L’ultima serie di dataset pubblicati dal Governo sul piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), se da un lato determinano un significativo passo in avanti sul fronte della trasparenza e della condivisione delle informazioni, dall’altro preoccupano fortemente in merito alle considerazioni ricavabili dalle tabelle, tanto più se si incrociano le informazioni con la relazione realizzata dal Centro servizi della Camera dei deputati. Il principale aspetto di criticità attiene la riprogrammazione degli interventi. Le misure del Pnrr de-finanziate del tutto, o in parte, sono ben 36, per un ammontare complessivo di 22,2 miliardi di euro. Dal documento emergono i motivi che hanno portato a queste cancellazioni: si tratta in genere di investimenti che finanziavano progetti non in linea con i criteri del Pnrr, in particolare ambientali. Oppure opere che rischiavano di non essere completate entro il 2026. Il documento sottolinea che gli interventi in essere, cioè quelli preesistenti e poi inseriti nel piano, saranno comunque portati a conclusione attingendo a fondi del bilancio statale. Negli altri casi invece, anche se non per tutti, intervengono le risorse individuate attraverso il cosiddetto decreto Pnrr quater. “E’ un quadro che preoccupa molto: la riprogrammazione degli interventi e la diversa attribuzione delle risorse, in un paese fortemente congestionato dalla burocrazia come il nostro – commenta il presidente di Federcepicostruzioni Antonio Lombardi – potrebbe tradursi in un sostanziale blocco definitivo delle opere. Il che, soprattutto per gli interventi in materia ambientale, potrebbe determinare conseguenze preoccupanti. Inoltre, val la pena sottolineare che molti degli interventi erano confluiti nel Pnrr proprio per difficoltà di natura finanziaria. Il “ritorno alla base” potrebbe riproporre queste problematiche, trasformando i progetti in nuove incompiute” La relazione esamina le modifiche apportate al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). I progetti eliminati dal piano dovrebbero essere finanziati con altri fondi, ma c’è preoccupazione che ciò non si concretizzi. In totale, ci sono 145 misure aggiunte o modificate, di cui 78 hanno subito variazioni nei finanziamenti. Sono stati eliminati 10 investimenti per un valore di circa 11,3 miliardi di euro, e 26 investimenti hanno visto una riduzione di 10,9 miliardi. Questi fondi, insieme a quelli aggiuntivi del RepowerEu, finanzieranno nuovi interventi o potenzieranno quelli esistenti. In particolare, 11,2 miliardi saranno destinati alla nuova missione 7 per interventi energetici, 7,1 miliardi per potenziare misure esistenti e 6,8 miliardi per nuovi interventi fuori dalla missione 7. Molte risorse derivano dall’eliminazione dei “progetti in essere” dal Pnrr, con la presunzione che saranno completati con fondi nazionali. I nuovi progetti esclusi saranno coperti dal decreto-legge 19/2024, che autorizza spese per 3,44 miliardi di euro e cerca risorse aggiuntive da altre voci di bilancio o fondi europei. Gli interventi più rilevanti eliminati includono: resilienza e valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei comuni (6 miliardi); gestione del rischio di alluvione e idrogeologico (ridotti da 1,3 a 1,2 miliardi per la ricostruzione nelle zone colpite dalle alluvioni del maggio 2023). – Collegamenti ad alta velocità con il nord Europa (930 milioni). – Linea ferroviaria Roma-Pescara (620 milioni, rifinanziata con fondi per lo sviluppo e la coesione). Progetti di fotovoltaico e industria eolica sono stati accorpati, mentre la tecnologia per autobus elettrici è parzialmente confluita nella missione 7. Le misure parzialmente de-finanziate includono: Piani urbani integrati (ridotti di 1,6 miliardi); promozione dell’idrogeno in settori hard to abate (ridotti di 1 miliardo). Il governo ha recuperato circa 22,2 miliardi di euro dalle misure de-finanziate, con la maggior parte dei fondi destinati alla missione 7 e agli incentivi per le imprese. Tra le nuove misure finanziate, 2,5 miliardi sosterranno la transizione ecologica e 2 miliardi andranno al fondo rotativo per i contratti di filiera agroalimentari. “Sostituire interventi infrastrutturali e opere pubbliche con altre misure – aggiunge ancora il presidente Lombardi – rischia di vanificare gli sforzi di rilancio del Paese, che appunto necessita, soprattutto nel Mezzogiorno, di un marcato recupero del gap infrastrutturale rispetto ad altre aree del paese e di un programma di riqualificazione delle aree urbane soprattutto periferiche. Con questo nuovo asset di interventi, si cancellano importanti priorità del Pnrr, peraltro alla base della erogazione delle risorse comunitarie”. Diciassette investimenti esistenti sono stati incrementati, con oltre 1 miliardo destinato alle politiche attive del lavoro e altrettanto alla riduzione delle perdite nelle reti idriche. “Per garantire una spesa in linea con i tempi UE, è necessario ed indispensabile procedere al costante monitoraggio di tutti i dati relativa alla spesa e ai tempi di realizzazione delle opere, aggiornando il portale Italia Domani che non fornisce ancora tutte le informazioni necessarie”.
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