La XLV Sagra della Castagna ospita Mast’ Antonio o’ tammorarro e l’esposizione dei suoi strumenti artigianali
Di PALMYRA AMATO
Campagna castanicola difficile questa dell’ottobre 2016, con un raccolto modesto per l’accanirsi di molteplici avversità, con tutti gli operatori impegnati a perlustrare palmo a palmo i fondi per offrire, comunque, ai visitatori gli ottimi prodotti locali a base di castagne. “Italico albero del pane” definiva G. Pascoli il castagno, a significare l’importanza di questa coltura per le popolazioni montane. La cura dei castagneti e il ritmo delle operazioni colturali per secoli hanno dettato i ritmi di vita e plasmato la cultura locale. “ Non è Ottobre”, mi dicono in paese, “se non si sente nell’aria l’odore delle felci bruciate nella preparazione del sottobosco per la raccolta”… Le operaie anziane puntano lo sguardo nostalgico verso le più ricche annate del passato: “ Ottobre è sempre stato un mese speciale, di lavoro ma anche di grande allegria. Si usciva che era ancora notte, con le luci nelle case, e si rientrava che le luci erano di nuovo accese. E che gioia ricevere in una breve pausa della raccolta la visita dell’ innammorato! Di fronte allo sconcerto per lo scarso raccolto di quest’anno e al mio dubbio ” ma sarò io che le castagne a terra non le vedo? “, un’altra operaia esperta mi dice, col cuore colmo di affetto per questo frutto: “ Se ci sono le castagne si vedono, perché le castagne “lùcen”, non sono semplicemente di colore marrone, ma sono lucenti”. Il lavoro nei fondi è stato sempre accompagnato e sostenuto dai canti e la fine del raccolto festeggiato in comune. Viva è quindi anche la tradizione dei canti popolari, col gruppo folkloristico dei Briganti e Bottari degli Alburni, e quale allora miglior ospite della sagra che Antonio de Lucia, artigiano costruttore di tammorre e antichi strumenti del folklore campano? Antonio ha il suo laboratorio a Ospedaletto d’ Alpinolo (AV), borgo medievale punto di partenza dei pellegrinaggi per il Santuario di Montevergine, anch’essi da sempre accompagnati da musiche e canti fra il sacro e il profano. Antonio si definisce “artigiano musicale e naturale”: Naturale, subito dopo la comunicazione vocale, viene il gesto di percuotere qualcosa con la mano, e così comunicare; naturali sono i materiali che compongono i suoi strumenti: il faggio per le intelaiature delle tammorre, la pelle di capra e capretto, le uniche pelli che “suonano”, il metallo dei sonagli. Antonio mescola sapientemente competenza, modestia, sapere tratto da esperimenti giovanili quando aveva a disposizione come materia prima soltanto la carta dei sacchi di cemento, e segreti carpiti ai più anziani maestri artigiani. Ha così conquistato la fiducia del fior fiore dei percussionisti campani, De Piscopo, Avitabile, Bennato, ad alcuni dei quali ha dato appuntamento per acquisti proprio in questo weekend a Sicignano, con l’auspicio che questi strumenti che, ancora e così fortemente vibrano nell’animo popolare e nella cultura musicale irpina e campana, siano beneaugurali per i prossimi e migliori raccolti delle nostre castagne.