di Salvatore Menoli
Per tutta la mia vita politica sono stato fortemente critico contro la Napoli politica e la sua arroganza che si concretizzava in una ripartizione di investimenti molto mediocri per Salerno e provincia. Nondimeno ho avversato Avellino politica, la sua monolitica organizzazione in squadra che penalizzava Salerno ed il suo collegio elettorale. Appartenevo al partito di maggioranza relativa e nel 1990 fui il secondo eletto con poca distanza dal capolista Paolo del Mese, Ministro ad interim del Governo Andreotti. Ci sono interventi chiari di questa mia posizione politica in tanti interventi, nei Congressi della Democrazia Cristiana provinciali e regionali, in Consiglio Comunale di Salerno, sulla stampa ed in qualche libro che ho pubblicato. In sintesi il mio pensiero si riporta ad una ricerca e difesa di una “salernitanità” per la quale impegnarsi, lottare, crederci fino a mettere in luce tutto il patrimonio ricco di identità, storia, cultura, tradizioni, che ha fatto dell’intero territorio un angolo di paradiso, apprezzato nel mondo. Amalfi, il mare e la sua repubblica, la Scuola medica e la prima donna medico Trotula de Ruggiero nell’anno mille, la dieta mediterranea scoperta da Ancel Keys, la immensa cultura dell’agro sarnese nocerino, con Nocera Superiore e la sua storia che risale al VI secolo a.c., San Matteo e la sua Cattedra, gli etruschi dal IV sec a.c., i Normanni con Roberto il Guiscardo con Salerno che diventa capitale del Principato e i Longobardi con il principe Arechi e la opulenta Salerno, Paestum, la città fondata dai Greci, ed il Cilento, Sapri ed il Risorgimento, Padula, la Certosa e i resti dei 300 e tante cose che non per dimenticanza evito di richiamare, fino ad arrivare a Salerno Capitale d’Italia.
Tutto richiama una salernitanitá singolare, un compendio che ha riempito la storia di identità e di ammaestramenti.
Solo il calcio ha diviso sempre. Salernitana, Cavese, Nocerina e Paganese… un’eterna lotta di quartiere, divisioni, odi e danni sociali.
Non sarò io il cantore di Salerno, almeno per competenza, ma ne difendo l’identità unitaria, non per rinchiudermi in un recinto ma per caricarmi di responsabilità.
Sento forte che la salernitanità parla alla storia e sollecita identità responsabili. Per le tracce lasciate nella storia.
Ho difeso i colori della mia città, per quel sentimento filiale che mi accomuna a tanti salernitani. Difenderla non ha mai significato non riconoscere i meriti altrui. Di Napoli ne ho sentito il profumo della sua gente, dei suoi musei e biblioteche, dei monumenti e delle chiese dove mi sono perduto a ricercare la voce della storia, quella che carica di emozioni e di motivazioni, quella borbonica e quella liberale.
Anche dei politici irpini da cui ho sempre preso le distanze, con decisione, ho apprezzato la loro scuola politica e la loro capacità d’imporsi con contenuti e metodo.
Nel calcio come famiglia abbiamo un legame difficile con la salernitana. Molto vicino a Plaitano che fu colpito da un proiettile sugli spalti del Vestuti c’era mio padre. Scampò per poco quel proiettile che gli lasciò, insieme alla tristezza per la morte di un salernitano amico, l’amaro in bocca fino a condizionarne per sempre la partecipazione alle partite e l’accesso allo stadio ( per tutta la vita!). Cronaca ascoltata tante volte in famiglia. L’amore per la Salernitana é stato sempre costellato da delusioni e dispiaceri, come la terribile esplosione di una bomba carta ad opera di tifosi salernitani nel nuovo stadio Arechi durante il match Fiorentina-Grasshopper, con ferimento di giocatori della fiorentina e del quarto uomo. Inutile dire del dispiacere per l’incendio del treno nel 1999, di ritorno da Piacenza in quello che fu il dramma della Galleria Santa Lucia, provocato dagli ultras della tifoseria, come si ritenne. Insomma di dispiaceri ne sono stati collezionati molti. Potevamo quest’anno evitarci una eccessiva impulsività contro la tifoseria e la squadra del Napoli. Sebbene le circostanze riconoscano a Salerno molti torti subiti, purtroppo non c’é stata quella reazione tipica della salernitanità prudente, intelligente e lungimirante. Sono stati commessi molti errori e, dunque, con la forza della storia che ci sostiene speriamo che si possa guardare ancora lontano, coniugare energie di una Regione che deve unire, sperare in un ruolo forte e credibile di rilancio di tutto il Sud. Possibilmente senza nasconderci dietro il mito di una città europea che non c’è!