Scegliere i nostri rappresentanti con i bussolotti? Ma chi dice sarebbe peggio? - Le Cronache
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Scegliere i nostri rappresentanti con i bussolotti? Ma chi dice sarebbe peggio?

Scegliere i nostri rappresentanti con i bussolotti? Ma chi dice sarebbe peggio?

di Alberto Cuomo
Negli anni andati, prima del 1994, anno di fondazione della cosiddetta seconda repubblica, diverse persone ritenevano che bastasse schierarsi, anche solo votandolo, con il Partito Comunista per essere riconosciute come “intellettuali”. Il Pci sembrava detenere infatti il primato della cultura e, con Berlinguer, anche quello della morale. In realtà i maggiori intellettuali italiani non erano comunisti, anche se molti di essi, non condividendo i tradizionali valori cattolici, si collocavano nelle aree di opposizione preferendo però definirsi “compagni di strada”, onde intendere un impegno privo di totali compromissioni. Vi era stato un certosino lavorio dei dirigenti del Pci nell’attirare a sé gli intellettuali del ceto borghese e finanche ex fascisti, seguendo l’indicazione di Gramsci, pure inviso ai comunisti italiani e internazionali, circa la creazione di “miti” al fine di costruire una egemonia politica, sebbene i più significativi rifiutassero l’organicità al partito che veniva richiesta. Tra questi Elio Vittorini che, criticato da Togliatti e Alicata per il suo impegno, attraverso la rivista “Il Politecnico”, a riportare i valori del mondo borghese, ovvero della letteratura ritenuta “decadente” (Vittorini era stato traduttore e divulgatore degli scrittori americani) verso l’amicizia con il proletariato, rifiutava decisamente l’organicità pretesa, ovvero di “fare il piffero della rivoluzione”. E, con Vittorini, Italo Calvino, allontanatosi dopo i fatti di Ungheria del 1956, in maniera pubblica, dal Pci, o Federico Fellini, tra l’altro disprezzato dai compagni, o Pietro Germi, Dino Risi, o Norberto Bobbio pure nelle sue simpatie verso la sinistra, o, ancora, Giorgio Galli, Riccardo Muti e tanti altri. Si determinò negli anni 60-70 una sorta di doppia attrazione tra Pci e intellettuali che spinse entrambi all’incontro. Nel corso e dopo il Sessantotto, cioè, mentre il Partito Comunista candidava alle elezioni politiche anche intellettuali eterodossi e non schierati, al fine di intercettare consensi dalle frange alla sua sinistra alcuni di essi elaborarono il cosiddetto “entrismo”, l’ingresso cioè nel partito al fine di scardinarlo dall’interno e costituire una nuova forza politica. Un gruppo tra questi fu quello dei fondatori della rivista “Contropiano”, Tronti, Asor Rosa, Cacciari, Negri, Tafuri, i quali si impegnarono a rileggere Marx coniugandolo, come accadeva anche in Francia attraverso Althusser, Foucault, Derrida, con le critiche di Nietzsche alla borghesia e con il vitalismo di Gentile (a Salerno impegnato in questo senso nella lettura di Dilthey era Giuseppe Cacciatore). Si comprende come già alla fine degli anni Settanta il comunismo italiano, malgrado i successi elettorali, fosse in crisi e come fosse altresì in crisi ogni visione che indirizzando attraverso “mutande ideologiche” (per usare uno slogan del Sessantotto) la lettura delle cose si lasciva sfuggire la realtà. Gli anni Ottanta, con l’edonismo reaganiano e la Milano da bere rappresentarono il canto del cigno, non solo delle idee più tradizionali quanto dello stesso comunismo. La cosiddetta tangentopoli di fatto infierì su un corpo già malato se non in decomposizione, tant’è che l’esito delle indagini dei magistrati non fu nel rinnovamento della sinistra ormai partito di governo, quanto nel suo definitivo seppellimento. Non a caso chi si avvantaggiò della caduta dei partiti per via giudiziaria fu un partito che non si definiva partito per investire invece che la parte, ovvero le vecchie classi, l’intero paese: Forza Italia. Si determinò una nuova intelligenza, ovvero nuovi intellettuali, intesi non tanto nella capacità di elaborare idee, analisi, che intercettassero desideri e bisogni, quanto in quella di fare spettacolo. Il conflitto stesso, quello tra generazioni, classi, economie, paesi, stati, veniva tradotto, attraverso la televisione ed i suoi imbonitori in spettacolo mentre gli intellettuali tradizionali, ormai fuori gioco, tentavano di cavalcare il mezzo televisivo facendosi pubblicitari di se stessi in un amalgama in cui lo scienziato si confondeva con il cantante, il filosofo con il calciatore, lo scrittore con l’interprete delle fiction. Giunge l’era dei Crepet, dei Galimberti, degli Odifreddi, sino ai Burioni ed ai vari infettivologi che hanno assunto ruolo politico durante il Covid. Oggi però anche la funzione comiziale della televisione appare in difficoltà e difatti molti giovani neppure guardano la tivu se non distrattamente. Il nuovo guru dell’intelligenza capace di trascinare le masse, ovvero i fallower, è l’influencer, di solito una femmina, con cui si interagisce facendosi gestire inconsapevolmente. Rispetto a tale evoluzione fanno quasi tenerezza i politici alla De Luca, Renzi, Meloni che si ostinano a scrivere libri che nessuno legge o a lanciare parole d’ordine comprese solo da chi sta in politica, come è per il grido di dolore del governatore della Campania contro l’antimeridionalismo della legge sull’autonomia differenziata, raccolto dalla Schlein ma non dai giovani del Movimento 5Stelle, a parte Conte che giovane, ahimè, non è più. Quale modello di politico o intellettuale tende ad incarnare De Luca con il suo appello alla mobilitazione per il Sud? Non certo i suoi strepiti richiamano il meridionalismo di Dorso o Salvemini essendo anzi il nostro proprio l’esempio del notabile con i piedi al sud e la testa a Roma criticato dai meridionalisti classici. Né pare possa essere un nuovo Masaniello correndo il rischio di farsi sacrificare daii suoi fedelissimi alla maniera del pescivendolo napoletano. E allora, tra libri inutili e ammuina non è certo De Luca o gli altri delle generazioni passate a poter creare nuove fiducie, È indubbio comunque che senza il ruolo consolatorio dei partiti, della televisione e della pubblicità finiremo sbandati a scegliere i nostri rappresentanti con i bussolotti. Ma chi dice sarebbe peggio?