Giovanni XXIII, pochi fu ad Amalfi quando era un semplice monsignore, per raccogliersi in preghiera sulla tomba dell’apostolo Andrea. Ritenevo che questo fosse avvenuto durante la sosta fatta a Cava de’ Tirreni, dal 29 al 31 maggio del 1923, confermata da una lettera, datata 22 maggio 1923, che l’allora Mons. Angelo Giuseppe Roncalli inviò da Acireale a Mons. Vincenzo Bugarini preannunciandogli che si sarebbe fermato là; da una cartolina postale, datata 29 maggio 1923, imbucata il giorno dopo presso l’ufficio postale di Cava e anch’essa indirizzata a mons. Bugarini, nella quale riferiva che era ospite del vescovo Mons. Luigi Lavitrano e che si riposava “beatamente qualche ora” prima di tornare a Roma; dal registro delle SS. Messe quotidiane celebrate a Cava, nel quale annotava: «29 maggio a Cava in episcopio alle 15; 30 maggio a Cava al Sant. D’Olmo alle 16; 31 maggio a Cava in Duomo alle 19». Della venuta di Mons. Angelo Giuseppe Roncalli a Cava c’è anche traccia in un articolo, senza data né firma, pubblicato il 21 giugno 1923 sul Piccolo Corriere, organo settimanale dell’Azione Cattolica Salernitano-Lucana. Questi documenti sono riprodotti nell’opuscolo dal titolo “Omaggio a Giovanni XXIII”, curato da Antonio Donadio, poeta e scrittore cavese trapiantato a Bergamo, che fu presentato nell’aula consiliare del Municipio di Cava il 4 settembre 2000. Don Andrea Colavolpe segnala però (su La Voce del Pastore, n. 155 del 5 giugno 2002) che il futuro Papa Giovanni XXIII celebrò nella cattedrale di Amalfi il Pontificale dell’Epifania, il 6 gennaio 1927, assistito dall’arcivescovo Mons. Ercolano Marini, da un certo Mons. Morosini (di cui non c’è altra notizia) e da un vescovo bulgaro. All’organo c’era il canonico Mons. Gabriele Vissicchio, mentre il canto gregoriano era affidato al coro dei seminaristi e degli orfanelli dell’Istituto “Anna e Natalia”. E’ chiaro che le affermazioni del compianto Don Andrea Colavolpe, parroco della cattedrale per tantissimi anni e attento cultore di storia patria, sono suffragate da documenti d’archivio. Della sua venuta ad Amalfi parlò lo stesso Giovanni XXIII, sul finire del pontificato, nel corso di un’udienza concessa al clero della Campania (la cosa mi fu riferita da un testimone: un anziano monsignore, docente alla facoltà teologica di Napoli). Il papa raccontò che, all’uscita dalla cattedrale, che si erge alta e maestosa sulla piazza, inciampò e cadde. Dio volle che non rotolasse per la lunga e ripida scalinata. Fu prontamente soccorso da una donna (manco a farlo apposta, era la signora Maria Grazia, mamma di Mons. Andrea Cesarano, futuro arcivescovo di Manfredonia): lei si chinò, lo aiutò ad alzarsi, si accertò che non avesse riportato danni, quindi gli formulò l’augurio di diventare “santo e viecchio!”, che ancora si usa da noi in situazioni del genere. Rievocando quella circostanza, il pontefice non mancò di sottolineare, sorridendo, che, in fondo, l’auspicio si era avverato: «Mi chiamano Santo Padre e alla vecchiaia ci sono ormai arrivato». A proposito di Monsignor Cesarano, vanno ricordate alcune circostanze: l’ordinazione sacerdotale, il 19 marzo 1904; la nomina a canonico della cattedrale e la chiamata, come segretario, da parte dell’arcivescovo di Amalfi Mons. Angelo Maria Dolci. Che lo volle con sé anche in Turchia, dove fu trasferito come delegato apostolico della Santa Sede. Dopo la promozione di Dolci a cardinale, Cesarano conservò le stesse funzioni col successore, Mons. Carlo Margotti. Quel ruolo, così delicato, gli diede modo di conoscere Mons. Roncalli, Visitatore e poi Delegato apostolico in Bulgaria e, dal 24 novembre 1934, anche in Turchia e Grecia. Quando Pio XI nominò Cesarano arcivescovo di Manfredonia la consacrazione avvenne nella stessa Costantinopoli, il 15 agosto 1935, ad opera del futuro Papa. Tra i due si stabilì un rapporto che non ebbe mai fine. Lo sottolineò lo stesso Giovanni XXIII, il 28 agosto 1955, in occasione del suo viaggio a Manfredonia per l’incoronazione dell’antica immagine di Maria SS. di Siponto. «In questo lungo tratto di tempo trascorso – disse – la barba del vostro venerato Arcivescovo, mio diletto amico e confratello, ha avuto il tempo d’imbiancarsi». Secondo fonti attendibili, Roncalli gli offrì la porpora cardinalizia ma Cesarano vi rinunciò, forse per umiltà, fors’anche per ragioni di età. Ma c’è un altro episodio, ancora più interessante, che lega Giovanni XXIII ad Amalfi e lo vede anticipatore del percorso di canonizzazione del professore Giuseppe Moscati. Il famoso clinico era spirato il 12 aprile 1927, rimpianto e benedetto da tutti coloro che lo avevano conosciuto ed erano ricorsi a lui per cure mediche e assistenza spirituale. Appena due anni dopo fu edita la sua prima biografia, scritta dall’allora Arcivescovo di Amalfi Mons. Ercolano Marini su sollecitazione della sorella del Moscati, Nina. Il libro giunse nelle mani di Mons. Roncalli, in Bulgaria (gliene fece dono proprio Mons. Cesarano). Ed egli, da Sofia, ringraziò l’autore con una lettera datata 3 novembre 1929. Mons. Roncalli, inoltre, fece sapere a Mons. Marini di essere pronto a firmare la supplica per l’avvio della causa di beatificazione del medico napoletano.
Sigismondo Nastri