
di Erika Noschese
Gigante, di nome e di fatto. Un incipit tanto semplice e scontato quanto veritiero per un ragazzo come Pierluigi, che da Salerno ha creato i presupposti per una crescita personale e professionale che lo ha portato a successi importanti: il film “Nata per te” è stato un successo sia per i temi trattati sia per l’intensità dell’interpretazione di un attore che non ha mai smesso di sentire, mostrare e valorizzare Salerno in ogni suo gesto.
Come si descrive Pierluigi, oggi?
«Come ieri. Per usare due parole: persona semplice. Sono cresciuto, umanamente e professionalmente, grazie a valori e supporti che per me hanno un significato importantissimo. Anzitutto, il supporto della mia famiglia. Poi il legame forte con gli amici, che probabilmente posso dire abbiano rappresentato uno dei miei più grandi sostegni in assoluto. Mi reputo semplice per questo: perché sono cresciuto in modo assolutamente semplice. Ho iniziato a giocare a calcio da appena possibile fino a quando fosse stato possibile: iniziavo, con i miei amici, dall’istante preciso in cui uscivamo dalla scuola fino alla sera tardi. Passavamo pomeriggi e serate intere a giocare in oratorio, “sui Salesiani”, o per strada. Sfruttavamo al meglio possibile tutte le zone più libere del nostro rione, e poi trascorrevamo serate lunghissime alle panchine accanto al bar delle rose a parlare di calcio o in qualche ragazza che ci piaceva. Sono sempre stato questo, e lo sono ancora oggi: semplice e umano. Senza grosse aspettative né pomposità. Con alle spalle un’adolescenza tranquilla, onesta, sincera, senza virtuosismi. Però la semplice amicizia, per me, è stata ed è quella più vera e sincera. Gli amici veri sono soprattutto quelli con cui sei cresciuto nel rione o in oratorio, almeno nel mio caso».
Ed è questo che rende Pierluigi così “vero”.
«È così. Anche perché il mio lavoro è una continua ricerca della verità, anche in scena. Ci dicono di essere veri, quanto più possibile, con pregi e difetti che ne possono conseguire. È proprio uno stile, questo: cercare di essere quanto più veri sia possibile, nella vita, per poi esserlo anche nel lavoro. Non mi sento diverso da quello che ero 20 anni fa, infatti. Forse ho qualche acciacco in più, senza dubbio, ma sono sempre lo stesso. Non avrei motivo di essere diverso».
Pensi di voler cambiare qualcosa di te o di essere cambiato, nel corso del tempo?
«Non mi sento di voler cambiare o di essere cambiato. Prima volevo fare il calciatore, e ho ottenuto un risultato decisamente più realistico rispetto alle mie non doti, che hanno trovato sfogo nella curva sud a Salerno».
Quale ruolo o quale film ti ha davvero fatto pensare a una svolta professionale?
«Il primo film fatto da protagonista, “Mors tua vita mea”, è stato sicuramente il coronamento di un sogno. Film da protagonista, in costume, per interpretare un soldato che combatte durante la Prima guerra mondiale e che vuole tornare in casa a piedi, a Matera, da Caporetto. Ho sempre voluto fare film in cui le condizioni fossero estreme, per il mio personaggio. Tornare a piedi da Caporetto a Matera è un esempio lampante: mi sono immedesimato nel vivere e trasmettere, con la mia interpretazione, tutti i pericoli che può correre una persona che fugge a piedi per una traversata molto ardua, incredibilmente lunga, tra l’altro oltre 100 anni fa».
Poi c’è “Nata per te”.
«Durante la lettura del film, ma anche nel corso della sua interpretazione, ho affrontato e vissuto tematiche che non conoscevo. Non avevo mai preso un neonato in braccio, non sapevo cosa significasse averne uno tra le mani e, soprattutto, non sapevo cosa significasse amarlo come se fosse un figlio tutto mio. Poi parliamo di un tema delicatissimo, come quello dell’adozione, che in Italia ha un blocco normativo fermo agli anni Ottanta. Questo film mi ha fatto crescere tantissimo, anche umanamente».
E ora, su Netflix, spopola “Acab”.
«Lì interpreto Salvatore Lombardo. Questo ruolo mi ha fatto conoscere i traumi che un ex soldato ha subito durante una guerra, oltre a permettermi di vivere ciò che il reparto mobile vive ogni giorno. In generale, grazie al cinema, mi sto istruendo su tematiche che spesso, se non hai esigenze dirette, non conosci mai davvero. Sono contento di tutto ciò che il cinema mi sta donando, prima ancora di ciò che io sto cercando di restituire a chi mi osserva tramite uno schermo».
Volessi sognare, che film ti piacerebbe fare oggi?
«Un film sportivo, sul pugilato o sul calcio. Interpretare un personaggio che fa sport penso sia interessante, anche perché o lo faccio adesso o diventa improbabile (ride, ndr). Sarebbe bellissimo interpretare Agostino di Bartolomei o realizzare un film sul Siberiano, personaggio che ha influito su tutto il panorama ultras. Anche perché si tratta di una corrente, di una cultura che non tutti conoscono e immaginano sana, ma che in realtà ha valori e principi molto sani che andrebbero raccontati. C’era anche un’idea tanti anni fa. Ma sono sogni, questi».