Olga Chieffi
Venticinque pianisti del Conservatorio di Musica “G.Martucci”, daranno vita a tre concerti dedicati al pianoforte nel Novecento francese, dal stasera al 20 giugno, nella chiesa di Santa Apollonia, tutti alle ore 18,30 e ad ingresso gratuito. Parte la VII edizione di PiaNoStop, un happening, una maratona, per esecutori e pubblico, che accenderà i riflettori sui grandi compositori francesi, i più conosciuti, i più amati, Debussy, Ravel, Gabriel Faurè, Erik Satie, Francis Poulenc, Henri Dutilleux, Oliver Messiaen e Camille Saint Saens. Coup de théâtre con la famosa intervista impossibile che saluterà quale intervistatrice Imma Battista. Tre giornate pianistiche, coordinate da Tiziana Silvestri e dall’intero dipartimento di strumenti a tastiera, veramente una magnifica squadra, che schiera Raffaele Battiloro, Dario Candela, Costantino Catena, Alexander Drozdov, Salvatore Giannella, Marzia Tramma e Massimo Trotta, che avvicinerà con maggior convinzione e consapevolezza il Conservatorio “G.Martucci”, guidato da Fulvio Artiano, alla cittadinanza. Quando l’Ottocento, aveva ormai dinanzi a sé solo pochi anni, le orecchie più sensibili cominciarono ad avvertire un brontolio “sotterraneo” che diventava sempre più chiaro”. Così scrive Vincent Kandinsky in “Dello spirituale nell’arte” e toccherà a Giuseppe Amato, Luca Apicella, Francesco Pio Bakiu, Gianpaolo Barricelli, Vittorio Bonanno, Federico Cirillo, Samuele De Stefani, Francesco Di Crescenzo, Giantonio Frisone, Giovanni Grieco, Pia Guercio, Zeynep Izgi, Annalisa Lezzi, Mariachiara Marzano, Luigi Merone, Aniello Nigro, Chiara Nocito, Mario Paglietta, Francesco Palumbo, Caterina Picaro, Margherita Rescigno, Davide Rumolo, Fiammetta Saggese, Antonio Villani, ridare alla musica quella libertà che essa contiene, forse più di qualsiasi arte a quelle corrispondenze misteriose tra la Natura e l’immaginazione. Nelle pagine che ascolteremo in questa tre giorni, ci renderemo conto di quella crescente atomizzazione della sostanza tematica dell’ideale dell’impreciso e dell’oscillante, mentre si distruggerà quel discorso musicale orientato e condotto secondo una retta e una sola. Quindi, andremo incontro ad una giustapposizione di forme istantanee e monadi sonore ad accordi paralleli, così frequenti da distruggere il principio tradizionale dell’accompagnamento delle voci, verso aggregazioni sonore diverse che non ammettono una spiegazione, come centri di convergenza di linee armoniche. Ecco, allora, perché ci troveremo con un tessuto musicale sfrangiato, decomposto in molteplici volute sonore, in flessuose, quanto discontinue linee che si slanciano e ricadono su di sé, sviluppando un movimento irrimediabilmente nostalgico e desiderante, intorno a qualcosa di inafferrabile e indeterminato. Questa sera ci verranno proposte immagini sonore, a partire da Luigi Merone e Francesco Pio Bakiu, i quali esordiranno con un florilegio di brani tratti dai due libri dei Preludi di Claude Debussy, nella loro supremazia del timbro, che non sarà mai vago e impreciso, ma tendente a quel flou, quasi un abbraccio per raggiungere il quale sono necessarie una molteplicità di situazioni strutturali, talvolta giustapposte con precisione assoluta e impeccabili dosaggi. Baiku eseguirà anche la Toccata dall’op.111 di Camille Saint-Saens, praticamente una trascrizione del concerto n°5. Sarà, invece, Aniello Nigro a donare i due Arabesque, figura prediletta da Debussy, la sua flessibile curva, una linea che in modo supremo non sviluppa secondo la tecnica del racconto o della rappresentazione, bensì si staglia secondo la modalità dell’affresco ornamentale su di una superficie immota. Federico Cirillo si cimenterà, invece con la Valse Romantique, di Debussy, che inizia con uno spunto felicissimo e chiude con una scrittura accordale, in un confronto con il Gabriel Faurè del Valse Impromptu n°2 op.31, che esprime una passione e una solitudine così nascoste, tra rabbia e rassegnazione, così come Davide Rumolo continuerà con il Faurè del Valse-Caprice n°1 op.30, dalla fresca e delicata invenzione. Un quattro mani composto da Chiara Nocito e Giovanni Grieco, proporrà Ma mère l’oye, una tra le più delicate suite di Ravel: musica per l’infanzia, ma di complessa interpretazione, composta ispirandosi al ciclo di fiabe popolari francesi di Perrault, racconti che il compositore francese narrava con grande partecipazione ai figli degli amici Godebski. Piccoli quadri che evocano personaggi, paesi ed emozioni con un’abilità descrittiva che ha del miracoloso; la suite venne presentata in pubblico da due giovanissime interpreti, ieri come stasera, cui il Maestro rivolse questo ringraziamento: “Sarà per voi un dolcissimo ricordo l’aver procurato a un artista la gioia rara di aver sentito interpretare un’opera davvero speciale col preciso sentimento che le conveniva”. Antonio Villani si cimenterà con la Pavane pour une infante defunte di Maurice Ravel, in cui si avverte la presenza di un artista abilissimo nell’uso degli impasti timbrici e delle sonorità armoniose e seducenti, dotato oltretutto di un sottile e lucido autocontrollo, tale da calibrare l’invenzione melodica anche nei momenti in cui sembra dare sfogo ad accenti ed inflessioni patetiche, senza tuttavia cercare l’effetto e l’exploit virtuosistico fine a se stesso. Toccherà, infine, a Luca Apicella concludere il concerto inaugurale con ancora un brano di Maurice Ravel, Le tombeau de Couperin, in cui il compositore ritorna alla forma della suite barocca nata attorno, nata attorno alle danze, quali la Forlane, il minuetto e il Rigaudon, pretesto per la presentazione di pagine intrise di una sincera commozione, in particolare nella celebrata Fuga a tre voci.





