Di Olga Chieffi
La maschera in eterna evoluzione che Renato Fiacchini crea per sé negli anni Settanta, divenendo Renato Zero, incontrerà stasera e domani in piazza del Pebliscito il neapolitan power e la storia della tradizione partenopea, con alle tra il palazzo reale e con lo sguardo rivolto al teatro San Carlo, il centro della musica popolare e classica per diversi secoli. Alle sue spalle ci sarà un’orchestra made in Salerno, ovvero L’Arechi Symphony Orchestra, un progetto artistico che nasce dal desiderio di creare una compagine di musicisti che possa essere di riferimento nel panorama delle grandi produzioni concertistiche legate al gotha del pop e del jazz italiano ed internazionale. L’idea accolta e supportata dal Maestro Adriano Pennino, napoletano, direttore e arrangiatore, è stata realizzata mettendo insieme nomi insigni dei magisteri strumentali salernitani e napoletani, che del resto hanno le stesse ragioni estetiche nel far musica, con un occhio alla ricerca del timbro, del suono di quella “voce”, che viene proprioda quei maestri e da quei luoghi che stasera si ritroveranno a calcare. Un direttivo quello della Arechi Symphony Orchestra, composto da Danilo Gloriante, Antonio Rufo, Matteo Parisi e ancora Fortuna Imparato, Martina Di Florio e Francesco Maiorino, ma che scorrendo gli elenchi delle diverse sezioni, vede leggii di grande rilievo, quali Gianfranco Campagnoli e Giuseppe “Peppe” Fiscale alla tromba, Nicola Ferro al trombone, Filippo Azzaretto e Giovanni Russo al corno e ancora il flauto di Antonio Senatore, solo per citare i fiati, Marco Cuciniello al contrabbasso e tanti giovani strumentisti emergenti che condividono l’amore per la musica. Dopo il grande successo dei due concerti pugliesi, un debutto assoluto per questa formazione, Renato Zero ha inteso ringraziare l’intera compagine composta da professori d’orchestra piacevolmente “contaminati”, rappresentanti la scuola del Sud, che difficilmente troveranno presto la via di casa, poiché si prospetta per tutti un lungo, meraviglioso viaggio. Ci piace insistere sulla parola “contaminati”, poiché in questo week-end Renato Zero farà tappa a Napoli e al suo fianco ha voluto sei ospiti Lina Sastri, Enzo Gragnaniello e Sal Da Vinci, oggi e Angela Luce, Peppino Di Capri e Peppe Barra per la seconda serata, mentre al Maradona si esibirà Geolier. La scaletta attraverserà la carriera di Renato, con successi e proiezioni al futuro, ma il vero incontro con la nostra canzone, la nostra tradizione, che è fatta di musiche e versi che con i loro contenuti hanno raccontato semplicità ed erotismo, essoterismo e magia, rituali sacri e profani, feste popolari, suggestioni, le intonazioni, le evocazioni del nostro vernacolo che si trasforma in un canto ora dolente, ora euforico, ne’ «Il carrozzone», uno dei brani più importanti della produzione di Zero, tradotto da Peppe Barra in napoletano: «’A vita è bella accussì cumm’è/ pure si’ ‘e vvot’ nun è ddoce cu tte./ Te fa ascì pazzo, te fa sunna’/ ma si vuò ‘o calore essa t”o ddà./ Stregnimmece forte, pe’ carità/ pecché sta musica sola sola ‘nun c’ha fa… /Ma nuje cantàmme stu mutivo antico/ accussì ‘a morte cagna vico. / ‘O carruzzóne se move cu me, e tutta Napule se fa bella pe’ te», che verrà eseguita da Sal Da Vinci. Ci viene incontro “Palcoscenico”, successo di Sergio Bruni, per schizzare la grande passione di Zero per lo spettacolo fatto di una continua mescolanza di coreografie, musica, cabaret, da un personaggio dotato di grinta e grande versatilità, con il suo sguardo ravvicinato sull’Italia dei sentimenti popolari e degli scontri esistenziali. Le note di questo concerto, pura “poesia cantata”, avranno il profumo della “libertà”, della possibilità di “rivestire di sé” un canto, attraverso la capacità di creare e usare metafore profonde e sorprendenti, l’originalità di melodie uniche, la forza del sentimento “vero” contro ogni divieto “artificioso”, il senso di ribellione alle ingiustizie, l’umorismo con cui affrontare le peripezie della vita.