Salerno Letteratura, i conti non tornano - Le Cronache Ultimora
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Salerno Letteratura, i conti non tornano

Salerno Letteratura, i conti non tornano

Alberto Cuomo

 

L’edizione di quest’anno del festival “Salerno Letteratura”, appena concluso, esige l’interpretazione del manifesto che lo ha annunciato. Al centro vi campeggia l’immagine di una vecchia macchina da scrivere, non la piccola Underwood di Hemingway e tantomeno la ‘Lettera 22’ il cui elegante design modernista sarebbe stato fuori contesto per una kermesse che vuole apparire d’altri tempi, essendo invece invischiata nel marketing contemporaneo (forse sarebbe meglio dire, per analogia anche con i voluti tempi andati, marchette) quanto una Adler Favorit del ’35. All’immagine si aggiungono uno slogan da sessantottini andati a male che recita “letteratura come contropotere” e una frase tratta dal testo di una canzone di Francesco De Gregori, “La donna cannone”: “in faccia ai maligni e ai superbi”. Tre indicazioni che incuriosiscono e che invitano a scrivere. Ebbene, chi ha scelto quella macchina da scrivere, che non deve essere quella usata nelle sedute spiritiche in cui era presente Thomas Mann, ha una bella faccia tosta a collegarla con il contropotere. Infatti la fabbrica della Adler, presente a Francoforte dalla fine dell’Ottocento al 1945, produceva anche biciclette, motociclette e automobili il cui numero annuale superava quello delle Mercedes. Con la guerra produsse poi motori e veicoli semicingolati per la Wehrmacht utilizzando lavoratori dei campi di sterminio. Ancora nel 1945, il 24 marzo, 400 prigionieri di Hanau, Schlüchtern, Fulda e Hünfeld che lavoravano nella fabbrica vennero fatti marciare in una Todesmarsch (marcia della morte) verso il campo di concentramento di Buchenwald. Sarà questo il “contropotere” che ispira l’organizzatrice del festival, Ines Mainieri? Oltretutto chi ha ritenuto che la letteratura possa essere un contropotere deve essere veramente sprovveduto, non Carillo, non Di Paolo i quali scelgono i protagonisti della manifestazione che, già per il fatto di pubblicare per case editrici note non possono dirsi oppositori del potere. L’interrogazione sulla possibilità per la letteratura di agire un contropotere venne posta negli anni intorno al sessantotto nel dibattito che vedeva schierati da un lato i compagni più vicini al Pci, Moravia, Pasolini, Maraini, Guttuso, cosiddetti neorealisti, illustratori delle alienazioni proletarie e borghesi, chiamati dagli oppositori “pifferi della rivoluzione”, riuniti intorno alla rivista “Nuovi Argomenti” e, dall’altro, potremmo definirli troppo sinteticamente gli “strutturalisti” Eco, Sanguineti, Arbasino, Balestrini, redattori di “Quindici”, “Marcatre”, “Il Verri”, “Aut Aut” che indagavano la possibilità per la stessa scrittura di operare una rivoluzione delle strutture linguistiche tali da mutare nei “tempi lunghi” anche la società. I due gruppi furono entrambi fallimentari e se il terrorismo politico degli anni settanta rese ridicole le velleità del primo gruppo, gli studi linguistici affrontati dagli autori del secondo gruppo consentì loro di scalare i vertici delle case editrici e le cattedre universitarie. La vocazione esposta nel manifesto del Festival della letteratura è quindi vuota, del tutto estranea al nostro tempo, tanto più che viene da chiedere quale sia il potere contro cui la scrittura dovrebbe agire. Il governo Meloni? Trump? In realtà a Salerno, dove si confina la manifestazione da strapaese organizzata dalla Mainieri, l’unico potere che si conosce è quello dei “cacicchi” di Vincenzo De Luca, amico della signora cui eroga molto denaro. Che la signora Mainieri voglia far ribellare gli scrittori contro lo strapotere del sistema deluchiano che la protegge? A questo proposito in tutti gli anni della manifestazione non è stato dato dalla Mainieri il rendiconto del denaro erogato e speso. E pure si tratta in gran parte di denaro pubblico sì che sarebbe giusto i cittadini sappiano in che modo è stato utilizzato il loro conquibus, oltre la dovuta rendicontazione agli enti amici: si spera che la magistratura contabile voglia rendere edotta la città sulle spese delle varie sagre e, tra esse, Salerno Letteratura. Più problematica per l’interpretazione è la frase “in faccia ai maligni e ai superbi” che nel testo di De Gregori allude ad un anelito di libertà. Di solito il maligno è individuabile in Satana. E il diavolo è altresì superbo, geloso di Dio tanto da allontanarsi da lui. Sebbene “in faccia” implichi il voler essere franchi, sinceri, espliciti, qui sta probabilmente per “alla faccia” e pertanto la frase deve avere un senso apotropaico contro eventuali diavoli che osteggino la manifestazione. Qualcosa di simile era nell’usanza delle cosiddette vaiasse delle Fornelle, anche dette fornellesse, mogli e amanti che un tempo abitavano in promiscuità il quartiere del centro storico. La convivenza nei bassi, che determinava per i sociologi l’unità di vicinato, era anche foriera di conflitti e gelosie da cui ci si guardava con modi analoghi. Se quindi all’esterno sulla porta di casa si apponevano corna di animali vari, quasi a dire che in quell’abitazione la donna non era fedigrafa, dal momento le corna dovevano ricercarsi altrove, all’interno, immediatamente dopo la porta vi era di solito il fronte di una casetta in ceramica, o solo una mattonella, con l’iscrizione “chi vò o male e chesta casa addà crepà primme che trase” e, in questo senso, la frase di Salerno Letteratura rivela il timore dell’organizzazione circa la possibilità che essa possa decadere pur oltre il decadimento attuale. E del resto già la manifestazione di quest’anno vede figure di secondo e terzo piano, diversi salernitani sconosciuti oltre Vietri, e presunti scrittori i cui testi devono essere appioppati ai superficiali bagnanti estivi secondo la politica delle case editrici che hanno ridotto il libro a prodotto di consumo, imposto alla vendita attraverso la quantità delle copertine colorate in bella mostra nei grandi negozi librari che non per la qualità della scrittura.