di Brigida Vicinanza
L’Associazione Presidio Permanente, in rappresentanza dei cittadini residenti nella vasta zona conosciuta come valle dell’Irno, si rivolge ai Procuratori chiedendo di continuare ad essere l’unico baluardo di legalità. “In un contesto di continua inerzia e complice immobilismo da parte delle varie istituzioni”, scrivono in una nota, che continua: “A partire dal mese di febbraio si sono susseguite varie sospensioni e riprese delle attività fusorie, attraverso atti prima amministrativi, da parte della Regione, e poi giudiziari con il sequestro notificato dalla Procura della Repubblica lo scorso 24 giugno e provvisoriamente interrotto durante l’intero mese di agosto con la motivazione di ulteriori analisi da parte dell’Arpac. Tutto ciò ha contribuito a palesare ulteriormente, qualora ce ne fosse ancora bisogno, quanto sia diversa e assolutamente respirabile l’aria nei periodi in cui l’opificio è fermo. A prescindere dall’esito, sembra chiaro che trattandosi di un soggetto notoriamente avvezzo all’illegalità (lo dicono i precedenti giudiziari), non potrà essere certo l’ennesimo controllo, peraltro annunciato, a decretarne la “redenzione”. Ovviamente essendo i controlli programmati, in quei giorni ci sarà stato il massimo impegno da parte dell’azienda per poter rientrare nei parametri consentiti. Nonostante ciò le molestie per i residenti non sono variate e, a differenza del periodo di fermo, le abitazioni sono tornate ad essere imbrattate dalle inconfondibili polveri nere. Considerando anche la probabile illegittimità dell’Aia, appare quindi evidente che un’ipotesi di dissequestro non trova, a nostro avviso, alcuna base su cui fondarsi, né il ricatto dei presunti licenziamenti vergognosamente adoperato in questi giorni dalla società Pisano può essere messo sulla bilancia a discapito della salute e per l’ennesima volta in favore di un imprenditore che ha violato la Legge per anni. E’ per questi motivi che, con estrema fiducia nella Magistratura, la popolazione chiede legalità’ senza compromessi e che, a tutela dell’inalienabile diritto alla salute, in virtù del Principio di Precauzione, non venga mai più data la possibilità di rimettere in funzione l’obsoleto e altamente pericoloso stabilimento sito in via dei Greci”. Mentre dal Comitato Salute e vita, hanno ribadito: “Reputiamo grave il tentativo di scaricare sui cittadini le responsabilità dell’imprenditore che non ha mai fatto concretamente nulla per delocalizzare l’impianto. Quest’ultimo atto della mobilità del Consiglio d’amministrazione smaschera le vere intenzioni dell’imprenditore Pisano, che da una parte mette in piedi un vero e proprio ricatto verso la Magistratura e dall’altro fa pagare le sue colpe ai lavoratori, che, ribadiamo sono vittime come i cittadini, di un imprenditore disonesto che inquina il territorio, l’ambiente, mettendo in pericolo la salute dei cittadini e degli stessi lavoratori. Siamo pronti fin da ora a sostenere tutte le azioni che i lavoratori vorranno mettere in campo per far venire alla luce le barbarie che si sono consumate negli ultimi trent’anni in quello stabilimento sostenendone le azioni e le denunce che eventualmente saranno messe in campo, esprimendo la nostra solidarietà sincera e leale a tutte le maestranze. Siamo infatti fermamente determinati e convinti che la famiglia Pisano debba pagare fino in fondo il conto con la Giustizia e debba assumersi tutte le responsabilità del disastro ambientale e occupazionale che ha provocato. E confermiamo la nostra ferma opposizione che attraverso questo veroe proprio ricatto si voglia far riaprire lo stabilimento di via dei Greci”. Poi il presidente del Comitato Salute e vita Lorenzo Forte ha commentato la presentazione della nuova documentazione da parte dei Pisano alla Regione Campania per ottenere la nuova “Via”: “Questa è stata l’ennesima azione che dimostra che Pisano non vuole affatto delocalizzare la ditta, anzi questo è l’ennesimo gioco per rimanere lì e ricattare la magistratura. Sta sfruttando fino alla fine i suoi operai con un ricatto. Ed è l’ennesima bugia quella dell’acquisto di un sito per la delocalizzazione”