuova sede), nonché l’edificio destinato alla nuova Capitaneria di Porto. In pratica, ha trasformato quell’intervento in una operazione totalmente privata tale da poter indurre il civico Consesso anche ad una clamorosa bocciatura. Paradossalmente i consiglieri comunali, o qualsiasi altro soggetto, avrebbe potuto presentare osservazioni in considerazione della perdita dell’utilità pubblica dell’intervento. Naturalmente sono solo supposizioni che potrebbero trovare concretezza o meno, solo se mai il Tribunale amministrativo dovesse esprimersi su quanto eccepito dall’Autorità Portuale. Sempre restando al Tar qui pende ancora un ricorso sul permesso di costruire rilasciato per la realizzazione del settore uno del Crescent. Contenzioso fermo alla fase cautelare che ha congelato quel permesso. Ma in questo caso l’ostacolo potrebbe essere superato con il rilascio dei nuovi permessi in capo alla società Crescent srl da parte del Comune di Salerno.
In ultimo c’è un’altra e nebulosa vicenda che meriterebbe attenzione e riguarda la società Sist srl, meglio nota come ex Jolly Hotel che dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) realizzare un pezzo di mezza luna. Al momento della Sist, sebbene proprietaria di una porzione di suolo, non si hanno notizie. Segno che la società potrebbe anche rinunciare alla realizzazione della sua parte, lasciando l’emiciclo monco. Inoltre l’ultima decisione del Tribunale che sblocca il cantiere vedrebbe in capo alla Sist il pagamento di un milione di euro – come oneri di urbanizzazione – per il rilascio del permesso di costruire. Ma anche in questo caso la società non si è mai costituita a favore del dissequestro, nonostante sia, ribadiamo, titolare di un’area di Santa Teresa. Ma nella vicenda penale, la società c’è dentro fino al collo. Basti pensare che i suoi vertici, Chechile compreso, rispondono delle stesse accuse mosse agli altri imputati del processo Crescent che tornerà in aula all’inizio della prossima settimana.