di Arturo Calabrese
Dopo la criticità esplosa lo scorso anno con diverse aree della provincia di Salerno poste in zona rossa, l’emergenza legata alla Peste Suina Africana non accenna purtroppo a diminuire. Diversi i capi di cinghiali rinvenuti sui quali è stato rintracciato il virus. Seppur la malattia non colpisca l’uomo e dunque non è pericolosa nel consumo umano delle carni, la problematica c’è ed è anche molto forte. Al centro di essa, vi è il pericolo di contaminazione degli allevamenti di suini siano essi in cattività che allo stato brado, ma maggiormente per questi ultimi.
I maiali allevati all’esterno, la cui pregiata carne è una particolarità delle zone del Vallo di Diano, possono essere infettati anche senza il contatto con gli animali selvatici ma semplicemente rimanendo nello stesso ambiente. Di conseguenza, l’intero branco o allevamento può contrarre l’infezione. A quel punto, purtroppo, tutti i capi debbono essere abbattuti. Una vicenda, questa, che viene monitorata dall’Istituto Zooprofilattico di Portici. «È una zoonosi che ha un fortissimo impatto socio-economico – dice Domenico Vecchio dell’istituto di ricerca – perché comporta perdite per le aziende e le attività. È una patologia sostenuta da virus che hanno una grossa resistenza nell’ambiente per cui l’applicazione di misure di biosicurezza diventa fondamentale per cercare di arginare la diffusione prima ma soprattutto per cercare di limitare i danni.
Anche lì è importante che tutti abbiamo un ruolo e non soltanto gli allevatori. Ci sono da controllare quelli che sono gli spostamenti sia degli animali che delle persone che con essi interagiscono. È una problematica che riguarda tutti e dobbiamo affrontarla in maniera sinergica».
Il focus è legato agli allevamenti, spesso elemento di sussistenza per tante famiglie: «Le misure di biosicurezza non risolvono il problema, ma mitigano il rischio – continua l’esperto – per cui a seconda dell’orografia del territorio, di pressione selvatica su di esso, della tipologia di allevamento, delle caratteristiche strutturali e gestionali dobbiamo seguire delle linee guida. il ministero dapprima e poi i vari commissari che si sono succeduti – ragiona Vecchio – hanno emanato diverse ordinanze soprattutto per le diverse aree e per le diverse situazioni.
È importante attenersi a quelle indicazioni e farle proprie. Solo col corretto rispetto delle attenzioni di tipo gestionali si può determinare il successo finale delle manovre». Nei mesi scorsi, la Regione Campania aveva posto in quarantena alcuni comuni nella zona a cavallo tra Vallo di Disano e Cilento. Sassano, Casaletto Spartano, Montesano sulla Marcellana, Casalbuono, Buonabitacolo, Sanza, Padula, Caselle in Pittari, Rofrano, Torre Orsaia, Alfano, Morigerati, Roccagloriosa, Tortorella erano quelli in zona rossa. Molti altri nella cosiddetta zona cuscinetto dove le restrizioni erano minori. Qui, la presenza di allevamenti è alta ed è proprio questo che ha fatto alzare di molto l’attenzione delle autorità sanitarie. Ad oggi, la situazione è maggiormente contenuta ma le indicazioni sono di non abbassare la guardia.