di Alfonso Malangone*
Per capire meglio quello che sta accadendo in casa Granata, è necessaria una premessa. Tra le venti squadre che disputeranno il prossimo campionato di Serie A, ben quindici sono di Città con una popolazione di gran lunga superiore a quella di Salerno. Tra le cinque residue più piccole, cioè: Monza, Empoli, Como, Lecce e Udine, solo quest’ultima gioca in serie A da decenni, mentre le altre, a parte il Monza per le note ragioni, possono considerarsi ‘a rischio B’. Magari, ci potrà pure essere qualche Squadra di Città più grande ad andare in difficoltà, ma è indubbio che allestire una formazione concorrenziale non è facile per le realtà nelle quali i ritorni economici non consentono di investire cifre esorbitanti. I soldi si possono avere, ma nessuno può essere spinto a svenarsi sapendo che non riuscirà a recuperare le spese. A Udine hanno trovato le soluzioni: – assegnazione alla Società della gestione diretta dello Stadio, ormai da oltre dieci anni; – sviluppo del settore giovanile per generare plusvalenze con le cessioni delle nuove leve. Nel Bilancio 2023, il totale degli incassi, pari a € 126,8milioni, è costituito per € 75,4milioni da sponsorizzazioni e plusvalenze e solo per € 51,4milioni da diritti TV e biglietti. Gli introiti della Salernitana sono stati pari, in tutto, a € 56,5milioni. Meno della metà. Un confronto improponibile. Eppure, Udine ha 99.000 abitanti, Salerno 126.000. E’ evidente che il calcio non è più un settore per sognatori o benefattori, ma richiede una capacità imprenditoriale seria, da parte di chi ci mette i soldi, in aggiunta a una positiva combinazione degli sforzi dei Tifosi e della Pubblica Amministrazione, per quanto di competenza. Ovviamente, ai Tifosi si può chiedere di sostenere la Squadra, con la passione, e di contribuire sotto l’aspetto economico con l’acquisto dei biglietti e degli articoli di merchandising. Nulla di più. E, qui, a Salerno, è stato fatto. Onore al merito. Alla Pubblica Amministrazione, invece, si deve chiedere di partecipare in termini di logistica, di servizi e di opportunità economiche e finanziarie, per dare il giusto impulso psicologico, morale e anche materiale. Questo, perché la massima Serie è certamente un valore aggiunto e costituisce, generalmente, un volano per la crescita locale grazie al possibile contributo dei Tifosi ospiti indotti a conoscere la Città, magari, con offerte promozionali da parte degli operatori commerciali e della ristorazione. Stando ai fatti, è difficile dimostrare che, negli ultimi due anni, siano stati raggiunti questi auspicabili obiettivi. Probabilmente, vista l’importanza del calcio in termini sociali, e preso atto dell’effetto miracoloso di una vittoria sulle principali malattie, dalla nevralgia alla depressione, si poteva fare di più. Due anni fa, l’arrivo del nuovo Presidente accese gli entusiasmi, alimentò le attese, diffuse nuove speranze. Adesso, dopo un campionato davvero indegno, siamo alla contestazione. E’ una protesta giustificata, come quella contro la Nazionale dopo la figuraccia europea. Anzi, forse la Salernitana ha giocato anche meglio. Comunque, è indubbio che il Presidente stia pagando le conseguenze di una sua eccessiva insicurezza, come dimostrato dai tanti tentennamenti, accompagnata da una estrema fiducia in collaboratori non sempre all’altezza, come dimostrato dai risultati. Cioè: “si può dire che sia stato ingenuo”? Si, si può dire, con tutto il rispetto. Anzi, avendoci rimesso 98milioni di euro, forse l’aggettivo è anche indulgente. Ma, proprio perché i soldi sono suoi, e li ha spesi, di tutto lo si può accusare tranne che di furbizia, di mala fede o di aver fatto il gioco delle tre carte. E, ha di sicuro sbagliato quando, entrato nel panico, ha assunto impegni a destra e a manca, ha pagato stipendi altissimi a calciatori non meritevoli, appigliandosi a tutto pur di salvarsi. Non diversamente dal bagnante che, sopraffatto da un’onda, si aggrappa anche a un’alga pur di mettere la testa fuori. Non ha salvato la Squadra, ha preso pesanti batoste materiali e, adesso, sta prendendo anche mortificazioni morali. Eppure, era venuto ad investire! Nessuno si aspettava, ovviamente, che ci avrebbe fatto vincere il campionato, o chissà cosa, ma ciascuno desiderava che la Città e la maglia Granata fossero rispettate e onorate, in campo e fuori. E, questo, è avvenuto, in partenza. Di più. La Società si è dimostrata controparte affidabile, la Squadra ha riscosso il rispetto degli avversari e la Tifoseria ha alimentato l’invidia nazionale per le