Pillole per una Nuova Storia Letteraria 062 di Federico Sanguineti - Le Cronache
Editoriale

Pillole per una Nuova Storia Letteraria 062 di Federico Sanguineti

Pillole per una Nuova Storia Letteraria 062 di Federico Sanguineti

   Tema. Dante attraverso lo specchio. Svolgo.

 

Di Federico Sanguineti

Proprio come in Through the Looking-Glass, and What Alice Found There di Lewis Carroll, la Commedia di Dante è un viaggio iniziatico nel quale c’è da scommettere che il Poeta, sdoppiato in narratore e personaggio, non sarebbe in grado di dire se la sua visione avviene enigmaticamente attraverso uno specchio, “per speculum in aenigmate”, per usare le parole di san Paolo nella lettera ai Corinzi (13, 12), o faccia a faccia, “facie ad faciem”. Il trovatore dell’universo, nel suo gioco di specchi, non si ‘trova’, si ‘ri-trova’: “mi ritrovai per una selva oscura” (If I 2). Entra “nell’etterno dal tempo” (Pd XXXI 39) anticipando la domanda di Alice: “Per quanto tempo è per sempre?”. Si potrebbe pertanto rispondere: nella misura in cui Kronos, misurabile con l’orologio del Coniglio Bianco, si muta in Aion, misurabile con l’orologio del Cappellaio Matto. Ma l’ora del tè dantesca è puntualmente l’ora di Beatrice. Al paradiso (terrestre prima e poi celeste) si giunge attraverso il rispecchiamento di una società corrotta (Inferno maschilista borghese-patriarcale), quindi attraverso il rispecchiamento di una società in transizione (Purgatorio) e, infine, attraverso il rispecchiamento di una società ideale (Paradiso femminista in cui non vige più la proprietà privata). Ma che cosa accade abolendo la proprietà privata? È questa la domanda cruciale, squisitamente economica, che l’autore pone al centro del Poema: “Com’esser puote ch’un ben distributo / in più posseditor faccia più ricchi / di sé, che se da pochi è posseduto?” (Pg XV 61-63). La risposta è nell’amore corrisposto che si traduce ludicamente in gioco di specchi, per cui, in una società giusta, nella misura in cui ci si ama in modo reciproco condividendo ogni bene, “più v’è da bene amare, e più vi s’ama, / e come specchio l’uno all’altro rende” (Pg XV 74-75). Qui non solo Beatrice corregge Dante fin dal primo cielo, riguardo per esempio alla natura delle macchie lunari, invitandolo a prendere “tre specchi” (Pd II 97 e 101), ma i beati stessi si presentano come “specchiati sembianti” (Pd III 20). Il Paradiso è l’album fotografico ante litteram in cui si raccolgono le immagini delle invitate e degli invitati al matrimonio di Dante e Beatrice, da quest’ultima evocato in empireo: “queste nozze” (Pd XXX 135). Come si spezza il pane nell’eucarestia, così Beatrice invita Dante ad osservare che il bene supremo, pur dividendosi in infinite parti (cioè altrettanti “speculi” o specchi) conserva intatta la sua integrità: “uno manendo in sé come davanti” (Pd XXIX 145). Estranea al Paradiso è in effetti l’idea neoplatonica secondo cui occorrerebbe resistere all’avvenenza femminile per fuggire in Patria riparando in Dio padre. Nelle Enneadi (I 6, 8, 6-22), Plotino individua in Narciso l’allegoria dell’anima che, contemplandosi come immagine riflessa nell’acqua, si innamora di sé e, rimasta prigioniera, soccombe; in Ulisse chi, vinte le seduzioni della bellezza, fa ritorno, seguendo virtù e conoscenza, nel mondo intellegibile al Padre.Senonché nel Poema ad annegare non è la coppia eterosessuale di Dante e Beatrice che, come Narciso nell’acqua, si rispecchiano reciprocamente l’uno nell’altra, ma la coppia frodolenta di Ulisse e Diomede mirante all’Uno. Condannato il misogino viaggio neoplatonico come frode, nell’ultimo capitolo (Pd XXXIII 127 e ss.) finalmente il Poeta scorge, nella sua integrità, in quanto rispecchiamento di Sé, la propria sembianza umana: “Quella circulazion che sì concetta / pareva in te come lume reflesso…”.