L’area è vincolata, la procedura di vendita potrebbe non essere corretta. Sono i dubbi sollevati dal capogruppo di Forza Italia al Comune di Salerno, Roberto Celano, che ha presentato un’interrogazione al sindaco Vincenzo Napoli in merito alla vendita, a beneficio dell’Hotel Salerno Srl, del lotto fondiario denominato Area Prog. 1/b, Lotto 1, esteso mq. 1.355 in catasto al fol 69, part. 251, ovvero l’ex cementificio di Foce Irno, al prezzo di 6.300.000 euro con piena proprietà e la destinazione a “direzionale/terziario – commerciale/turistico-ricettivo”. Celano evidenzia che tali terreni erano vincolati a soddisfare esigenze produttive, sociali o pubbliche, come stabilito dalla normativa ex art. 21 della Legge 219/81 e dall’art. 8 della Legge 28/10/1986 n. 730. La destinazione originale dei suoli ex Italcementi era classificata come “zona omogenea A” per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e “recupero standard” per verde pubblico e parcheggi. La vendita recente a privati, con finalità commerciali e turistico-ricettive, sembra quindi essere in contrasto con gli impegni originari. «Il Comune di Salerno, con successivi atti deliberativi, ultimo del 16/07/1993 n. 40 a firma del Commissario Straordinario, approvato con Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania del 13/07/1994 n. 7265, dichiarò di vincolare l’intero compendio immobiliare alle destinazioni emergenti dal Certificato Urbanistico allegato all’atto di acquisto – si legge nell’interrogazione presentata dal consigliere comunale – Il Certificato di Destinazione Urbanistica del 01/08/1995, prot. 9100/562/95, destinava i suoli ex Italcementi a “zona omogenea A”, per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria soggetti a specifici vincoli, e a “recupero standard”, per verde pubblico e parcheggi». Nella premessa del richiamato atto di acquisto risulta precisato che: “il mantenimento di detta destinazione è considerato dalle parti elemento essenziale per la formazione delle rispettive volontà negoziali”, dunque un bene destinato a pubblica utilità tanto che l’importo pagato dovrà essere detratto dal contributo concesso all’Italcementi. Da qui la richiesta di sapere se la vendita a privati non possa configurarsi come atto posto in essere in violazione dell’’animus contrahendi’, cioè dell’elemento psicologico che aveva indotto a compiere l’acquisto e che, con riferimento alla destinazione indicata nel Certificato di Destinazione Urbanistica, appare chiaramente espresso nella dizione contrattuale: “il mantenimento di detta destinazione è considerato dalle parti elemento essenziale per la formazione delle rispettive volontà negoziali”; se la diversa destinazione attribuita alle citate particelle non possa configurare l’ipotesi di violazione della ‘causa’ alla base di quella transazione, intesa come funzione economico-sociale che si intendeva perseguire; se tale diversa destinazione non possa essere fonte di negative conseguenze a carico dell’Ente, sia economiche che finanziarie, per il venir meno delle motivazioni che consentirono l’applicazione dell’art. 21 della Legge 219/81, circa i fondi versati all’Italcementi, e dell’art. 1 del DPR 131/86, circa l’esclusione dall’Imposta di Registro, oltre che per possibili vertenze che cittadini e comitati potrebbero avviare nei confronti del Comune per il mantenimento della pubblica utilità dell’area; quali atti sono stati posti in essere per variare la destinazione delle particelle rispetto alla originaria previsione contrattuale. L’esponente forzista chiede inoltre di sapere se questa «forzata e ingiustificata alienazione dell’area pubblica di Piazza Salerno Capitale, destinata “da contratto con la Italcementi a standard urbanistici” a servizio degli insediamenti residenziali esistenti si configuri come una aperta violazione della Legge n. 765/67 (che obbliga l’Amministrazione Comunale al rispetto della quantità minima di standard urbanistici “rigorosamente all’interno di ciascuna zona territoriale omogenea”), esponendo il Comune ad una pericolosa serie di ricorsi e azioni legali, già preannunciate, da parte dei cittadini interessati che vedono concretizzarsi un danno reale e significativo». Da quanto emerge, la Soprintendenza nulla avrebbe fatto fino ad ora, autorizzando «questo scempio» che priva interi quartieri della vista del mare ed esponendo anche al rischio di motivate e più accese contestazioni, già in corso da tempo. L’esponente forzista chiede dunque all’amministrazione Napoli «se la vendita per finalità private di beni acquisiti per essere destinati a funzioni di pubblica utilità nell’interesse dei cittadini, non possa configurarsi come avvenuta in aperta violazione del diritto degli stessi ad una gestione trasparente delle ricchezze comuni nel rispetto delle fondamentali esigenze di vita».
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