Di Adriano Falanga
La Cassazione, non entrando nel merito delle accuse, non restituisce nulla di nuovo a quanto non già noto fino ad oggi, relativamente all’impianto accusatorio nei confronti dell’ex sindaco Pasquale Aliberti, di suo fratello Nello Maurizio e degli esponenti del clan Loreto-Ridosso. Sarà poi il processo, quando ci sarà, ad entrare nel merito delle contestazioni mosse dal pm ed aprire di fatto il dibattito tra accusa e difesa. Gli ermellini hanno semplicemente assolto alla loro funzione, cioè quella di riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, che risulta essere “argomentata in modo coerente e logico con valutazione probatoria rispondente a criteri di completezza, globalità ed unitarietà dell’esame”. Giuridicamente la Cassazione non “conferma” le accuse, ma le ritiene “ben argomentate”. Quanto basta per legittimare la richiesta di misura restrittiva rimandando tutto al riesame limitatamente alla scelta della misura cautelare da applicare nei riguardi degli indagati. Accuse quindi solide, seppur da provare in sede dibattimentale. Il Tribunale del Riesame ha attribuito rilievo alla circostanza che a veicolare l’offerta del sindaco ed a fungere da elemento di collegamento con il clan fosse lo stesso Andrea Ridosso, fratello di Luigi, individuando nell’aggiudicazione di appalti pubblici la controprestazione per l’impegno elettorale del clan, mobilitatosi in favore dell’Aliberti. La candidatura del Barchiesi nella lista civica Grande Scafati e la sua elezione con 265 voti sono circostanze oggettive, logicamente corrispondenti alle esigenze dell’Aliberti ed in grado di smentirne la prospettazione riduttiva, in quanto la circostanza che uno sconosciuto, estraneo alla politica, risultasse il primo della lista, prendendo più voti del candidato sponsorizzato dal Lupo, in precedenza suo antagonista, è circostanza di non secondario rilievo, specie perché gli consentiva di verificare l’effettiva forza del clan ed il bacino di voti che era in grado di procurargli. La nomina di Ciro Petrucci a vice presidente Acse è ritenuta di centrale rilievo nella ricostruzione del Tribunale del riesame, in quanto salda i due patti elettorali (2013 e 2015) e ne attesta la continuità, in quanto avrebbe consentito all’ACSE, presieduta dal Petrucci, di aggiudicare, un mese prima delle elezioni del 2015, l’appalto alla Italy Service, società del gruppo appositamente costituita nel luglio 2014 (secondo Loreto dietro indicazioni dello stesso Aliberti).
IL COMIZIO DELLA PAOLINO A CASA DI ANNA RIDOSSO
La continuità del patto stipulato nel 2013 con le elezioni regionali del 2015 rischiano di compromettere anche la posizione di Monica Paolino, indagata anch’essa nell’inchiesta ed attualmente consigliere regionale. Se nel 2013 Aliberti rappresentava contraente e beneficiario di questo patto, nel 2015 è la consigliera regionale e moglie dell’ex sindaco ad averne beneficiato, essendo lei candidata. La conferma specie dalla riunione elettorale organizzata presso l’abitazione di Ridosso Anna il giorno prima delle elezioni, di cui si ha riscontro nei contatti telefonici con il Petrucci e tra questi e i Ridosso. Circostanza confermata anche dalle dichiarazioni di Pasquale Coppola “Loreto mi fece presente che la sua organizzazione voleva sostenere anche la mia candidatura oltre quella della Paolino. Io fui sorpreso in quanto era fatto notorio e pubblico che i Loreto-Ridosso stessero appoggiando la Paolino, moglie di Aliberti”. Secondo la Cassazione “il Tribunale ha ritenuto che le dichiarazioni del Coppola riscontravano quelle del Loreto e dimostravano che il clan offriva il proprio sostegno elettorale solo in cambio di favori, come contestato dall’accusa, né può porsi in dubbio che il sindaco potesse incidere sulle decisioni di aziende controllate dal comune”. In questa circostanza viene anche configurato l’uso del metodo mafioso, perché i partecipanti al comizio della Paolino furono “addirittura prelevati ed accompagnati fisicamente presso l’abitazione di Ridosso Anna”.