Rifiuti in Tunisia, ingiusto individuare in Andreola il capro espiatorio: indagini per ricercare i più oscuri autori - Le Cronache
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Rifiuti in Tunisia, ingiusto individuare in Andreola il capro espiatorio: indagini per ricercare i più oscuri autori

Rifiuti in Tunisia, ingiusto individuare in Andreola il capro espiatorio: indagini per ricercare i più oscuri autori

di Alberto Cuomo

L’indagine sui rifiuti inviati in Tunisia da alcuni trasportatori privati, per conto della Regione, vede come protagonista principale del traffico l’ente di Santalucia. Del resto, anche gli imprenditori che hanno allestito i container con il nostro pattume non riciclabile affermano che il loro lavoro si sarebbe limitato all’impacchettamento e alla mera spedizione, mentre il rapporto con la Tunisia, attraverso burocrati e membri di governo del luogo non delegati, fu operato dall’istituto regionale. Ebbene, quanto appare poco credibile è il fatto che ad avere addossate le responsabilità della Regione sia solo un funzionario, l’architetto Enzo Andreola, unico, tra gli indagati arrestati, a fruire degli arresti domiciliari. Quanto potrebbe far male agli inquisiti, se rinviati a giudizio e condannati, molto più dei provvedimenti penali, sono le eventuali pendenze civili, tanto più che ai molti milioni di danni invocati dalla Tunisia e riguardanti il pedaggio per lo stazionamento dei rifiuti nel porto di Sousse si aggiungono le spese per il loro posteggio nel porto di Salerno e nel comune di Serre, oltre al risarcimento per i danni all’immagine che potrebbe invocare la stessa Regione Campania. Danni che stando alle accuse verrebbero probabilmente addebitati sul solo funzionario regionale, l’architetto Andreola. Giunto agli onori della cronaca nel 1992 quando era consulente del sostituto procuratore Michelangelo Russo, Andreola fu il tecnico che, nel consenso degli altri periti del collegio peritale, inventò l’improbabile accusa della non-esecutività dei progetti su cui la procura di Salerno montò i rilievi di falso ideologico e truffa che fecero sbattere in carcere tanti innocenti, aprendo tra l’altro la resistibile ascesa politica di Vincenzo De Luca. Ma dove nasceva quel giudizio errato che i sostituti fecero proprio? Andreola era stato allievo nella facoltà di Architettura del professore Nicola Pagliara che insegnava principalmente a saper manovrare i materiali costruttivi, marmi, ottoni, legni, che non la statica o lo spazio. I progetti di Pagliara, si vedano per tutti il municipio di Baronissi o il Grand Hotel Salerno, hanno infatti una spazialità e una funzionalità povere con però materiali ben orchestrati. A partire da una tale visione progettuale, buona primariamente per gli arredamenti, Andreola aveva maturato l’idea che i progetti dovessero curare sempre i particolari costruttivi cui era affidata la corretta esecuzione delle opere. Senza contare il fatto che progetti di architetti famosi, come Le Corbusier o Gropius, erano fondati sul buon funzionamento dell’edificio e sulla ricchezza degli spazi affacciati tra loro con l’attenzione ai particolari solo nella fase del cantiere (Le Corbusier si faceva organizzare dalle imprese una casupola in legno per poter vivere nel cantiere e seguire i lavori) la concezione del consulente del dottor Russo si scontrava con la legge che in procura, probabilmente, non era nota. Secondo la normativa antecedente alla cosiddetta “Merloni” il progetto, nelle tabelle del calcolo di parcella, prevedeva un onorario per la progettazione esecutiva ed un altro onorario per i “particolari costruttivi” tabellati autonomamente. Non vi erano ambiguità, i particolari costruttivi non appartenevano al progetto esecutivo sì da non essere pagati nell’onorario per la esecutività, e la legge Merloni, proseguendo in tale distinzione, nel 1994, definendo i livelli della progettazione, istituì due fasi di progettualità operativa: quella del “progetto definitivo”, priva di particolari e calcolo statico esatto, utile agli appalti, e quella dell’esecutivo propriamente detto, comprendente i particolari costruttivi ed il calcolo completo delle strutture. L’assenza dai progetti dei particolari costruttivi non rilevava il loro non essere esecutivi e non a caso la tangentopoli salernitana fondata sulla presunta non-esecutività non è stata imitata da nessuna altra procura. Quella stagione mise in luce un modo d’essere dell’architetto Andreola, chiuso nelle proprie personali visioni ma non in una malafede, nel senso che le sue false perizie più che un dolo presentavano incompetenza. Apparirebbe pertanto del tutto ingiusto individuare in Andreola il capro espiatorio nella vicenda dei rifiuti, e chiamarlo a pagare i molti milioni di danni legati al loro trasporto in Tunisia. Naturalmente la vicenda giudiziaria non è affatto conclusa e, dal momento dalle indagini della procura di Potenza si evince una responsabilità della Regione Campania, come mostra il fermo di un suo funzionario, viene da chiedere: possibile che non vi fosse nessun controllo sugli atti tecnici del responsabile? Dal momento alla ingenuità dell’Andreola non corrispondono attività corruttive forse si potrebbero avviare eventuali nuove indagini che volessero ricercare i più oscuri autori, se ve ne sono, del “pasticciaccio”. Indagini che potrebbero essere trasferite alla procura di Napoli, perchè verifichi la presenza di un qualche guadagno illegittimo oltre quanto dovuto alle imprese incaricate, e non certo in capo all’architetto Andreola su cui si è indagato già a fondo. Vale a dire che se è indubbio ai cittadini stia a cuore lo spostamento dei rifiuti depositati in un luogo non del tutto lontano dalle abitazioni, e il sindaco di Serre si è fatto sentire in questo senso, gli stessi cittadini vorrebbero vederci chiaro sull’intera vicenda che sinora sembra aver visto protagonisti alcuni dilettanti allo sbaraglio. Anche per questo l’affidamento della storia di tali rifiuti ad una procura maggiormente attrezzata qual è quella di Napoli, diretta da un magistrato molto esperto come il dottor Nicola Gratteri, potrebbe essere una scelta ottimale, tanto più che il vicepresidente regionale,  il dottore Fulvio Bonavitacola, nell’audizione alla camera riguardante il medesimo problema, si disse convinto che nel campo dei rifiuti agisse anche il malaffare.

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