Oggi, alle ore 17,30 Ennio Preziosi terrà un seminario dal titolo “Timidezza, ansia sociale e dono di sé” nella cornice dell’associazione di volontariato
Di AMBRA DE CLEMENTE
Oggi, alle ore 17,30 Ennio Preziosi terrà un seminario dal titolo “Timidezza, ansia sociale e dono di sé” nell’accogliente cornice dell’associazione di volontariato “Il Ricino Rifiorito”. Anche quest’anno l’associazione – che da circa quindici anni opera a Salerno per il benessere e la salute psicologica – porta a termine gli appuntamenti dell’ultimo giovedì del mese sui temi di psicologia aperti al pubblico. Abbiamo cercato di svelare qualche anticipazione sull’incontro di giovedì facendo alcune domande allo psicologo salernitano sul tema che interesserà anche il suo prossimo libro.
Dottor Preziosi, la timidezza è una malattia?
Niente affatto, la timidezza è un sentimento universale, presente cioè in tutti gli esseri umani e viene manifestata con espressioni corporee molto simili ad ogni latitudine del pianeta. Un pattern espressivo riconducibile alla timidezza è presente anche negli animali. Infatti, la timidezza ha anche una sua precisa funzione evolutiva: contribuisce ad abbassare il livello di conflittualità nei gruppi rendendo le persone più prudenti e le relazioni più pacifiche. Inoltre, le persone timide sono più abili nel riconoscere le espressioni facciali e risultano più gentili e simpatiche delle persone sfrontate.
Perché allora la timidezza comporta disagio?
Perché la nostra società sopravvaluta ed incoraggia l’estroversione, la spigliatezza, la rapidità del gesto e del linguaggio, imponendo modelli inautentici di sicurezza, successo, competizione e dinamismo. Tuttavia, occorre anche distinguere l’introversione e la timidezza dall’ansia sociale, che è un disturbo molto limitante.
Quando la timidezza si trasforma in ansia sociale?
Quando la preoccupazione per la propria timidezza diventa eccessiva: la paura della paura trasporta la persona in un vortice di non-accettazione che la priva di esperienze relazionali importanti. Tra il rischio di mettersi in gioco in maniera spontanea e la “protezione” del non relazionarsi, la mente spesso s’inganna e impone la seconda scelta. Collezionare così troppi evitamenti rischia di erodere le competenze relazionali e di far stazionare la persona in una “zona di comfort”. Quando il disagio soggettivo e le limitazioni nella vita di studio e lavoro e relazione sono significative, è utile ricorrere alla psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Come agisce la psicoterapia cognitivo-comportamentale sull’ansia sociale?
Preparando la persona a riconoscere le manifestazioni emotive dell’ansia come conseguenza dei propri pensieri e non degli altri o delle circostanze. Aiutandola a non farsi intrappolare dalle false certezze dettate dai timori relativi al giudizio degli altri. Insegnandole delle tecniche di rilassamento per alleviare anche la componente corporea dell’ansia. Guidandola in visualizzazioni programmate, in seduta, sulla base delle sue specifiche paure. Non ultimo, esplorando gli stili e le dinamiche della crescita che potrebbero aver disturbato il delicato equilibrio tra la tendenza ad esplorare autonomamente l’ambiente sociale ed il ritorno alla base familiare. Insomma, la psicoterapia dell’ansia sociale riporta la persona alla riscoperta di sé e dei valori che può donare al mondo.
Cosa proporrà agli ospiti dell’associazione in questo seminario?
Proporrò alcune riflessioni sui pensieri tipici che ci frullano per la testa quando il livello di timidezza supera il limite. Poi faremo insieme alcune osservazioni più specifiche sul giudizio degli altri e sulla conseguente paura del rifiuto. Infine, cercherò di far sperimentare, a chi lo vorrà una tecnica di rilassamento che potrà accompagnare chiunque nei momenti critici in cui le relazioni ci portano ansia.