Interessante interpretazione del ruolo di Scarpia da parte del baritono romano
Di Luca Gaeta
In occasione della Tosca, che ha riportato la lirica a Salerno dopo il lungo stop dettato dalla pandemia, abbiamo incontrato il baritono Roberto Frontali, interprete del barone Scarpia.
Maestro Frontali come si è avvicinato alla lirica?
Mi sono avvicinato alla musica lirica frequentando un coro, nato in seno all’Università La Sapienza di Roma, quando studiavo economia, con il quale facevamo prevalentemente musica polifonica. Per curiosità e per piacere, perché comunque, cantare mi era sempre piaciuto, mi sono iscritto a questo coro e da lì ho iniziato ad amare soprattutto la musica fatta insieme agli altri. Ad un certo momento il maestro del coro mi suggerì di studiare musica, quindi mi iscrissi al Conservatorio Santa Cecilia di Roma. Da lì poi iniziai anche a fare diversi concorsi, tra cui Spoleto, che ho vinto, dove in quel contesto debuttai l’opera Agnese di Hohenstaufen di Spontini. Da quel debutto ho iniziato a cantare in diversi teatri molto importanti e dal ’92 ho cominciato a cantare anche all’estero, a New York al Metropolitan a Parigi a Londra, Vienna.
Fra tutti i personaggi che ha interpretato, se dovesse indicarne una terna, che in qualche modo rappresentano i suoi “preferiti”, per caratteristiche vocali e sceniche, quali indicherebbe?
Fra i personaggi a cui mi sento più legato c’è sicuramente Figaro dal Barbiere di Siviglia di Rossini. Un personaggio che ho portato in scena tantissime volte, soprattutto, agli inizi della mia carriera, grazie al quale ho potuto mettere in risalto aspetti brillanti della vocalità, connotato anche da una vivacità scenica molto coinvolgente. Poi, Rigoletto. Questa figura paterna, la cui personalità Verdi ha scolpito, attraverso la sua musica, in modo sublime. E, naturalmente, Scarpia. Uno fra i “cattivi” per antonomasia del repertorio di tradizione.
Quando ha debuttato il personaggio di Scarpia?
Ho debuttato il personaggio dieci anni fa, proprio con il maestro Oren. Al teatro di Guangzhou in Cina, in occasione della sua inaugurazione.
Quali sono le caratteristiche vocali e sceniche che stigmatizzano il “suo” Scarpia?
Mi piace mettere in risalto l’eleganza di questo personaggio, la capacità di instillare sempre timore e paura in coloro che sono al suo cospetto. Le difficoltà vocali che presenta questo ruolo sono notevoli e nondimeno quelle sceniche, dove l’interprete deve rendere e far trasparire cattiveria e severità.
Ad un giovane interprete che si avvicina allo studio del personaggio di Scarpia cosa sente di consigliare?
Sicuramente di studiare ed approfondire gli autori del bel canto, Donizetti, Bellini. Quindi, il teatro mozartiano, per, poi, arrivare a personaggi di questo tipo, di impronta verista, per i quali, oltre ad una vocalità adatta, c’è bisogno di uno studio e di una maturità scenica per interpretarli.
Sperando in una definitiva ripresa delle attività culturali, può anticiparci alcuni dei suoi prossimi impegni?
Il prossimo impegno sarà un debutto. Aprirò la stagione all’Opera di Roma con uno spettacolo diretto da Gatti, con la regia di Livermore, la Giovanna D’Arco di Verdi. Indi, un altro debutto presso il teatro di Bergamo, Dulcamara, ovviamente da Elisir d’amore di Donizetti. Ancora Tosca, a dicembre, sempre a Roma e anche a Vienna, mentre, la prossima primavera, sarò alla Scala con la Gioconda. Colgo l’occasione anche per ringraziare il teatro Verdi di Salerno, con il quale collaboro per la prima volta, per la professionalità e l’affetto con cui mi ha accolto.