Di Adriano Falanga
La lunga vicenda giudiziaria scafatese oltre alle dichiarazioni dei pentiti e alle indagini dell’antimafia, restituisce anche altre verità su aspetti politici considerati certi. L’assessore Diego Chirico ad esempio, eletto consigliere comunale per la prima volta tra le fila della civica Azzurri, è stato fin da subito considerato espressione elettorale della famiglia Longobardi. L’assessore allo sport della giunta Aliberti è infatti nipote di Nello Longobardi, storico imprenditore conserviero e patron dello Scafati basket, che tanto lustro ha dato alla città. Longobardi oggi è finito al centro delle dichiarazioni di Alfonso Loreto, che lo dipinge come persona “vicina” al clan. O quanto meno “collaborativa”. Lo stesso imprenditore avrebbe confermato anche le dichiarazioni del pentito che descrivono il “patto elettorale” tra la famiglia Aliberti e i Ridosso. Una circostanza che ha sollevato non pochi problemi per il primo cittadino, e che avrebbe convinto il pm Vincenzo Montemurlo a richiedere la misura degli arresti per il sindaco e il fratello Nello, respinta, com’è noto, dal Gip Donatella Mancini. Longobardi ha più volte fatto sapere che in questa vicenda lui è parte offesa, contestando quei verbali che dimostrano invece una sorta di connivenza. Chiaramente, sarà la magistratura ad accertarlo. Fatto sta, dicevamo, che un risvolto politico sembra già emergere, ed è la presa di distanza dal noto dell’imprenditore, sia del primo cittadino, che pure lo aveva voluto alla vice presidenza dell’Acse, che dello stesso Chirico. Quest’ultimo ha smentito di essere stato eletto con i voti dello zio. “Nel 2013, assieme a mia moglie ed un gruppo di amici veri, decidemmo di sposare il progetto Orgogliosi di Scafati, che vedeva in un politico giovane, serio e pulito il punto di forza, la prima cosa che gli dissi quando lo conobbi fu: “Piacere Signor Sindaco, mi chiamo Diego Chirico e sono un giovane avvocato appassionato dalla politica” – ha raccontato a Cronache l’assessore – per me oggi non è cambiato niente, credo sempre nella politica e nel progetto del Sindaco. Anzi ci credo anche più del 2013, visto che ne faccio parte da oltre 3 anni”. Chirico ha poi replicato: “soprattutto in questo momento storico, sarei curioso di sapere cosa pensa di me il sindaco”. Presto detto, perché il giorno dopo Pasquale Aliberti non ha mancato di farglielo sapere: “L’avvocato Chirico ha tutta la mia stima personale, politica e professionale. Ha lavorato in questi anni sempre in piena autonomia e senza ingerenza alcuna di familiari o di altro tipo. La mia ammirazione nei suoi confronti si è rafforzata nel 2013, quando, in occasione delle elezioni amministrative decise di candidarsi nelle mie liste pur avendo la contrarietà pubblica del signor Nello Longobardi, suo zio, grande riferimento in questi anni per lo sport scafatese – svela oggi il primo cittadino – Da allora, in qualità di assessore si è sempre prodigato per la Città con serietà, impegno e passione. Ritengo pertanto ingiustificato qualsiasi attacco rivolto alla sua persona o al suo ruolo politico. A lui tutta la mia solidarietà, consapevole e certo della sua integrità”.
ACCORDO SU SCONTO TARSU, LA DIFESA
Quanto alla famosa transazione legale che avrebbe “favorito” Longobardi, è l’avvocato Francesco Romano, ex responsabile dell’Avvocatura, a chiarire i fatti. “La transazione tra l’Ufficio Legale dell’Ente e la Longobardi Aniello srl è stata sottoscritta in data 20/5/2014 quando all’epoca assessore all’Avvocatura era la dott.ssa Ugliano e non l’Avv. Diego Chirico. Per le transazioni non è obbligatorio il passaggio in Giunta Municipale in quanto l’Ufficio Avvocatura ed il suo Dirigente hanno la facoltà ed il potere di effettuare transazioni come statuito anche dalla delibera di G.M. n.106 del 29/04/2014”. Corregge la cifra della transazione l’avvocato Romano: “L’importo transatto non è di euro 250 mila ma di euro 200 mila a fronte di una sentenza di condanna per l’Ente ad euro 272.062,18 oltre interessi e rivalutazione monetaria dal 1/7/2012 e spese legali per euro 7.500,00 oltre Iva e Cpa. Considerando gli interessi, la rivalutazione monetaria, le spese legali di soccombenza e le spese di registrazione il risparmio per l’Ente si attesta in oltre euro 100 mila e non in euro 20 mila come affermato. Il termine esenzione utilizzato è improprio in quanto la ditta Longobardi srl ha proposto una compensazione con i crediti tributari dell’Ente, procedura peraltro consentita da norme e regolamenti. L’Ente non aveva l’obbligo di proporre appello. E’ stata fatta una attenta valutazione dei costi e benefici. Un appello favorevole avrebbe solo ridotto la cifra ma questo beneficio si sarebbe annullato con la maggiorazione di interessi e rivalutazione sulla cifra che sarebbe stata statuita dalla Corte di Appello. Senza considerare l’alea del giudizio che, in caso di soccombenza e posto che la decisione si sarebbe avuta tra circa 5 anni, avrebbe potuto condannare l’Ente ad una cifra ragguardevole”. Anche lo stesso Longobardi ha voluto chiarire: “non è esatto dire che non pagheremo le tasse per quattro anni, perché la transazione prevede uno sgravio di 50 mila euro l’anno per quattro anni. L’azienda ne paga molti di più, metto a disposizione i libri contabili per dimostrarlo”. Non sarebbe stato l’unico a beneficiarne: “non vedo perché, tra una lunga serie di transazioni simili, solo io debba passare per il favorito. E poi per cosa? Avevamo già vinto in primo grado, avrei potuto anche non accettare invece la decisione ha comportato un risparmio per l’ente di circa centomila euro. Dovrei avrei avuto privilegi?” chiosa l’imprenditore.