Restyling per il pagamento delle cartelle esattoriali - Le Cronache
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Restyling per il pagamento delle cartelle esattoriali

Restyling per il pagamento delle cartelle esattoriali

di Gregorio Pietro D’Amato

In sede di conversione in legge del decreto fiscale di ottobre del 2021 n. 146 con la legge n. 215 del 17 dicembre 2021 è stata ulteriormente estesa la proroga per il pagamento delle cartelle esattoriali notificate dal 1° settembre al 31 dicembre 2021 dai 150 giorni previsti inizialmente, ai 180 giorni stabiliti in sede di conversione in legge del decreto riguardante “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”. La modifica dai 150 ai 180 giorni è in linea con quanto è stato approvato in sede di commissione finanze del Senato e approvato dal ramo senatoriale del parlamento in data 23/12/2021 al disegno di legge N. 2448-A, la c.d. legge di bilancio 2022, ed ora approvata dalla Camera dei Deputati il 30 dicembre 2021 legge n. 234. In sede di Commissione finanze ed approvata dal Senato ed ora dalla Camera con la legge di bilancio n. 234/2021 per l’anno 2022 è stata prevista la possibilità di pagare le cartelle esattoriali che saranno notificate dal 1° gennaio al 31 marzo 2022 nel termine più lungo di 180 giorni dalla notifica anziché i soliti 60 giorni. Già su questo quotidiano del 2 novembre scorso, si era rilevata la disparità di trattamento Costituzionale di chi riceveva la cartella esattoriale al 31 dicembre, pur con la vecchia proroga prevista per il pagamento dopo 150 giorni, e chi avesse ricevuto la cartella al 1° gennaio e che, quindi, non poteva godere di tale proroga. Il legislatore, “forse” resosene conto, con la legge di bilancio, ha reso più omogeni o, meglio, più aderenti ad una parità Costituzionale i termini per il pagamento delle cartelle esattoriali notificate dal 1° settembre al 31 dicembre 2021 e quelle dal 1° gennaio al 31 marzo 2022 concedendo un termine unico di proroga di 180 giorni. Ciò che, invece, non è stato disciplinato, a seguito della proroga, è il termine ultimo per l’impugnazione del ruolo dinanzi Autorità Giudiziaria competente, in base alla natura del ruolo, e, quindi, è consigliabile e prudenzialmente attenersi ai normali termini di scadenza previsti senza la proroga disposta sia dalla legge 146/2021 e sia dall’art. 1 comma 913 inserito con la legge di bilancio approvata dalla Camera. La legge di bilancio, n. 234 del 30 dicembre 2021 approvata così come emanata dal Senato, e non essendo stata inserita la previsione temporale per l’impugnativa coordinata con il nuovo termine di pagamento per l’impugnativa, risultano ora i due termini non omogenei e sfasati. Va detto che una eventuale modifica avrebbe comportato di nuovo il passaggio al Senato e quindi di nuovo alla Camera e ciò avrebbe determinato il c.d. esercizio provvisorio- art. 81 della Costituzione – per andare oltre il termine del 31 dicembre che giocoforza avrebbe determinato tale proroga, per consentire i prescritti costituzionali passaggi per l’approvazione definitiva della legge di bilancio e, quindi, con la “paralisi” dell’azione statale. Non impugnabilità degli estratti di ruolo. Ulteriore novità in sede di conversione in legge del decreto n. 146/2021 recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili è rappresentato dal discusso e discutibile art. 3/bis con il quale è stato inserito il comma 4/bis all’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 rubricato Formazione e contenuto dei ruoli, in cui è stato previsto che dal 22 dicembre 2021 (giorno dopo la pubblicazione della conversione in legge) l’estratto di ruolo non è impugnabile. A meno che il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dalla iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio: a) nel caso in cui di un operatore economico sia escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto, previsto dall’art. 80 comma 4 Decreto legislativo 18/04/2016, n. 50, se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti. Costituiscono gravi violazioni quelle che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all’importo pari ad euro 5.000,00 o all’importo che può essere determinato con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, ma non superiore al doppio, ovvero anche diminuito per il predetto importo. Si deve precisare che la norma in questione stabilisce che: costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione. Costituiscono gravi violazioni in materia contributiva e previdenziale quelle ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), ovvero delle certificazioni rilasciate dagli enti previdenziali di riferimento non aderenti al sistema dello sportello unico previdenziale. b) Per la riscossione di somme allo stesso contribuente dovute dai soggetti pubblici sempre pari a euro 5.000,00. c) Per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione. Tale preclusione si ritine che non sia aderente a quanto era stato stabilito dalla sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, n. 19704/2015 in cui era stata ammessa l’impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario”; in quanto, ha motivato la corte di Cassazione a sezioni Unite che: “Il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò non osta l’ultima parte del comma 3 dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato – impugnabilità prevista da tale norma – non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacché l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione”- Si nutrono seri di dubbi di Costituzionalità su tale norma, che, e come si apprende da organi di stampa, sia stata “scritta” e voluta dall’Agenzia delle Entrate, e tale impedimento dell’impugnazione dell’estratto di ruolo, sicuramente, darà corso ad un copioso contenzioso il cui vaglio definitivo sarà compito della Corte Costituzionale. -Altra norma introdotta in sede di conversione in legge del Dl. 146 (fortemente voluta anche questa dall’Agenzia delle Entrate ) attiene alle Modalità di pagamento delle spese di giudizio da parte dell’agente della riscossione, con la quale è stato stabilito che: “L’agente della riscossione provvede al pagamento delle somme dovute a titolo di spese e onorari di giudizio liquidati con la pronuncia di condanna, nonché di ogni accessorio di legge, esclusivamente mediante l’accredito delle medesime sul conto corrente della controparte ovvero del suo difensore distrattario. A tal fine, le somme di cui al primo periodo sono richieste in pagamento alla competente struttura territoriale dell’agente della riscossione, indicata nel relativo sito internet istituzionale, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento o di posta elettronica certificata. Il soggetto legittimato è tenuto a fornire, all’atto della richiesta, gli estremi del proprio conto corrente bancario e non può procedere alla notificazione del titolo esecutivo e alla promozione di azioni esecutive per il recupero delle predette somme, se non decorsi centoventi giorni dalla data di ricezione della stessa richiesta. Quindi anche per le spese di giustizia ai contribuenti si dovranno attendere il 120 giorni prima di fare gli atti esecutivi La sua efficacia, opportunamente è stata prevista che si applica alle pronunce di condanna emesse a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e cioè dal 22 dicembre 2021. Dalla lettura di questi pochi provvedimenti si rileva che se da una parte il “fisco” concede qualcosa, come la proroga temporanea dei pagamenti dei ruoli, che sono ben poca cosa (soprattutto in questo tempo di confusione e devastazione sanitaria ed economica) rispetto alla introduzione a sistema di norme che comportano endemicamente la prevaricazione del diritto e parità di trattamento costituzionale a discapito dei contribuenti in favore del fisco, rectius Agenzia delle Entrate che “suggerisce” al Parlamento le norme da scrivere. *Dottore commercialista