Non convince la regia di Marco Tullio Giordana del capolavoro eduardiano, ospite del cartellone di prosa del Teatro Verdi. Ultima replica oggi in pomeridiana alle ore 18
Di GEMMA CRISCUOLI
Fantasmi, apparizioni, sparizioni? Sciocchezze, sostiene la logica. Eppure è preferibile credere al soprannaturale piuttosto che capire che l’unico fantasma è la felicità. Allestito al Teatro Verdi da Elledieffe, la Compagnia di Teatro di Luca De Filippo diretta da Carolina Rosi per la regia di Marco Tullio Giordana, l’eduardiano “Questi fantasmi!” si conferma, pur negli esilaranti momenti di comicità, uno dei copioni più inquietanti e amari del Novecento. In quella camicia di forza che è la quotidianità, dove è il denaro a dare coraggio e senso a giorni sempre uguali, gli spiriti sono alibi dell’egoismo o mistero che sconcerta, ma hanno comunque l’infinito pregio di essere oltre lo stantio susseguirsi di meschinità su cui l’unico sguardo positivo- perché disilluso- è quello dell’invisibile Professor Santanna, che ha pirandellianamente capito il gioco. Pur conformandosi alla tradizione nella messinscena, Giordana annulla in alcuni momenti. la forza evocativa dell’opera. La pazzia della sorella del portiere (il dignitoso Nicola Di Pinto) è dovuta all’incubo di uno stupro da parte di un fantasma, mentre nel testo alla comparsa di un uccellino tiene dietro un urlo selvaggio, lasciando galoppare la fantasia dello spettatore. Giovanni Allocca crea un convincente Gastone che si ritrova addosso con gesti inconsulti la lucertola che nel copione gli sfugge, mostrata al pubblico perché il numero di avanspettacolo non lasci dubbi proprio come il tentativo di seduzione della padrona di casa. Maria (Carolina Rosi, sospesa tra passionalità soffocata e orgoglio) abbandona sia il marito che l’amante (Massimo De Matteo, attento e coinvolgente): una bella prova di libertà, che però toglie spessore al fosco futuro che incombe su Pasquale quando il tradimento si riproporrà “sotto altre sembianze”. Che lo stesso De Matteo, dopo l’apparizione di Armida (Paola Fulciniti, interprete di grande generosità) intoni tra il secondo atto e il terzo atto “Oi marì”, muovendosi in mezzo agli spettatori, è scelta decisamente incongrua, dettata dalla volontà di assecondare stereotipi cari al pubblico. Mentre Gianfelice Imparato crea un protagonista ruvido e concreto, capace di non sottostare al ricatto psicologico che il ricordo di Eduardo impone, il regista, preferendo la sovraesposizione di sentimenti e contraddizioni, dimentica che l’ambiguità tra essenza e apparenza è un vicolo cieco che non si può fare a meno di imboccare. Anche se cerchiamo di dimenticarlo,come afferma Pasquale in una menzogna sfacciatamente vera, “siamo noi i fantasmi”.