Di Adriano Falanga
Era il 1995, Scafati dopo due anni di commissariamento straordinario aveva un nuovo sindaco, Nicola Pesce, socialista e già veterano del consiglio comunale prima dello scioglimento per infiltrazioni mafiose. Il dottore, noto cardiologo scafatese, non era soltanto il primo sindaco della nuova “era” post scioglimento, non era il primo sindaco eletto con la nuova legge elettorale, che introduceva il voto diretto del primo cittadino da parte degli elettori, Pesce fu anche il primo sindaco non democristiano dopo quarant’anni interrotti di predominio della Dc, che a Scafati ha sfornato anche illustri politici diventati deputati o senatori. Fin dall’avvento della Repubblica, Scafati aveva eletto sempre esponenti di estrazioni popolare cattolica, ben diciassette, da Vincenzo Scarlato, eletto nel 1952 a Domenico Pagano, sindaco che sarà coinvolto nello scioglimento del consiglio comunale del 1993. Dopodiché due anni difficili, che sono restati nella memoria storica degli scafatesi, e che, purtroppo, rischiano seriamente di ripetersi anche oggi. La città è commissariata e il sindaco dimissionario, su cui pende una richiesta d’arresto emessa dalla Procura antimafia di Salerno. Sarà la Cassazione a decidere, si spera in tempi brevi. Sullo sfondo i rapporti, veri o presunti, con esponenti della criminalità locale.
Nel 1993 come oggi, a risuonare è un cognome: Loreto. Ieri come oggi sono le dichiarazioni del vecchio boss Pasquale Loreto a scoperchiare un sistema in cui arrivano a collimare politica e camorra. Dallo scioglimento del 1993, dopo vent’anni di processi, non si è avuto un solo colpevole: Tutti assolti e/o prescritti. Oggi a inguaiare l’ultima amministrazione comunale è anche il figlio del vecchio boss: Alfonso. Padre e figlio sono entrambi protagonisti sia del primo che dell’ultimo periodo buio della città. Nei giorni a venire racconteremo lunghi passaggi su quel periodo, pubblicando ampi stralci della relazione redatta dalla commissione d’accesso prefettizia, che convinse l’allora ministro degli Interni a decidere per lo scioglimento straordinario. Attualmente, la commissione d’accesso che ha operato a Palazzo Mayer da marzo a settembre, ha emanato lo stesso verdetto, sul quale però si attende ancora le decisione del ministero.
Una spada di Damocle che tiene la città col fiato sospeso. Unica certezza, per ora, sono le dimissioni di Pasquale Aliberti e il subentro del commissario, Prefetto Vittorio Saladino (in foto). Il 1993 fu però solo l’epilogo di un lungo periodo di speculazione edilizia, perché è questa che comportò la fine forzata della consiliatura. Una speculazione figlia del Piano di Fabbricazione (poi Piano Regolatore, oggi Puc) approvato, curiosamente, all’unanimità alla fine degli anni 70. Indici di fabbricazione molto alti, che permisero alla città di cambiare radicalmente volto. “Infatti, dei circa 30 mila abitanti dell’anno 1985, si arriva oggi ad una presenza di circa 60 mila cittadini fra residenti e domiciliati” si legge nella relazione della commissione d’accesso guidata dal dottor Felice De Prisco, e in cui era componente anche Vincenzo Amendola, oggi vice Prefetto e a capo dell’ultima commissione. A differenziare le due commissioni è la durata dell’insediamento, dal 12 gennaio al 12 febbraio 1993 allora, dal 22 marzo al 22 settembre 2016 oggi. Su Palazzo Mayer aleggia l’accusa di voto di scambio politico mafioso, dietro promessa di appalti pubblici. I motivi scatenanti nel 1993 invece furono principalmente due: il servizio di refezione scolastica di dubbia gestione e le irregolarità rilevate nel settore dell’edilizia pubblica, con la falsificazione dei protocolli. Questo portò all’arresto del sindaco e di alcuni assessori. Un lunghissimo processo che alla fine non ha prodotto colpevoli. Resta però lo “scempio” urbanistico che oggi genera i disagi più importanti che attanagliano la città: allagamenti, crisi delle aree verde, scomparsa del comparto agricolo, traffico veicolare, assenza di importanti infrastrutture. Nei giorni a venire, Cronache ripercorrerà, attraverso la ricostruzione fatta dalla commissione di accesso del 1993, le tappe che comportarono il primo scioglimento per infiltrazione mafiosa del Comune di Scafati.