San Matteo: per tutti i tuoi figli l'eterno gioir - Le Cronache
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San Matteo: per tutti i tuoi figli l’eterno gioir

San Matteo: per tutti i tuoi figli l’eterno gioir

 

Bagno di folla per il Vescovo Andrea Bellandi al suo debutto nei festeggiamenti patronali.

Di OLGA CHIEFFI

Anno domini 1544: il grande ammiraglio turco Ariodeno Barbarossa, con il favore del mare calmo, il 27 giugno annera con la sua flotta di navi e galee, il Golfo di Salerno. L’imminente saccheggio allarma le città di Amalfi e Salerno dove gli abitanti cercarono riparo lontano dai luoghi urbani. Tutto il popolo salernitano si rifugiò in parte verso la Cattedrale e in parte verso le mura per difendere la città. A pochi istanti dallo sbarco, quando  la flotta era ormai in prossimità della linea di costa, un fortissimo temporale affonda le navi dell’ardito navigatore, che incappa in quelle tempeste improvvise, in quei repentini cambiamenti di vento che mettono in grande difficoltà quanti navigano a vela, incrociando ancora oggi nel nostro golf . E’ questo il miracolo che è effigiato nel Panno che campeggia sull’entrata principale della Cattedrale. Ieri, in quella luce particolare, quando il sole cede alla luce della luna, il Panno, preceduto dal preziosissimo Braccio di San Matteo, è uscito dalla cripta, in processione, sulle note di Giocondità, eseguite dalla banda dell’Associazione Musikè di Pellezzano, per raggiungere l’atrio del Duomo e segnare così, l’inizio del mese di preparazione al grande rito del 21 settembre. La parola è stata presa da Don Michele Pecoraro, il quale ha “iniziato” a questa particolare festa, molto sfaccettata, il nostro nuovo Vescovo , Monsignor Andrea Bellandi, augurandoGli tanti anni di grazia, qui, sulla cattedra di Matteo. E’ semplice e diretta la parola del Parroco del Duomo. “Matteo – ha tuonato Don Michele – significa “Dio ha dato” ed è un dono di Dio. Perché diciamo Panno e non drappo? Perché il drappo è salottiero, mentre il panno è povero, umile e di uso comune, serve per pulire, pulisce dal Peccato. Ed è per questo che, in questo mese, dovremo accostarci ai Sacramenti della Confessione e della Riconciliazione. Inoltre, il Panno protegge, e questo in particolare, veglierà sulla nostra vita e sulla nostra fede”. L’intervento di Don Michele si è concluso con il saluto a Don Luigi Moretti e con l’augurio di pronta guarigione, con una citazione del discorso di San Giovanni Paolo II quando fu qui a Salerno sulla tomba di Papa Gregorio VII, il quale riferendosi al Vangelo secondo Matteo, affermò come sia quello che induce a profonda riflessione e commozione. Don Michele ha, quindi, con voce sicura, accompagnato dalla banda, elevato l’Inno di San Matteo. La parola è poi, passata al Vescovo. E’ questo il suo attesissimo debutto ufficiale. Il primo saluto è stato rivolto alle autorità civili e militari. Tra la folla, infatti una rappresentanza della Guardia di Finanza che ha scortato il panno, mentre il vessillo della città è stato scortato da donne, Eva Avossa, Antonia Willburger, Paky Memoli. Il  Vescovo ha sottolineato che questa è la sua prima Alzata del Panno e ha espresso la volontà di farsi discepolo di Matteo, come il suo popolo in adorazione. “Salerno è mia e io la difendo” il motto di San Matteo e l’analisi moderna di Andrea Bellandi è che se a metà del 1500 il pericolo veniva dal mare, oggi il pericolo non viene dalle onde e dalle spiagge, ma è nell’indifferenza, nella chiusura, nel sospetto, nel voler edificare mura, nello scettiscismo e, in particolare, nello smarrimento della speranza. Ritrovare la speranza significa ritrovare la fede. La vita non è facile, le malattie, gli ostacoli, le scelte sbagliate, le cadute, ci sono, ma la speranza non deve mai morire. “San Matteo deve farci sperimentare le beatitudini del Vangelo e la volontà di ricercarLo non deve durare solo un mese, ma l’intero anno. Ricordate che l’altro, il diverso, è sempre un bene ed è un’occasione unica di tirare il meglio da se stessi, quindi no agli egocentrismi, agli egoismi, alle invidie, che sono l’anticamera dell’Inferno, delle divisioni”. Significativo lo stemma episcopale scelto da Monsignor Bellandi, che campeggia al lato del Panno, insieme a quello di Papa Francesco: una penna d’oca per scrivere, dei grappoli d’uva e la spiga che inorgogliscono i campi se ben curati, iconografia dell’Eucarestia, al centro un segno azzurro, l’acqua, purificatrice il mare,  il suo fiume, simbolo di cultura e civiltà, l’oro la nobiltà, l’argento, la verità e la giustizia, il motto “Visus est et vidit”, sintesi dell’incontro di Gesù e Zaccheo, attraverso la lente di Sant’Agostino. Finale con bengala, cascate, ventagli, fuja fuja, segno che, forse, le polemiche su entrate, fuochi, e giravolte, per quest’anno saranno in minor tune.