Salernitana. La nutrizionista: Riso, cibo ad alto rischio - Le Cronache Ultimora
Ultimora Salernitana

Salernitana. La nutrizionista: Riso, cibo ad alto rischio

Salernitana. La nutrizionista: Riso, cibo ad alto rischio

di Erika Noschese

 

 

Un allarmante episodio ha recentemente scosso il mondo del calcio italiano: ben 21 membri tra giocatori e staff della Salernitana sono stati colpiti da una sospetta intossicazione alimentare dopo la partita contro la Sampdoria. L’accaduto ha avuto ripercussioni immediate, costringendo la squadra ad annullare gli allenamenti e a chiedere il rinvio della cruciale partita di ritorno dei playout di Serie B. Questo evento non solo solleva interrogativi sulla sicurezza alimentare, ma mette anche in evidenza l’importanza critica di una nutrizione impeccabile nell’ambito sportivo professionale. Per approfondire come un’intossicazione alimentare possa compromettere la performance atletica e per comprendere l’essenziale ruolo di una dieta mirata nel recupero e nel mantenimento della salute degli atleti, abbiamo intervistato la dottoressa Amelia Fortunato, biologa nutrizionista con una specializzazione di spicco in nutrizione sportiva e disturbi alimentari. Con la sua esperienza, la dottoressa Fortunato ci aiuterà a fare luce sulle dinamiche nutrizionali che possono fare la differenza tra il successo e il fallimento, non solo sul campo da gioco, ma anche nella salvaguardia del benessere a lungo termine degli atleti.

Considerando che il pasto incriminato era a base di riso e consumato in viaggio, quali sono i rischi specifici legati alla conservazione e al trasporto del cibo per gli atleti, specialmente dopo uno sforzo fisico intenso come una partita?

«Esistono rischi specifici legati alla conservazione e al trasporto del cibo per atleti, specie dopo una partita. Il riso, in particolare, è un alimento ad alto rischio microbiologico se non conservato, trasportato e refrigerato correttamente dopo la cottura. Il principale pericolo è rappresentato dal Bacillus cereus, un batterio che può produrre tossine termoresistenti».

In che modo un’intossicazione alimentare di questa portata può influire sulla performance fisica e sul recupero degli atleti, specialmente a pochi giorni da una partita cruciale come quella di ritorno dei playout?

«Un’intossicazione può compromettere lo stato di idratazione e il bilancio elettrolitico, specie se si presentano vomito e diarrea, portando molto presto a spossatezza e crampi muscolari, oltre ad un assorbimento dei nutrienti che risulterà alterato nei giorni successivi».

Quali sono le linee guida nutrizionali standard per le squadre sportive in trasferta, in particolare per quanto riguarda la selezione dei fornitori di cibo e le procedure di controllo qualità?

«Le squadre professionistiche devono affidarsi a strutture/ristoranti/catering, con certificazioni HACCP verificate, oltre che di professionisti (nutrizionista, medico) che supervisionino conservazione e distribuzione. In alcune squadre di alto livello, si impiega anche un cuoco personale o team nutrizionale mobile composto da nutrizionisti sportivi».

Oltre al recupero fisico, quali sono le implicazioni psicologiche di un evento del genere sui giocatori e sullo staff? E come una nutrizionista sportiva può supportare il loro benessere mentale in situazioni simili?

«Un’intossicazione alimentare può avere ripercussioni psicologiche importanti, specie se a poca distanza da una gara importante: stress, vulnerabilità, ansia da prestazione, sfiducia nella gestione del team, timore di mangiare nuovamente prima della gara, sono solo alcune delle emozioni che potrebbero provare gli atleti. In questo senso, il/la nutrizionista sportiva può dare sostegno fornendo informazioni chiare e trasparenti e lavorare in sinergia con lo psicologo dello sport. Inoltre, può contribuire alla costruzione di una routine nutrizionale stabile e rassicurante anche in trasferta».

In un contesto di emergenza come questo, quali strategie nutrizionali immediate si dovrebbero adottare per mitigare gli effetti dell’intossicazione e accelerare il recupero, tenendo conto delle esigenze specifiche di atleti professionisti?

«In fase acuta (quindi al momento dei sintomi) è fondamentale reidratarsi con acqua e soluzioni saline, prediligere un’alimentazione senza condimenti difficilmente digeribili (riso bianco ben cotto, banane, patate, carote bollite), e potrebbe essere utile adottare la strategia del mangiare poco e spesso, per evitare di sovraccaricare l’apparato gastrointestinale. Dopo di che, a partire dalle 24/48 successive, sempre congiuntamente al reintegro di elettroliti, si potrebbero inserire dei probiotici per ripristinare la flora batterica intestinale, aggiungendo gradualmente all’alimentazione proteine leggere come pollo e pesce bianco. Le indicazioni ovviamente sono personalizzate in base alla gravità dei sintomi di ognuno e anche dalla distanza dal match».