ineguagliabili scenografie. Adesso, questo è il passato. Chiedersi il perché, è naturale. Ma, darsi una risposta, non è difficile, se si ripercorre la storia. Dopo l’arrivo, si perse immediatamente il progetto sportivo da lui proposto per la creazione di una vasta area verde, presso l’Arechi, dotata di campi aperti a tutti per favorire la crescita delle attività cosiddette minori. Un progetto importante per una Città nella quale chi vuole fare sport deve rivolgersi alle strutture private, o rinunciare. Però, non ci vuole il divino Mago Otelma per capirne i motivi. A seguire, la sua richiesta di poter disporre dell’Arechi per più tempo, facendosi carico delle spese, come a Udine, venne soddisfatta con un contratto di ‘fitto’ per disputare solo le 19 partite interne e per 20 giorni di allenamento ogni anno. Neppure ha ottenuto, poi, siti idonei alla costruzione della Sede della Società. Anzi, il Comune di Pontecagnano ha di recente imposto la rimozione dei container provvisori posizionati nel ‘Mary Rosy’ per le esigenze sportive. In una zona dove non mancano i manufatti da quarto mondo e i rifiuti si bruciano come nella ‘terra dei fuochi’, forse si è voluto dare l’esempio. Con il risultato che la Squadra non ha più le dotazioni necessarie e, senza un’area sportiva adeguata, potrebbe finire ad allenarsi sulla spiaggia. Anche perché, per lo Stadio, non sembrano esserci notizie ‘rassicuranti’, nonostante le ‘rassicurazioni’. Entro giugno scorso si doveva fare l’appalto. Si legge, invece, che per fine mese si faranno gli adempimenti amministrativi preliminari. Intanto, sul sito dell’Arus, l’Agenzia Regionale che ha indetto le gare per la progettazione e la sua verifica, le procedure sono dichiarate ancora “in corso di validazione”. A collaterale, notizie di stampa hanno riferito che, comunque, lo Stadio sarà diverso da quello di cui neppure si conosce il progetto e che i lavori potrebbero partire nel 2025. Poi, si è saputo che dagli iniziali € 90milioni, passati a 115 con il Volpe, adesso di milioni se ne spenderanno ben 150 da prelevare dai fondi di Sviluppo e Coesione, perché il PNRR non finanzia gli Stadi. Ma, il Governo ha detto che quei soldi dovranno essere usati per le finalità prefissate: “assicurare il riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese”. E, la Campania è un’area da riequilibrare. In sostanza, non sembra si possa stare tranquilli. Del resto, per la Curva Nord, ancora nulla è stato fatto benché nel Bilancio del Comune ci fossero dal 2021 entrate per € 1.501.606,82, di cui € 1.308.535,32 da spendere subito perché accantonate nel Fondo pluriennale per investimenti vincolati. L’Arechi avrebbe potuto offrire 7.500 posti in più. Da ultimo, proprio nei giorni in cui è stato annunciato il nuovo allenatore, poi svanito, si è letto che la Società avrebbe dovuto ‘chiedere il permesso’ per allenarsi per gli altri cinque giorni della settimana nello Stadio. In sostanza, non sembra si possa dire che ci siano stati i presupposti giusti per una programmazione in grado di evitare l’inizio della fine. E, quindi, se è comprensibile la delusione dei Tifosi, magari anche inviperiti, e la richiesta di garanzie, forse si dovrebbero comprendere anche le difficoltà di un Presidente che non ha dimostrato, ad oggi, di essere venuto ad arricchirsi, visto che era già ricco di suo. Altri potrebbero averlo fatto, sfruttando giuste utilità. Forse, con giuste utilità, per la Squadra poteva andare diversamente, a meno che qualcuno non dimostri che il Presidente Iervolino sia un lestofante. Così, se il rispetto per Salerno è doveroso, dovrebbe essere doveroso anche il rispetto per una Società che, unica, espone i simboli della cultura e che ha sbagliato tanto, senza però chiedere nulla. In questo, possono avere un convergente significato la notizia del diniego alla proposta di acquisto avanzata da un RTI locale, benché adeguatamente sostenuta, e quella relativa alla decisione di ‘scomparire’ per il bene della Squadra, prima che di sé stesso. Forse, come imprenditore, non è poi così ingenuo. Sorprende che ci siano esperti della materia che dimostrano di non aver compreso che, alla nostra latitudine, lo Sport non è più Sport. E’ un’altra cosa. Con salvezza di ogni errore. *Ali per La Città
1 Comment
Ottimo articolo… finalmente si riconosce che Iervolino non ha tutti i torti a lamentarsi dei continui attacchi da i soliti masanielli di turno….
Infondo un po’ di ragione c’è là anche lui…e solo…
Non è venuto ad arricchirsi.
Macte Animo
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