Paolo Carbone: “Porto il mio Cilento e l’Italia in Germania e nel mondo” - Le Cronache
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Paolo Carbone: “Porto il mio Cilento e l’Italia in Germania e nel mondo”

Paolo Carbone: “Porto il mio Cilento e l’Italia in Germania e nel mondo”

di Arturo Calabrese
È prontissimo a tornare sulle scene e fare musica il cantautore cilentano Paolo Carbone. Da qualche anno, con la famiglia, vive e lavora in Germania dove ha costruito una seconda vita, senza però perdere e soprattutto dimenticare le radici. Maestro di canto e di musica, il fato lo ha portato lontano dal suo Cilento, per il quale prova un amore viscerale, facendolo diventare anche maestro di vita. Oggi, Paolo torna alla musica grazie ad una collabora<zione con un’agenzia di spettacolo che lo lancerà nuovamente in questo mondo tant’è che il 9 settembre sarà nuovamente su un palco, quello dell’Europa Park.
Cominciamo dal principio: chi è Paolo Carbone?
“Sono una persona che comincia giovanissimo a fare musica, ad entrare in quel mondo grazie a tutta la sua famiglia che cantava. Quasi in contemporanea alla partecipazione al coro della confraternita con gli antichi cantici cilentani all’età di sei anni, comincio a studiare musica a Stella Cilento. Mio zio Antonio Massanova aveva una scuola che oggi è diventato un vero e proprio museo. Lì ho avuto il mio primo maestro che porterò sempre nel cuore come anche Luigi Cavallo al conservatorio. Di viaggi musicali e ho fatti tanti, di collaborazione ne ho fatte tante, però la cosa che mi che mi lega di più è la mia terra. Ho cercato di cantare, di creare canzoni, di raccontare dei personaggi nella mia terra e di far rivivere di conseguenza quello che è stata la mia vita da bambino fino ad arrivare a quarant’anni”.
Anche se lontano, il Cilento non si dimentica. Quanto è forte il legame?
“Racconto il legame forte che ho nella mia terra, in una canzone che “Cilento” nella quale si sente che non avrei mai voluto staccarmi dalla mia terra, dalle mie radici. È una preghiera alla non rassegnazione, al cercare di fare qualcosa anche se sei abbandonato per dare delle possibilità ai tuoi figli di restare. Ecco, questa era il sunto di quello che era semplicità, il Cilento. Questa terra non si dimentica. Poi si crea una sorta di prolungamento di dove andrai a vivere o di dove capiterà, come a me a 1200 km da casa, ma le radici sono lì, resteranno lì per tutta la mia vita. Quello col Cilento è un legame che va oltre la forza dell’appartenenza perché è legato all’essenza”.
Nelle Sue opere si sente il legame con la terra di origine. Secondo Lei, oggi, questo legame c’è nelle nuove generazioni o si sta perdendo?
“In qualsiasi parte del mondo tale legame si sta perdendo. Non vedo nemmeno il legame all’interno delle proprie famiglie: si vive, si sente e si tocca il distacco proprio dei valori di una volta. Vedo l’abbandono delle nostre terre e questa è la cosa più triste. Nelle mie opere però il legame c’è perché racconto proprio di persone che ho vissuto, di personaggi, perché poi alla fine sono dei veri personaggi, le persone che vivono nei piccoli villaggi come sono vissuto io e hanno una creatività, un modo di esprimersi che va al di là di quella che è la semplice vita delle grandi città, anche se semplice non lo è, a differenza dei piccoli paesi dove devi continuamente reinventarti per poter restare, per poter continuare a vivere in questi piccoli borghi”.
Dopo 4 anni di Germania, la svolta: un’agenzia La sceglie. Cosa è successo? Ci racconti…
“Qui in Germania sto lavorando come imbianchino e nel fine settimana arrotondo nel campo dalla gastronomia come pizzaiolo. Una sera sono stato nel locale “PastaKönig” di Raffaele Solito. Cominciammo a parlare e nacque subito un’amicizia, quella basata sulle comuni radici italiane. Quando è subentrato il discorso della musica, mi ha chiesto di fargli sentire qualcosa e gli ho cantato “Il Mondo”. Lui si è emozionato ed io con lui. A quel punto, Raffaele mi ha molto sinceramente detto che mi avrebbe perso come pizzaiolo però che la mia strada deve essere quella del canto. Ha dunque cominciato a chiamare degli amici tra cui il Maestro Virgilio Genovese, responsabile di questa agenzia. Ci conosciamo, lui apprezza la mia musica (gli ho fatto sentire Malafemmena di Totò) e sono stato scritturato: il 9 settembre mi esibirò all’Europa Park, il secondo parco più grande del continente”.
Cosa vuol dire essere un emigrante e portare la Sua musica?
“Io non mi sento un emigrante. Sono talmente attaccato alla mia terra che è come se vivessi un sogno. Mi ritrovo qui in Germania, ma tutto il resto è e giù nel mio Cilento e non riesco a concretizzare l’idea di non poter più vivere fisicamente nella mia terra. Nello stesso tempo, portare la mia musica, la musica italiana degli anni ’70 e ’80 che qui va molto, è un qualcosa di fantastico.
Cosa sta insegnando a Suo figlio? Gli parla della sua terra di origine e dei suoi nonni?
“Non c’è stato bisogni di insegnargli la musica perché già ci sa fare con la tastiera e col canto, ma ovviamente dovrò studiare tanto come ho fatto io. Si incuriosisce del dialetto e tutti i giorni cerco di fargli sentire la presenza della mia vita, dei suoi nonni, nei suoi bisnonni, di quello che il padre ha vissuto in Italia”.
Paolo Carbone domani: auspica un ritorno a casa?
“Domanda da più di un milione di dollari. L’obiettivo è cercare di dare un futuro a mio figlio, di dare una grande possibilità a lui. Poi vedrò cosa succederà nella vita, ma mai dire mai. Adesso, non posso allargarmi con i pronostici”.