Di Lucia D’Agostino
Definirlo un viaggio nella musica napoletana sarebbe riduttivo e inappropriato: è più un racconto di una selezione della canzone partenopea condito di aneddoti, ricordi e riflessioni personali su autori e interpreti che l’hanno resa amata e speciale nel panorama musicale mondiale. Con “Napoli e Jazz”, progetto di Peppe Servillo e Danilo Rea, si è aperta, all’Auditorium Oscar Niemeyer, la rassegna “Ravello concerti d’inverno”, un modo, nell’intento del presidente della fondazione Ravello Alessio Vlad, di promuovere le risorse musicali del territorio attraverso collaborazioni con artisti internazionali. Peppe Servillo, cantante e attore e Danilo Rea, pianista e compositore jazz, non hanno, ormai, bisogno di presentazioni e in questa nuova avventura musicale hanno scelto di dare spazio alle proprie passioni intrecciando capisaldi della canzone napoletana, classici eterni come “Te voglio bene assaje” e “Maruzzella”, e brani scritti e interpretati dal pugliese Domenico Modugno, “Tu si ‘na cosa grande” e “Resta cu’ mme”, entrati a pieno titolo nell’Olimpo dei brani più belli. La “versione jazz” di questi pezzi è un abito che ne perfeziona la messa in scena se è vero che Servillo, nella sua personale interpretazione teatrale, riesce a donare loro un carisma, se possibile, più carnale e canzonatorio al tempo stesso. Gli assoli di Rea sono, più che una rivisitazione, una mescolanza di sonorità multietniche come lo è, del resto, la cultura di Napoli. I nostri due viaggiatori hanno disegnato mappe, proprio come accade per i monti, i fiumi, le pianure. E’ stata, però, una cartografia musicale che sovverte le certezze, invece di fissare coordinate precise. Niente è più fluido ed evocativo di un paesaggio acustico, perché dai suoni trapelano storie, con la loro densità affettiva e la loro costitutiva eccedenza, rispetto al tempo e ai luoghi. Niente è più vibrante di un corpo d’acqua, sulle cui rotte avviene la diaspora di ritmi, melodie, vocalizzi, tonalità: “Un’ infinità di tracce accolte senza beneficio di inventario” scriverebbe Antonio Gramsci. La sensualità dei suoni, la memoria musicale millenaria che custodiamo, e le appartenenze che mettono in gioco i due strumentisti, ci hanno convinto che l’importante non è tanto avere una casa nel mondo, bensì creare un mondo vivibile in cui sentirsi a casa. Insomma, si è finito per essere cullati dalla brezza di melodie conosciute mentre si viene trascinati in un territorio inesplorato eppure familiare. Il medley solo piano di Rea di “Tammurriata nera” e “Caravan Petrol” è un vortice irresistibile di colori incandescenti. E così “Reginella”, “Io te vurria vasa’” e “Dove sta Zazà” sembrano sceneggiature cinematografiche in nota che accompagnano il pubblico verso una malinconica “Munasterio ‘e Santa Chiara” per ricordare il grande Vittorio De Sica.